Federico Rampini, la Repubblica 6/8/2014, 6 agosto 2014
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE FA PAURA “È PIÙ PERICOLOSA DEL NUCLEARE”
Qual è il medico più consultato dagli americani? È Google. Proprio così: milioni di americani (e non solo loro), quando hanno dei sintomi di malattia vanno prima di tutto a fare un’indagine online, usando il motore di ricerca Google che a sua volta saccheggia Wikipedia e varie enciclopedie mediche in rete. Solo dopo aver fatto questa prima autodiagnosi, sulla base dei risultati decidono se sia il caso di consultare uno specialista. Risultato: milioni di visite vengono “sottratte” annualmente ai medici di famiglia, riducendo di altrettanto il loro lavoro e i loro redditi. E Google, naturalmente, si appresta a lucrare su questo suo nuovo mestiere. L’esempio è usato da Tyler Cowen, uno degli economisti americani più acuti nell’analizzare le potenzialità dell’intelligenza artificiale. Sì, perché quando parliamo di intelligenza artificiale noi spesso pensiamo a scenari da fantascienza: gli androidi di Blade Runner, il robot sterminatore di Terminator, o la seducente e possessiva cyber-assistente di Her (con voce prestata da Scarlett Johansson). Finiamo così per ignorare che l’intelligenza artificiale è già in mezzo a noi, con fattezze più banali e prosaiche, e sta svuotando di contenuto, di status e di reddito, anche professioni prestigiose come quella medica.
Ora a lanciare l’allarme sui pericoli dell’intelligenza artificiale è un imprenditore al di sopra di ogni sospetto: Elon Musk, fondatore e capo di Tesla, l’azienda di auto elettriche basata nella Silicon Valley. Il 42enne Musk è un “innovatore seriale”, il contrario di un oscurantista. Abbraccia il progresso tecnologico, anzi lo promuove. Spesso con un atteggiamento disinteressato: ha rinunciato alla proprietà dei brevetti Tesla incoraggiando i concorrenti a copiarli, per accelerare la diffusione dell’auto elettrica. Proprio per questo fa scalpore il suo monito, affidato a un messaggio su Twitter: «Dobbiamo stare molto attenti con l’intelligenza artificiale — scrive Musk — è potenzialmente più pericolosa del nucleare». Musk racconta che il suo timore è stato ispirato e amplificato dalla lettura di un saggio di Nick Bostrom: Superintelligence: Paths, Dangers, Strategies, dove si analizzano i problemi legati all’ascesa di computer sempre più potenti, capaci di superarci e sostituirci.
Musk si sente direttamente coinvolto, e in qualche modo responsabile, perché nella sua attività di venture capital lui investe insieme con Mark Zuckerberg (Facebook) in una società che si occupa proprio di spostare sempre più avanti le frontiere dell’intelligenza artificiale. L’azienda si chiama Vicarious, la dirige Scott Phoenix, e il suo obiettivo dichiarato è «costruire un computer che pensa esattamente come un essere umano, ma a differenza di noi non ha bisogno di mangiare o di dormire».
I saggi più dibattuti degli ultimi anni, nella Silicon Valley, riguardano proprio la sfida dell’intelligenza artificiale a noi umani. Da una parte c’è Tyler Cowen con Average Is Over, dall’altra The Second Machine Age di Erik Brynjolfsson. Con toni tutt’altro che apocalittici descrivono una conquista strisciante, già adesso molto più avanzata di quanto noi crediamo. Quando Barack Obama esulta per i segnali di una re-industrializzazione dell’America — un inizio d’inversione di tendenza dopo decenni di delocalizzazioni nei paesi emergenti — sottovaluta il fatto che le nuove fabbriche vengono costruite sì sul territorio degli Stati Uniti, ma con poca o nulla manodopera “umana”. Sono aziende che puntano sulla robotica, l’automazione pressoché totale, alle quali si applica una descrizione paradossale: «L’impresa del futuro impiegherà solo un uomo e un cane. L’uomo deve nutrire il cane. Il cane deve tenere l’uomo lontano dalle macchine».
L’intelligenza artificiale ha le fattezze di Google-Medico, per esempio, o di Google-Traduttore automatico: intere professioni stanno vivendo un assedio silenzioso da parte di macchinari e software che sostituiscono lavoro umano. La stessa azienda Vicarious finanziata da Musk elabora, fra tante tecnologie innovative, «un sistema di percezione visuale che interpreta i contenuti delle fotografie e dei video in un modo simile agli esseri umani». Ben presto anche tecnici televisivi e registi cinematografici saranno sostituiti da computer?
L’allarme di Musk viene respinto da uno dei guru più celebri dell’intelligenza artificiale, quel Ray Kurzweil che alla soglia dei 70 anni è ancora una mente fertile d’invenzioni (è il padre dello scanner, fra l’altro). «Gli esseri umani, quelli biologici — ribatte Kurzweil — non saranno spiazzati dall’intelligenza artificiale, perché la useremo sempre più come uno strumento al nostro servizio, per esaltare e potenziare le nostre stesse capacità. Non vedo una guerra fra noi e le macchine, semmai un’alleanza e una fusione. Che ci renderà migliori ». Guarda caso, però, Kurzweil è uno dei più importanti cervelli di Google. Mentre Musk è alleato di Facebook. L’intelligenza artificiale è già oggi un terreno di sfida e di competizione tra i colossi della rete. E la Singularity University di Moffett Field nella Silicon Valley, co-fondata da Kurzweil, sta già sperimentando un’altra sostituzione uomo- macchina: i professori robot. Uno degli scenari discussi alla Singularity University che allarma Musk, vede negli umani una sorta di stadio intermedio dell’evoluzione, gli “assistenti biologici” incaricati di funzioni ancillari rispetto a macchine più evolute di noi.
Federico Rampini, la Repubblica 6/8/2014