Paolo Siepi, ItaliaOggi 5/8/2014, 5 agosto 2014
PERISCOPIO
In tante famiglie c’è chi nasce gobbo, storto, io sono nato comico. Nacqui così, in un mese triste, novembre. In un luogo triste dove ci fu un terremoto che sconquassò tutto. Pure la mia faccia sembra terremotata. Totò. Il Messaggero.
La Rai è corruttibile nell’anima ma non nello stile. Carlo Freccero. Agenzie.
Vero che tutti i razzisti sono xenofobi, ma non tutti gli xenofobi sono razzisti: Nigel Farage è xenofobo ma non razzista. Infatti fa campagne contro tutti gli immigrati, anche comunitari, senza mai sottilizzare sul colore della pelle: per ragioni nazionalistiche e sociali, non etniche; e non ha nulla a che fare con i fascisti, che, anzi, non possono mettere piede nell’Ukip. Vero che al Parlamento europeo la formazione dei gruppi è un mercato delle vacche, dove tutti vanno con tutti alla rinfusa e contano molto i numeri e poco i programmi (altrimenti Berlusconi e Alfano non si ritroverebbero nello stesso condominio, e, per giunta, con la Merkel all’ingresso; e i renziani non conviverebbero con i socialisti, compresi quelli che ancora pensano a Marx). Marco Travaglio. Il Fatto.
Sempre più i mercati aperti spaventano gli elettori. Nelle recenti campagne elettorali americane i candidati (anche Barack Obama e Hillary Clinton) hanno parlato con accenti critici della globalizzazione, ma si sono ben guardati dall’attaccare i sussidi pubblici che rendono ricchi gli agricoltori Usa a spese del resto del mondo, ad esempio, dei coltivatori di cotone egiziani. Prefazione di Francesco Giavazzi a Liberi di scegliere, di Milton & Rose Friedman. Ibl libri.
Era uomo di comando, sicuro di sé e senza inclinazione per quelle passioni, come l’amore, che rammolliscono i caratteri e infiacchiscono la mente. Era fatto per il potere, per qualsiasi potere, fosse il governo di una nave o quello di un ufficio, nell’esercizio del quale non gli occorresse inchinarsi a nessuno, accettare compromessi o scendere a quelle meschinità che la maggior parte degli uomini accetta pur di far la propria riuscita, anche modesta, nel mondo. Come tutti i destinati al comando era un solitario, senza veri amici, senza famiglia, dopo che gli erano morti i genitori, e senza neppure fratelli e sorelle. Piero Chiara, Viva Miliavacca. Mondadori, 1982.
Tutti i posti dove vivo, anche per poco, li amo. Ogni posto ha la sua qualità. Come ogni persona. In ogni suo frammento. Per questo odio il razzismo. Per questo ho fondato un Centro internazionale a Parigi dove lavorano attori di varie parti del mondo, giapponesi, africani, europei, che stanno, vanno e tornano. Peter Brook, regista teatrale. Corsera.
I miei scatenati avversari mi hanno accusato di aver citato Renaud Camus, condannato per aver messo in guardia la Francia da un’islamizzazione estremista. Camus è il parìa delle lettere francesi, non ha più editore, ma questo non basta ai mandatari autoproclamati del «mai più questo». Essi vogliono che la sua solitudine sia totale e che non abbia più alcun amico. Ricevo quindi l’ingiunzione di non citarlo più, di non più discutere (anche duramente) con lui. Non sono assolutamente disposto a cedere alle loro ingiunzioni anche perché il motto «tutti contro uno» antifascista, mi sembra una contraddizione in termini. Alain Finkielkraut, filosofo, neo ammesso all’Acadèmie de France. Le Figaro.
Alla parola «mano» molti ricordi premono e si affollano, questuanti ansiosi di non essere risospinti nel buio. Su tutti, quello di una mattina in una stanza d’ospedale. Ero arrivata per prima. C’ero soltanto io, e mio padre pareva dormisse. D’istinto gli ho preso la mano. L’ho sentita assurdamente, irrealmente fredda. Quel freddo mi ha folgorato. Dalla mia mano alla sua, ho avvertito fisicamente la morte. Ma so che, quando sarò vecchia, le mie mani passeranno per un altro pezzo di storia. Come quello che ho visto una mattina, tra la folla, mesi fa, a Roma, in piazza San Pietro gremita. C’era un uomo alto e grande e grosso, con mani come badili; che teneva nella sua mano quella di una vecchia rattrappita dagli anni. L’uomo teneva quella mano fragile con delicatezza, quasi temendo di farle inavvertitamente male. Come un bambino tiene fra le mani una farfalla, piano, senza serrare le dita. Quei due si avviavano verso viale della Conciliazione, adagio. Nell’aria tersa d’autunno mi immaginavo quelle mani, cinquant’anni prima. «Io sono grande ormai», e subito quel tonfo, e la mano della madre che lo rialzava subito. C’è una storia che le nostre mani raccontano, a saperla ascoltare. Marina Corradi. Avvenire.
Vittorio Brunetti milanese, già ufficiale di Guido Visconti e quasi cieco per ferita, partecipò, nel 1952, a una seduta spiritica ed evocò il suo comandante. Questi comunicò ai presenti l’esistenza di strutture e affreschi antichissimi, nascosti da opere posteriori, nella chiesa di Lacona d’Elba. Tutto fu confermato da scavi e demolizioni. In un’altra lo spirito del duca milanese dettò le coordinate della sua sepoltura desertica. Si trovò la buca dove la salma giaceva prima della traslazione nel cimitero costiero. Nell’ultima seduta lo spirito indicò una posizione nella quale era ancora visibile un pugnale da paracadutista vicino al quale era il corpo del tenente Gaetano Lenci. Il punto coincide con il posto dove, in precedenza, era stato invano cercata quella salma, in presenza dell’avvocato Goffredo Lenci, padre del caduto. Un nuova ricognizione, sulla base delle indicazioni fornite nella seduta spiritica, consentì di trovare il pugnale e non la spoglia che il nemico avanzante aveva probabilmente trasportato altrove. Paolo Caccia Dominioni, El Alamein 1933- 1962. Longanesi, 1966.
Al mare di Fregene regna l’antiproibizionismo. Le cecione con la cellulite possono mostrare le loro tette al vento. I Bruce Willis di Tor Pagnotta sono liberi di esibire i loro tatuaggi e i loro piercing. E le shampiste hanno il diritto di metterci 40 minuti per raggiungere la spiaggia dal parcheggio delle automobili, perché sono in bilico su quattro metri di scarpe trampolate. Ogni tanto qualcuna precipita per terra. Ma subito si rialza, come Enrico Toti, e si rilancia all’assalto della spiaggia dove spera di diventare nera come Naomi. E poi al mare uno se la gode proprio: applausi al tramonto, danze di gruppo (me guastas, me gustas, me gustas tu!), letture approfondite sul senso dell’amore (con chi sta la Arcuri?). Enrico Vanzina, Commedia all’Italiana. Newton Compton, 2008.
Non mi faccio più nemmeno le domande alle quali saprei rispondere. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 5/8/2014