Davide Colombo, Il Sole 24 Ore 5/8/2014, 5 agosto 2014
PENSIONI, SALTA «QUOTA 96» PER I DOCENTI
[Due articoli] –
ROMA
Contrordine al Senato sul "pacchetto previdenziale" che Montecitorio aveva introdotto a forza nel dl Pa in fase di prima lettura. Con quattro emendamenti soppressivi presentati in Commissione Affari costituzionali dal Governo sono state cancellate le norme su «quota 96» nella scuola e quella sui pensionamenti d’ufficio a 68 anni per docenti universitari e i primari. Via anche la misura sulle penalizzazioni al trattamento pensionistico in caso di ritiro anticipato e quella sulle pensioni di reversibilità per le vittime del terrorismo.
Per Matteo Renzi è stato giusto lo stop a "quota 96" perché la misura non c’entrava nulla con la "ratio" del decreto e ha fatto sapere che sulla scuola è in preparazione un intervento entro fine agosto assai più ampio, come perimetro di riferimento, della platea dei 4mila interessati dalla misura cancellata. Insomma le tensioni con la Ragioneria, che ci sono, non impediranno alla politica di prevalere sulle obiezioni tecniche.
Ieri sera, dopo aver incassato il via libera sui presupposti di costituzionalità del disegno di legge di conversione del decreto, è partita la discussione generale sul testo dove entro questa mattina verrà posto il voto di fiducia. I tempi per la terza lettura alla Camera a questo punto sono molto stretti: si dovrebbe arrivare al voto finale (con terza fiducia) entro venerdì, in parallelo con l’approvazione del dl competitività al Senato e il primo via libera al Ddl costituzionale.
Dopo un tira e molla durato tutto il week-end l’Esecutivo ha dunque deciso di non andare al muro contro muro con la Ragioneria generale dello Stato, che aveva sollevato rilievi di copertura nel documento presentato venerdì scorso. Nel dettaglio, secondo la Ragioneria, la norma su «quota96», che avrebbe regalato il pensionamento a settembre a 4mila insegnanti e addetti della scuola (platea che potrebbe allargarsi), risulta «scoperta in termini di fabbisogno e indebitamento netto». E quindi per assicurare «la neutralità degli effetti per il 2014 la riduzione da apportare si deve attestare a 45 milioni di euro» (e non 34 milioni come indica la relazione tecnica del provvedimento).
Le coperture ipotizzate, approvate dalla Camera, e che consistono in un aumento degli obiettivi di spending review e tagli lineari, comportano «criticità», sempre secondo i tecnici del Mef, perché «connesse all’entità del ricorso a forme di copertura operate già con precedenti interventi attraverso l’accantonamento o la riduzione degli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili». Solo per il 2014 tali riduzioni ammontano già a circa un miliardo di euro (che vengono presi con tagli a oneri rimodulabili dei ministeri). E perciò l’ulteriore riduzione di queste spese porta con sé «l’elevato rischio di determinare la formazione di debiti fuori bilancio in relazione a spese difficilmente comprimibili, soprattutto in una fase già avanzata della gestione».
Analoghi i rilievi per quanto riguarda il pensionamento d’ufficio a 68 anni dei professori universitari (oggi la legge Gelmini consente l’uscita obbligatoria a 70 anni - avendo abolito il cosiddetto "biennio Amato"). Questa anticipazione di due anni, sottolinea la Ragioneria, «determina oneri non quantificati né coperti in termini di anticipazione della corresponsione dei trattamenti di pensione e di fine servizio». Sulla base dei dati forniti dal Miur il costo dell’intervento è di 34,2 milioni solo nel 2015 (dal 2015 al 2021 è di circa 113 milioni). Nel mirino anche i conti per la cancellazione dei disincentivi introdotti da Elsa Fornero per chi lascia prima il lavoro. La relazione tecnica al dl Madia ha stimato un esborso di un milione per il 2014, 3 milioni per il 2015, 7 milioni per il 2016. I conti rivisti dalla Ragioneria sono però maggiori: 5 milioni per il 2014, 15 milioni per il 2015, 35 milioni per il 2016, 50 milioni per il 2017 e 60 milioni dal 2018. E sottostimata è anche la quantificazione delle spese (un milione per quest’anno) della norma che prevede dei benefici per le vittime degli atti di terrorismo. Una copertura, quest’ultima, che poi sarebbe stata trovata da Poletti e Delrio ma la misura entrerà in un altro provvedimento.
Il dietrofront naturalmente ha scatenato un putiferio politico, soprattutto tra le componenti del Pd che alla Camera avevano sostenuto le correzioni. «Sarebbe scandaloso non risolvere "quota 96" degli insegnanti, ma soprattutto utilizzare argomenti falsi per non fare questa scelta. Chi dice che vogliamo introdurre quota 96 per estenderla a tutti i lavoratori sa di mentire o non conosce l’argomento» hanno rilevato Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi. Ma anche Forza Italia non è per nulla convinta: una decisione «vergognosa in cui vince la burocrazia». Mentre per Sel «il Governo dei soli annunci ha colpito ancora».
Davide Colombo, Il Sole 24 Ore 5/8/2014
IL TESORO FERMA (PER ORA) L’ASSALTO ALLA FORNERO E AI CONTI PUBBLICI –
Il ministro Marianna Madia, insieme al ministero dell’Economia, ha fatto la scelta giusta. Il decreto Pa non poteva rischiare di finire in «zona Cesarini», con l’altissimo rischio di non rispettare i tempi della conversione in legge, in pieno mese d’agosto, per colpa di un pacchetto di misure previdenziali prive di copertura. Il loro stralcio e la doppia fiducia che si prospetta ora dovrebbero garantire l’obiettivo dell’approvazione finale. In quel testo non ci sono solo le prime misure per il riordino della Pa, ci sono anche semplificazioni decisive per comparti in crisi come l’edilizia e, soprattutto, i poteri speciali conferiti al presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone. Inimmaginabile una decadenza del decreto per il superamento dei termini di conversione. Ma lo stop della Ragioneria e del Tesoro è tanto più significativo perché riguarda l’ennesimo tentativo di assalto alla riforma delle pensioni varata con il «Salva Italia» di fine 2011. Le nuove regole previdenziali non possono diventare merce di scambio semplicemente perché rappresentano uno dei baluardi dei nostri conti pubblici: stabilizzano una spesa che viaggia attorno al 15% del Pil, tra le più alte d’Europa. Certo, sono requisiti difficili da rispettare, soprattutto quelli sull’età pensionabile. L’unico modo per rendere realistici quei requisiti è far sì che il nostro mercato del lavoro sia più dinamico e inclusivo, capace di garantire livelli di occupabilità elevati e certi oltre i 55-60 anni senza ridurre le possibilità d’ingresso dei giovani.
L’altro baluardo dei conti deve ancora concretizzarsi e si chiama spending review. Non è un caso se nei giorni scorsi proprio Carlo Cottarelli aveva reagito con fermezza davanti all’ipotesi di «quota 96»: non si può coprire nuova spesa con i tagli alla spesa già impegnati. Ieri Matteo Renzi ha affermato che entro fine mese verrà presentato un intervento sulla scuola assai più ampio come platea del perimetro dei 4mila insegnanti coperti dalla «quota 96». Aspettiamo prima di commentare e ricordiamo il penultimo annuncio del premier, ovvero che il bonus di 80 euro non verrà esteso nel 2015 a categoria rimaste escluse. I margini di finanza pubblica sono noti. Così com’è noto che non mancherà l’assalto autunnale alla "diligenza Stabilità" da parte del Parlamento. Per questo le scelte di politica economica della prossime settimane dovranno essere coraggiose e coerenti.
Davide Colombo, Il Sole 24 Ore 5/8/2014