Mattia Chiusano, la Repubblica 5/8/2014, 5 agosto 2014
CADUTE E RINASCITE DA N.1 MCILROY PADRONE DEL GREEN WILLIAMS 200 VOLTE REGINA
Primi, poi ultimi, poi primi. Per toccare il cielo serve un po’ di anonimato, di sofferenza, e l’ultima domenica, a modo suo, ha celebrato due Numeri Uno non solo di discipline a larghissima diffusione planetaria, ma anche due campioni di rollercoaster, di alti e bassi a lieto fine. L’astro nascente del golf Rory McIlroy, vincitore del Wgc in Ohio, nuovo leader di uno sport in cui Tiger Woods fatica a togliersi le scarpe per i dolori, e Serena Williams, campionessa al torneo di Stanford battendo la Kerber, prima per la duecentesima settimana in carriera. E per far capire cosa significa s’è espressa Steffi Graf, che n.1 è stata 377 volte (mai nessuna come lei): «Stare al massimo su un circuito lungo un anno ti consuma del tutto» ha spiegato da Las Vegas. «Essere la migliore, far salire l’asticella, ti esaurisce ancora di più, fisicamente, mentalmente ed emotivamente. Serena lo ha fatto per quasi quattro anni, eppure ha ancora tanti traguardi davanti a sé».
La leonessa del Michigan, il figlio della classe operaia nordirlandese e due sport separati alla nascita, tra jet lag, montepremi milionari, quattro Grand Slam che dall’altra parte chiamano Major, insomma tutto quel campionario adrenalinico che crea eroi e lungodegenti. Come l’ultimo Tiger Woods, un flash che ricorda cosa può significare la caccia al n.1: ritirato, l’afroamericano che non conquista un major da sei anni, al World Golf Championships vinto proprio da McIlroy, una torsione e una scarica di dolore sulla schiena, l’impossibilità di continuare, il trasporto sulla golf cart e, una volta arrivato alla club house, la scena indimenticabile delle scarpe sfilate dal caddie Joe LaCava, perché lui non ce la fa. Ed ora, col Pga Championship al via giovedì e Tiger rifugiatosi in Florida, la contabilità diventa sospetto: quattro operazioni ad un ginocchio, una alla schiena lo scorso 31 marzo, i traumi a tendine d’Achille, collo e gomito significano che Woods non ce la farà a tornare quel che era un tempo?
Se l’è chiesto anche Serena Williams, e non è passato nemmeno tanto tempo. «Non capivo quanto fossi malata fino a quando mio padre venne a trovarmi e abbiamo fatto una passeggiata» ha ricordato Serena pochi giorni fa. «Dopo non più di tre minuti ho detto: “Ok, devo tornare a casa”, e sono crollata in un sonno che mi ha fatto risvegliare il giorno dopo». Era il 2011, tra infortunio a un piede ed embolia polmonare non si sapeva davvero come e se la sorella minore delle Williams sarebbe tornata. È tornata, eccome, ma anche chi vince tanto, chi è stato Number One per 200 settimane, non dimentica, non cancella i ricordi di quel che ha vissuto. Infatti il crollo fisico accanto al padre, Serena l’ha rievocato pensando a vicende di quest’annata, soprattutto al blackout in doppio a Wimbledon, «che mi ha provocato il flashback di quel giorno». La risposta immediata, dopo una vacanza-allenamento in Croazia, è stata a Stanford, ma nemmeno l’ingresso nel ristretto “club 200” (Graf 377 settimane, Navratilova 332, Evert 260, Hingis 209) placa la delusione di una stagione di fallimenti nei Grand Slam: «Nemmeno vincere lo Us Open, nel quale mi danno favorita, mi potrà consolare. Ma sento di essere sulla strada giusta».
Aveva qualche dubbio Rory McIlroy, lo scorso anno, perché il suo golf gli si stava ritorcendo contro, e di esperienza per superare il momento-no ce n’era ben poca. Lui, il predestinato della periferia di Belfast che colpisce la pallina già a un anno, che prende lezioni grazie ai sacrifici della madre, impiegata in un supermercato, e del padre, che fa tre lavori pulizia delle toilette compresa. Lui che a ventuno anni vince lo Us Open, impantanato in un cambio di materiali difficile (ma redditizio, causa Nike) e nelle scintille del fidanzamento con Caroline Wozniacki, che passa direttamente dai preparativi del matrimonio alla rottura. A maggio Rory era sprofondato al numero 11 del ranking, poi i successi al Pga Championship, al British Open e infine al Wgc per riprendersi il comando. Mentre Tiger, l’anziano n.1, è una cartella clinica, forse pronta ad abdicare di fronte alla sfrontatezza, agli anni leggeri e al fisico integro del riccioluto Rory, più giovane di tredici stagioni, un secolo.
Mattia Chiusano, la Repubblica 5/8/2014