Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 05 Martedì calendario

Il faccia a faccia arrivò dopo pochi giorni di riprese, sul set di Pane, amore e fantasia. Il regista Luigi Comencini, scontento del tono che il film stava acquistando, si rivolse a Vittorio De Sica con guardinga fermezza: «Ma questo maresciallo è un po’ buffone»

Il faccia a faccia arrivò dopo pochi giorni di riprese, sul set di Pane, amore e fantasia. Il regista Luigi Comencini, scontento del tono che il film stava acquistando, si rivolse a Vittorio De Sica con guardinga fermezza: «Ma questo maresciallo è un po’ buffone». Risposta: «Io lo so fare solo così». Gli attori, converrà lo stesso autore anni dopo, vanno usati per quello che sanno fare meglio, così, pur tra crisi e incertezze, la lavorazione andò avanti, fino al giorno in cui, in attesa di avviare il montaggio, Comencini, che si stava riposando a Venezia, fu raggiunto da una telefonata del produttore: «Rientri immediatamente! Abbiamo appena visto il film con De Sica, è una catastrofe!». Nel tentativo di correre ai ripari furono organizzate anteprime private per un centinaio di persone, amici degli amici, addetti ai lavori, persone dell’entourage che facevano mestiere diversi. Dai quei test, a poco a poco, si capì che il film, basato sull’impianto neorealista, ma colorato dai toni della commedia più classica, sarebbe stato un successo nazionale, e poi internazionale: «Era diventato famoso anche l’asino - commentò una volta Gina Lollobrigida -. A New York facevano a pugni per fotografarmi, accettai di fare un servizio per Cosmopolitan ed ebbi la sorpresa di arrivare al settimo piano di un grattacielo e trovarci un asino che ragliava...». Il fondatore Goffredo Lombardo Scoperte stravaganti, liti furiose, intuizioni geniali, contrasti insanabili. Protagonista di spicco della meravigliosa storia del cinema italiano, la Titanus, fondata da Gustavo Lombardo, erede di una famiglia borghese benestante, iscritto al Partito Socialista, attratto, appena diciottenne, dal settore del commercio cinematografico, compie quest’anno 110 anni di attività e per questo viene festeggiata dal Festival di Locarno che si inaugura domani: «Il percorso della Titanus - scrive il direttore artistico della rassegna Carlo Chatrian - permette di oltrepassare l’opposizione tra cinema popolare e cinema d’autore, tra chi guarda al nome dietro la macchina da presa e chi invece si ferma a quel volto identificabile subito in un nome». La storia della casa cinematografica che annovera tra i suoi gioielli titoli come Il gattopardo e Poveri ma belli, I magliari e Rocco e i suoi fratelli, Il segno di Venere e La ragazza con la valigia, è legata all’immagine di un napoletano che all’epoca qualcuno giudicò atipico: «Egli appartiene - scriveva un intervistatore anonimo sul Giornale d’Italia del 14 febbraio 1916 - a quel ristretto novero di meridionali che hanno saputo nella nuova fervida vita italiana vincere e superare gli istinti e le abitudini contemplative della razza, per far valere nelle industrie e nei commerci un’attività ed energia tanto singolari da ricordare quelle dei nord-americani». Grazie a questa speciale vitalità, nel segno del pop e in nome di una salda tradizione familiare, «Titanus», come racconta il volume che accompagna l’omaggio di Locarno (Titanus Cronaca familiare del cinema italiano, a cura di Sergio G.Germani, Simone Starace e Roberto Turigliatto, Edizioni Sabinae), costruisce nel tempo un impero popolato da registi venerati ed esigenti, divi scintillanti e capricciosi, dipendenti dediti e appassionati. Divi e grandi autori Un Olimpo del grande schermo, dove poteva succedere che Cesarina Marchetti, segretaria di Lombardo per moltissimi anni, fosse chiamata ad assistere alla lettura del copione della Prima notte di quiete con il regista Valerio Zurlini «che recitava tutte le parti, come in uno spettacolo teatrale», per dare il suo personalissimo parere, dopo essersi ripresa dal fiume di lacrime versate per la commozione del racconto. Oppure che Giuseppe De Santis, l’autore di Riso amaro, scrivesse al gran capo della Titanus, in attesa della proiezione del suo nuovo film Uomini e lupi, spiegando, invano, che era impossibile tagliarlo: «Caro Peppe - si leggeva nella missiva di risposta firmata da Lombardo-, di ritorno dall’America, trovo, e ne sono veramente dispiaciuto, le lettere con le quali persisti nell’atteggiamento aventiniano per Uomini e lupi...». O ancora che a Renato Salvatori venisse affidato il ruolo di Poveri ma belli anche se era uno sconosciuto con «ancora sulla pelle il sale di Viareggio dove aveva fatto il bagnino». Guerre di posizione e mosse temerarie, come quella con cui la Bersagliera Lollobrigida venne sostituita dalla Pizzaiola Loren nel terzo titolo della serie Pane e amore, affidato a Dino Risi e non più a Luigi Comencini. Secondo un articolo di Stampa Sera del 16 giugno 1955, « Loren aveva accettato la parte già interpretata da Lollobrigida, con il particolare scandalistico che quest’ultima aveva chiesto come compenso la metà degli incassi del film, ricavandone un netto rifiuto del produttore...». Rientrata da Parigi, la Lollo smentì le voci , soprattutto quella della sua richiesta esosa, precisando che, per nessuna ragione al mondo, avrebbe mai fatto un terzo film della serie «con il solo scopo della speculazione». La ragazza di Pozzuoli ebbe campo libero, e quello che riuscì a fare è ancora negli occhi e nella mente di tutti.