Jenner MelettI-Corrado Zunino, la Repubblica 5/8/2014, 5 agosto 2014
JENNER MELETTI
REFRONTOLO (TREVISO) .
Mai state così verdi, ad agosto, le valli del prosecco. «Negli ultimi mesi — raccontano Narciso e Giuseppe Della Colletta, padre e figlio titolari dell’azienda Colvendrà, venti ettari di vigneto che partono dietro la chiesa del paese — abbiamo avuto dal cielo l’acqua che basterebbe per tre anni. Ma adesso il sole deve fare il suo dovere: così fra quattro settimane potremo iniziare la vendemmia ». Si raccoglierà un tesoro, in queste valli. Cinquantasette milioni di bottiglie di prosecco docg dei vigneti di collina e altri 400 milioni di bottiglie doc prodotte in pianura partiranno verso le tavole di mezzo mondo.
Adesso non si parla però della nuova annata. Dopo la tragedia del Molinetto della Croda c’è una polemica aspra come l’aceto. «I terreni — dice ad esempio a La Tribuna Paolo Spagna, presidente dell’Ordine dei geologi del Veneto — oggi sono resi più fragili dall’azione intensiva dell’uomo che, per la coltivazione del pregiato prosecco, interviene massicciamente con sbancamenti, per costruire nuovi impianti. Il pericolo per chi vive in quelle zone diventa una certezza ». Giuseppe Della Colletta non vuole entrare in polemica. «Conosciamo tutti i poveri morti. Sabato sarei andato alla festa del Molinetto con i miei figli. Lo sappiamo da sempre, che le nostre terre sono fragili. Guardi, in questo documento del 1756, trovato in parrocchia, si parla proprio della nostra zona e viene chiamata “Livina granda”, la frana grande. Io credo, onestamente, che i vigneti non c’entrino proprio, con la piena del Lientra. Fare un vigneto costa tanto e se lo costruisci male e arriva la frana devi spendere altro denaro. E poi ci sono tanti controlli, della Forestale, dei geologi, dei tecnici comunali... La nostra azienda è nata nel 1924, sappiamo che lavorare qui non è facile. La “crosta” del terreno con il sole diventa
sabbia e scivola sopra la dura argilla che sta sotto. Sappiamo cosa fare per impedirlo, basta guardare i nostri vigneti. Le frane vere e proprie? Sul Molinetto ne ho viste anche nei boschi».
Giovedì nella chiesa di Pieve di Soligo ci saranno i funerali dei quattro amici morti alla Festa dei omeni . La procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per disastro e omicidio colposo plurimo ed ha messo sotto sequestro il Molinetto e lo spiazzo della festa. «Il nostro torrente Lierza — precisa subito il sindaco Loredana Collodel — è stato ripulito fino alle fine dell’anno scorso». In procura andrà nei prossimi giorni anche Andrea Zanoni, fino a due mesi fa europarlamentare del Pd. «Andrò a dire che il disastro poteva e doveva essere previsto. Porterò le immagini di boschi rasi al suolo, di sbancamenti fatti con le ruspe. Nei nuovi vigneti il terreno deve restare pulito e l’acqua deve
scorrere via subito. È come mettere delle tettoie sul terreno. Le autorità che hanno permesso di tagliare i boschi e mettere le vigne dovevano prevedere il maggior apporto d’acqua nei torrenti. E questo non è stato fatto».
Innocente Nardi, presidente del consorzio del prosecco superiore Valdobbiadene — Conegliano (sulle colline) non accetta le accuse. «Noi facciamo i viticoltori come cent’anni fa. La nostra si può davvero chiamare agricoltura eroica. Si taglia l’erba a mano, si vendemmia a mano, in zone aspre ma buone per il vino. I contadini sono le vere
guardie del territorio: per seimila ettari ci sono tremila viticoltori, che senza il prosecco sarebbero andati — come successo negli anni 60 e 70 — nelle fabbriche di Conegliano. I vigneti con impianti “industriali” sono quelli della pianura, non i nostri. Gli sbancamenti? Nelle nostre colline conosco un solo caso, a Tarzo. È stato fatto con tutte le autorizzazioni. E allora le autorità che hanno dato questi permessi si assumano le loro responsabilità ».
Per il governatore della Regione, Luca Zaia, «sarebbe ora di finirla con questa assurda polemica ». «I vigneti non c’entrano nulla con una tragedia che si può spiegare con numeri precisi: in sole due ore, sulla cascata del Molinetto sono passati 500 mila metri cubi d’acqua. Qui il vino lo facciamo da secoli e usando bene il territorio. Nel 1760 il doge di Venezia fece nascere l’Accademia degli Aspiranti per studiare
e produrre il vino e nel 1876 questa diventò la Regia scuola enologica. C’erano più vigneti cinquant’anni fa che adesso».
In dieci anni, comunque (2003 — 2012) secondo i dati ufficiali del consorzio del prosecco docg, la «superficie vitata» (i vigneti) è aumentata del 50 per cento, mentre la produzione è salita del 74,2. «Non credo — racconta Alberto Piccin, comandante della Forestale di Treviso — che cinquant’anni fa i vigneti fossero più numerosi di adesso. C’era senz’altro più superficie coltivata. Il contadino aveva le viti soprattutto per sé, una mucca, il mais, le patate… Ora tutto è cambiato. Anche i boschi. Non ce ne sono più di secolari, con un metro di humus. Ora c’è questo pasticcio di cespugli e rovi, non curato da nessuno. Credo che fra un bosco abbandonato e un vigneto ben curato sia meglio scegliere i filari di vite».
PARLA ZONIN
CORRADO ZUNINO
ROMA .
Gianni Zonin, 76 anni, è il capo di un’azienda che, alla settima generazione, produce vino in sette regioni italiane. Tra queste il Veneto, dove tutto è nato.
Cavalier Zonin, le colline del Prosecco della Marca trevigiana, coltivate intensivamente a vite, sono franate sotto le bombe d’acqua.
«Non vedo l’assalto ai boschi del Veneto, forse qualche viticoltore ha fatto le cose con poca cura, ma i vitigni non sono nemici delle colline». Parla dalla tenuta di Castello d’Albola, Chianti classico, provincia di Siena,
Il 56% del Veneto è a rischio idrogeologico. Lo scrittore Fulvio Ervas, originario
di quelle terre, parla di scriteriata avidità.
«Rispondo di quello che conosco e devo dire che da noi la Forestale ha lavorato bene, pianta per pianta. Poi, forse, Regione e Province
hanno dato qualche autorizzazione di
troppo».
La trasformazione del bosco in vigneto regala frane, in provincia di Treviso sono state 523 da inizio anno. Per fare spazio ai filari, le ruspe rimodellano colline intere.
«Il procedimento è corretto, ma poi bisogna lavorare per evitare l’erosione e il dilavamento dei terreni. Noi abbiamo studiato dieci tipi di erbe e oggi alla base dei nostri filari in collina, a una distanza di venti centimetri dalla vigna, posiamo varietà di graminacee. Funziona. Le radici tengono unito il terreno, l’acqua scende più gradualmente, la terra non finisce nei canali intasandoli. Il ministero dell’Agricoltura dovrebbe suggerire
il nostro metodo a tutti i viticoltori».
Poche aziende italiane possono permettersi la vostra ricerca.
«Il ministero dovrebbe aiutare».
Le vostre terre hanno subito danni, Zonin?
«Nel Vicentino. In mezz’ora è venuta giù una quantità d’acqua e grandine che metteva paura».
Chiederete i danni allo Stato?
«Intanto ci rivolgiamo alle assicurazioni, poi, se la Regione Veneto dichiarerà lo stato di calamità, potremo muoverci. Va detto, però, che qualcosa in cielo è cambiato davvero, non ho mai visto trombe d’aria e temporali così potenti».