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 2014  agosto 05 Martedì calendario

IO, PAZZO DI BALO

L’altro giorno si sono sfidati a basket nella palestra del Davidson College, dove il Milan si sta allenando in questi giorni. Tiri da tre. «Ho vinto io ovviamente, Mario non arrivava nemmeno al ferro...», sorride a metà fra l’ironia e un certo orgoglio Giampaolo Pazzini. In realtà qualche tiro interessante l’ha piazzato anche Balotelli, e chissà che non possa diventare un bello spot in vista del campionato: tutti e due a canestro insieme. Si può fare? Probabilmente sì, anche perché Inzaghi in questa lunga parentesi americana un paio di volte li ha provati uno accanto all’altro in allenamento. Magari non sarà nel 4-3-3, ma di certo Pippo non intende confinare Giampaolo al ruolo di eterno secondo. Strano destino, quello del Pazzo al Milan: è sempre stato quello che — a detta di tutti — meritava maggiormente di giocare, e alla fine si ritrovava seduto in panchina. Prima il lungo infortunio, poi scelte tecniche. La sua fin qui è stata un’avventura complicata. E adesso che sta avendo fiducia, bisogna fare i conti con gli stenti di tutta la squadra.
Pazzini, finirà mai questa serie di congiunture sfavorevoli?
«Effettivamente non sono stato molto fortunato negli ultimi tempi. Sentivo anch’io molta stima nei miei confronti, in molti mi avrebbero voluto vedere in campo, ma poi non succedeva. Una situazione davvero beffarda».
Tra l’altro era lo stesso Balotelli a spingere, inutilmente, la sua candidatura.
«E’ vero, ci ha provato in ogni modo (ride, ndr ), ma non ce l’ha fatta... E’ un peccato perché dopo l’infortunio ero rientrato bene, mi stavo allenando con una buona gamba e avevo anche fatto un paio di gol. Solo che mi è capitato diverse volte di andare a dormire titolare alla vigilia e svegliarmi panchinaro il giorno della partita».
Ha mai pensato di cambiare aria?
«No, è un’idea che non mi ha mai sfiorato. Al Milan sto molto bene, ho sempre sentito la fiducia del club e dei tifosi».
Questa potrebbe essere la stagione di Pazzini e Balotelli insieme?
«Vorrei mettere un punto fermo a questo discorso, di cui si parla da troppo tempo: sì, io e Mario possiamo convivere bene. A lui piace muoversi intorno all’area, a me piace stare dentro per finalizzare. Quindi siamo complementari».
Però lui viene criticato molto, anche dal presidente, proprio perché gioca lontano dalla porta.
«Si può anche provare a dargli le consegne da centravanti in modo rigido, ma è difficile cambiare le caratteristiche di un giocatore che ama giocare in quel modo già da tempo. Comunque lo vedo tranquillo, si sta allenando bene e ha grandi idee in testa».
Proprio come Inzaghi.
«Lui ci sta trasmettendo lo spirito Milan, ci fa capire cosa rappresenta questa maglia. Cerca di trasferirci la maniacalità che mette tutti i giorni sul lavoro. A livello pratico vuole il gioco, solo che sono concetti nuovi: occorre che noi ci si metta mentalità e voglia, e posso assicurare che lo stiamo seguendo tutti con grande spirito di sacrificio».
Lei è un numero 9 innamorato dell’area piccola proprio come Inzaghi. Dica la verità: sta ricevendo attenzioni particolari dal tecnico?
«In effetti qualcosa in più rispetto agli altri me la dice. Capita con una certa frequenza. Mi dà sempre consigli molto giusti sui movimenti e sulle situazioni di campo. Magari mi capita di dirgli “mister, non sono riuscito ad arrivare su quel pallone”, e lui mi spiega come faceva in situazioni analoghe quando giocava. Non mi sento un privilegiato, semplicemente gioco in quella che era la sua posizione».
Inzaghi ha fissato regole ferree sotto tutti gli aspetti e ha chiarito che non saranno previsti sconti.
«Le regole sono l’abc di un gruppo. In realtà c’erano già, ma magari non venivano rispettate».
All’appello mancherà per un pezzo il suo amico Montolivo.
«Ed è un peccato perché Riccardo è molto importante per noi. Si sente la sua mancanza nello spogliatoio e anche in campo: è unico come caratteristiche».
Lei fa parte di un gruppo italiano nutrito e fatto di giocatori piuttosto esperti.
«Il Milan ha sempre avuto uno zoccolo duro italiano. Noi cerchiamo di fare da traino agli altri, di farli allenare bene».
Basterà per fare un campionato all’altezza? Il club esige di arrivare sul podio.
«Ora come ora è difficile dire a quale posizione possiamo ambire, ma una cosa è certa: realisticamente non possiamo essere quelli dell’ottavo posto. E’ impossibile ripetere una stagione simile. Siamo una buona squadra, che deve trovare la giusta coesione. Non siamo in grado di puntare su un singolo, quindi dobbiamo valorizzare il gruppo».
Difficile che questo basti a tranquillizzare i tifosi.
«C’è poco da girarci intorno, li capisco perché sono arrabbiato anch’io. E così è dura riportare la gente allo stadio, come vorremmo tutti. Ma questo gruppo ha una grande voglia di rivalsa, non ripeteremo la scorsa stagione. I concetti di certo non ci mancano: il 31 agosto il nostro pubblico vedrà un’altra squadra».
Anche perché far peggio di così è difficile...
«Inutile girarci intorno, la qualità del calcio italiano è diversa da quella inglese. Ma forse aver preso qualche bastonata può anche farci bene».
Spiegazioni?
«Abbiamo creato poco e difeso male, è un problema di squadra. Ma di base resto ottimista, abbiamo un allenatore che cura anche i particolari».
Fra di voi ne avete parlato?
«Molto. Ci stiamo confrontando tanto e la tournée sotto questo aspetto è positiva perché ci dà modo di stare insieme a lungo. Posso assicurare che non ci limitiamo all’allenamento sul campo. Qua ci teniamo tutti».
Domenica l’allenatore vi ha dato mezza giornata libera: non ci dica che è andato a correre per conto suo.
«Non scherziamo: ho dormito fino alle 18...».
Effetti della «cura» Inzaghi.