Renato Pezzini, Il Messaggero 5/8/2014, 5 agosto 2014
PARTITI SENZA PIÙ UN EURO QUEST’ESTATE NIENTE FESTE
MILANO E’ tornata la Festa, ma non c’è più l’Unità: «E’ un brand che va tutelato» disse Matteo Renzi a fine giugno annunciando un tuffo nel passato. Ovvero: stop alle Feste Democratiche nate in epoca Pd, e ritorno alle Feste dell’Unità. Dunque tutti a Bologna dal 27 agosto, salamelle, stand, volontari, dibatti, concerti, comizi sotto il segno della vecchia insegna. Sarà tutto come una volta, col piccolo inconveniente che la Festa è risorta, ma l’Unità - giornale fondato da Antonio Gramsci - è provvisoriamente defunto.
FESTA AL MORIBONDO
I giornalisti del quotidiano per adesso sono a spasso visto che le pubblicazioni sono sospese. Hanno chiesto di potere essere a Bologna per l’inaugurazione, «spiegheremo ai militanti la situazione in cui ci troviamo». Richiesta accolta: «Naturalmente siete i benvenuti» ha risposto Lorenzo Guerini, vicesegretario del partito. Nella speranza che per quella data il giornale abbia trovato un editore disposto a rimandarlo in edicola ed evitare lo sgradevole effetto di una sommessa celebrazione in onore di un moribondo.
L’ultima volta della festa dell’Unità fu proprio a Bologna, anno 2007. Dodici mesi dopo a Firenze il brand era cambiato: Festa Democratica. Così fino a Genova 2013 quando Enrico Letta arrivò da premier e Renzi da favorito per le primarie. In realtà, a parte il nome, poco è cambiato. Tranne che i soldi nelle casse del Pd sono sempre meno e i tempi della kermesse inevitabilmente ridotti: dalle tre settimane di un tempo agli undici giorni di adesso, con meno attrazioni e più dibattiti. Costano poco.
Comunque, nonostante tutto il Partito Democratico va orgoglioso della sua festa. E’ rimasto l’unico gruppo politico capace di organizzare eventi del genere riuscendo a stare nelle spese. Per tutti gli altri le feste di partito sono sempre state un salasso, artisti da pagare, relatori da ospitare, nomenklatura da mantenere, pochi volontari su cui contare. In tempi di vacche grasse non ci facevano caso, ora i tesorieri guardano il centesimo e tagliano i rami secchi. Le feste sono rami secchi.
Per dire: l’unica kermesse di Forza Italia annunciata per l’estate è la Festa Azzurra del club Forza Silvio di Ronciglione, Viterbo. Musica a partire dalle 18, rapido dibattito sul volontariato, dalle 22 l’elezione di miss Azzurra 2014. Fine. Lontani i tempi in cui il Cavaliere rispondeva al Pd incaricando La Russa di organizzargli una festa del Pdl convocando ministri, ospiti di riguardo, giornalisti di fama e perfino Edoardo Bennato per il concerto finale.
BAMBOLE NON C’E’ UNA LIRA
L’Udc ha messo fine ai suoi meeting di Chianciano da tempo, e anche quest’anno niente raduni. La Lega Nord ha cancellato la tre giorni del Po che era la celebrazione padana per eccellenza e si accontenta delle festicciole di paese allestite da pochi e irriducibili duri e puri. A Sesto San Giovanni si è appena chiusa la Festa Nazionale di Sel, dieci giorni in grandi ristrettezze e l’impressione finale che non ci sarà un’altra volta. Fratelli d’Italia per ora non ha nulla in programma. I grillini non festeggiano per vocazione.
Un tempo da inizio agosto a metà settembre non si riusciva a star dietro alle iniziative di partito en plein air. I comunisti cominciarono a farle già nel dopoguerra. Dal 1977 i democristiani non vollero esser da meno: scelsero Palmanova, in Friuli, ed Enrico Franceschini sostiene che «al comizio finale di Zaccagnini eravamo in centomila». Il boom dagli anni 80 fino al 2012, o giù di lì. C’erano le Feste dell’Avanti (Psi), del Secolo (Msi), perfino il Pli il Psdi avevano soldi da buttare in eventi estivi di scarso richiamo. Poi finì la prima repubblica, mutarono i nomi e le facce, rimasero le feste.
Per star dietro alla politica d’agosto bisognava correre da una parte all’altra d’Italia, in luoghi divenuti a loro modo celebri grazie ai partiti o, addirittura, alle correnti di partito. Lavarone era il tempio estivo della sinistra Dc, Saint Vincent degli amici di Donat-Cattin. In tempi più recenti, Mirabello (Ferrara) è stata la tribuna da cui Fini ha lanciato le sue sfide a Berlusconi, Vasto (Chieti) il megafono delle invettive di Di Pietro, Telese (Benevento) il luogo in cui Mastella ha imbastito le sue sempre diverse alleanze.
ANDREOTTI E LA FOTO DI VASTO
Fra una salamella e un dibattito c’era sempre qualcosa che faceva notizia, e che faceva titolo, specie se arrivavano ospiti illustri. Indimenticabile l’Andreotti che nell’84 fece spellare le mani al popolo della Festa dell’Unità di Roma esaltando il muro di Berlino: «Amo così tanto la Germania che spero restino due». O la celeberrima foto di famiglia - Bersani, Di Pietro e Vendola - che nel 2011, alla festa dell’Idv di Vasto, sembrò a molti l’icona di una alleanza destina a durare. Sono passati tre anni, la foto ormai è sbiadita, buona per gli archivi. Come le feste di partito.