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 2014  agosto 04 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - PREPENSIONATI ED ESODATI


REPUBBLICA.IT

MILANO - Via libera della commissione Affari costituzionali del Senato agli emendamenti del governo sul dl Pubblica amministrazione. Saltano così lo sblocco per 4 mila pensionamenti nella scuola (quota 96) e la soglia di 68 anni per i pensionamenti d’ufficio di professori universitari e primari. Cancellato anche lo stop alle penalizzazioni per chi va in pensione a 62 anni. L’aula passerà all’esame nel merito a partire da stasera dopo le 20. L’ok è previsto domani, scontata la richiesta della fiducia da parte del governo. In commissione è stato approvato, viene riferito dai senatori, un ordine del giorno che chiede al governo di trovare una soluzione alla questione ’quota 96’ per i pensionamenti nella scuola.
In mattinata, il governo aveva annunciato la decisione di presentare "4 emendamenti soppressivi" proprio per cancellare le proposte. La "quota 96" era stata, infatti, oggetto delle ire del commissario alla spending review Carlo Cottarelli che lamentava l’impossibilità di tagliare le tasse (fine ultimo originario dei tagli alla spesa) se la politica avesse continuato a chiedere di dirottare risorse altrove.
A fare cambiare idea al governo, però, sono stati soprattutto i rilievi della Ragioneria dello Stato che aveva evidenziato la norma tra quelle in difetto di copertura. Un emendamento del governo al dl P.A. rivede anche i limiti d’età per il pensionamento d’ufficio, eliminando il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e medici. Restano, invece, le
soglie previste per il resto dei dipendenti pubblici (62 anni e 65 per i medici).

Lo scontro tra governo e Ragioneria dello Stato, però, si allarga anche dal dl Competitività, al punto da sospendere i lavori della commissione Bilancio alla Camera che deve fornire il parere al testo del decreto all’esame dell’Aula. Sarebbero infatti pervenuti dei dubbi della Ragioneria su un emendamento sul fotovoltaico.

Quanto al decreto-Madia sulla pubblica amministrazione, era stato pensato con lo scopo di svecchiare i dipendenti pubblici attraverso un maxi-pensionamento anticipato degli statali di 62 anni che si sarebbe tradotto in un aumento delle spese per le casse dello Stato. La norma avrebbe salvato 4.000 insegnati, rimasti "incagliati" nel 2012, ai quali sarebbe stata data la possibilità di andare da quest’anno in pensione con le vecchie regole pre-Fornero di "quota 96". Una operazione che costa 396 milioni da quest’anno al 2018.

Probabile che adesso il governo chieda la fiducia anche al Senato sul provvedimento: "Dobbiamo correre e, a questo punto, Visto che è stata messa alla camera, mi sembra ragionevole" ha detto il ministro Madia.

In Parlamento, però, si profila battaglia. Scontente anche le opposizioni, in particolare Sel: "Il Governo dei soli annunci ha colpito ancora. Per i lavoratori della scuola ’quota 96’ si allontana di nuovo il sacrosanto diritto di andare in pensione". Ma anche Forza Italia non è per nulla convinta: una decisione "vergognosa in cui vince la burocrazia". Peculiare il fatto che i mugugni arrivino anche da una parte dei deputati del Partito Democratico. In sette chiedono al governo di ripensarci, anche loro parlando di vittoria dei freddi numeri della burocrazia sul buon senso. Per la Cgil, invece, "è gravissimo cancellare gli interventi sulle pensioni".

LA STORIA DEI QUATTROMILA INSEGNANTI 8REP DEL 21 GENNAIO)
SALVO INTRAVAIA
La rivolta degli insegnanti della scuola corre di nuovo sul web. Dopo quella sul pasticcio degli scatti dello stipendio, che ha costretto il governo a fare marcia indietro (anche se la partita non è ancora conclusa), scoppia la grana dei docenti che nel 2011 stavano per andare in pensione e sono stati bloccati dalla riforma Fornero: i cosiddetti "quota 96". Centinaia di lettere - tutte firmate, alcune indirizzate al "sindaco Metteo Renzi" - stanno inondando le caselle di posta elettronica dei giornali. Il tormentone è sempre lo stesso: "Un altro pasticcio si abbatte sulla scuola: quota 96". Diversi partiti politici sono alla ricerca di una soluzione, ma si devono trovare le ormai arcinote "coperture finanziarie". Ecco di cosa si tratta.
Nel dicembre 2011, fu varata la riforma Fornero sulle pensioni, che allungò di colpo sia l’età per lasciare il lavoro, sia gli anni di contribuzione da mettere sul piatto per congedarsi. Gli insegnanti che il 31 agosto dell’anno scolastico in corso di svolgimento - il 2011/2012 - avrebbero raggiunto il requisito previsto fino a quel momento dalla riforma Maroni - la "quota 96" che si ottiene sommando anni di servizio e età - erano certi di poter fare valere non l’anno solare ma l’anno scolastico appena iniziato. E invece vennero bloccati e costretti a rimanere in servizio fino a 67 anni. Altri 5 o più anni in cattedra col traguardo ormai a portata di mano.
La quota 96, infatti, si poteva raggiungere con un minimo di 60 anni di età e 35 di servizio: 61 anni e 35 di servizio, 60 anni e 36 di servizio o con spezzoni che sommassero sempre 96. Un pasticcio che assomiglia tanto a quello degli esodati che incapparono sulla stessa riforma Fornero. Ma di minore gravità. E adesso, che dopo la questione degli scatti stipendiali - prima bloccati con la richiesta di rimborso di 150 euro al mese, a coloro che li avevano percepiti, e dopo sbloccati - il vento della politica sembra essere cambiato, si fanno sentire i docenti "che non ce la fanno più a rimanere a scuola".
"Abbiamo la classe docente più vecchia del mondo e queste burocrazie incapaci tengono in classe persino gli aventi diritto per errore", si legge nella nota che corre sul web. Secondo alcuni conteggi, i bloccati sarebbero circa 4mila e per consentire loro di andare in pensione occorrerebbe una cifra "strutturale" variabile tra 267 e 490 milioni. Una cifra che in tempi di vacche magre sembra troppo alta anche per ripristinare un diritto acquisito. "Trovare le risorse (una cifra ridicola rispetto ai mille sprechi) per mandare in pensione i circa 4mila insegnanti e Ata di Quota 96 non è solo un dovere per rimediare a un assurdo errore del governo Monti, ma anche l’occasione per stabilizzare 4mila docenti e Ata che rischiano di invecchiare da precari nelle graduatorie".
E "adesso che c’è Renzi, che vuol cambiare profilo alla Scuola italiana, almeno questo può consigliare di farlo al governo Letta: sanare i pasticci burocratici di una macchina amministrativa incapace di reggere la sfida dei tempi. I nostri alunni - concludono i docenti imbiancati dal tempo e con meno forze - si ritrovano i docenti più vecchi del mondo". "E’ possibile - si chiedono - che bambini di tre anni abbiano maestre d’asilo di 61 o 62 anni? Considerando poi che in Italia un giovane su due è disoccupato? Serve un patto di turn over generazionale, almeno nella scuola. Secondo noi questo governo può e deve rispondere alle sfide e ai bisogni della scuola di oggi".

REAZIONI
Se manca la serietà. Delusi. E per ovvie ragioni molto critici nei confronti del governo. Accusato di “mancanza di serietà”, di comportamenti intollerabili per le istituzioni dello Stato. Sulla Quota 96 – l’articolo contenuto nel decreto di riforma della Pubblica Amministrazione cancellato dall’esecutivo dopo i rilievi della Ragioneria di Stato – intervengono gli insegnanti italiani riuniti nel sindacato Gilda. “Una beffa di Stato”: questo il commento di Rino di Meglio, che di Gilda è il coordinatore nazionale.
Una politica fatta di annunci e il destino di 4mila persone. Si parte dal punto interrogativo imposto sul futuro di 4mila persone. E si arriva a mettere in discussione l’intera azione del governo Renzi. Ancora Di Meglio: “Dopo due anni di calvario, 4000 insegnanti assistono impotenti per la seconda volta allo scippo della pensione maturata legittimamente e tutto ciò avviene perché viviamo in un Paese dove la politica è fatta soltanto di annunci”.
Come trovare le risorse. E non mancano “suggerimenti” alla compagine ministeriale su dove recuperare la copertura economica del provvedimento. Nella note diffusa dalla Gilda, si legge: “La copertura economica per risolvere la questione, e sanare un´autentica ingiustizia, ammonterebbe a 45 milioni di euro: una somma che il governo potrebbe recuperare razionalizzando capitoli di spesa come quello relativo alla gestione del sistema informatico del Miur, per il quale si spendono 30 milioni annui con risultati pessimi, come dimostrano i numerosi problemi sorti durante le operazioni di mobilità”.
Qui la Gilda Insegnanti

CORRIERE.IT
Marcia indietro del governo su «Quota 96» e pensionamento d’ufficio dei professori universitari. Lo ha annunciato il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, e lo ha confermato la commissione Affari costituzionali, che ha approvato un emendamento che fa dietrofront sui «Quota 96», i cosiddetti «esodati» della scuola che dovevano andare in pensione due anni fa ma all’ultimo erano rimasti bloccati dall’entrata in vigore della legge Fornero: non potranno più andare in pensione a settembre, come previsto alla Camera. Un’altra modifica rivede invece i limiti di età per il pensionamento d’ufficio ed elimina quindi il tetto dei 68 anni per i professori universitari e i primari (non mutano invece le soglie per tutti gli altri dipendenti pubblici: 62 anni e 65 per i medici). Cassata pure l’eccezione prevista per un centinaio di insegnanti che avevano scelto l’«opzione donna», che permetteva loro di andare in pensione prima ma rinunciando al sistema retributivo (quello basato sull’ultima busta paga) e accettando il calcolo contributivo (più svantaggioso): con la norma approvata alla Camera avrebbero avuto un ricalcolo della pensione per recuperare il 30% perso (circa 400 euro al mese per l’assegno di pensione), ma con l’emendamento passato in Senato questo ricalcolo non avverrà. Infuriati i sindacati: «Un bel pasticcio, una situazione a dir poco irriguardosa per migliaia di persone che non meritano di essere trattate in questo modo», dice Francesco Scrima (Cisl). «Un atto di palese ingiustizia», aggiunge Mimmo Pantaleo (Cgil). «Abbiamo l’impressione che sia sempre attiva una lobby contro la scuola, il Governo messo in ginocchio dal superpotere burocratico», sottolinea Massimo Di Menna (Uil). «Un duro colpo a migliaia di lavoratori e al ringiovanimento della pubblica amministrazione», conclude Marcello Pacifico (Anief).
Chi sono i «Quota 96»
Con il termine «Quota 96» si indicano circa 4.000 docenti che avevano maturato tutti i requisiti per andare in pensione prima che la riforma Fornero entrasse in vigore (1° gennaio 2012) . Requisiti che, stando alla legge 247/2007, si ottenevano sommando l’età anagrafica e l’anzianità contributiva: 60 anni di età e 36 di servizio o con 61 di età e 35 di servizio . I «Quota 96» rimasero intrappolati dalla legge del governo Monti perché quest’ultima indicava come limite tra i vecchi e i nuovi criteri pensionistici il 31 dicembre 2011 (fine dell’anno solare) e non il 31 agosto 2012 (fine dell’anno scolastico). Così quei docenti che avrebbero maturato i requisiti a fine anno, e che avevano già presentato domanda, sono rimasti bloccati in servizio. Per loro l’emendamento soppressivo annunciato oggi dal ministro Madia è l’ennesima doccia fredda. Appena dieci giorni fa, era passato in Commissione Affari costituzionali un emendamento che doveva mettere la parola fine alla intricata e spinosa vicenda dei Quota 96 e martedì scorso anche la Commissione Bilancio della Camera aveva dato l’ok. Dopo due anni di purgatorio, i 4.000 prof si erano dunque illusi di poter andare finalmente in pensione a partire dal 1° settembre. Ma nel frattempo è intervenuta la Ragioneria generale esprimendo forti perplessità sulle coperture economiche sia per il pensionamento dei Quota 96 (costo nel 2014 circa 50 milioni) che per l’anticipo del pensionamento dei professori universitari da 70 a 68 anni (costo un centinaio di milioni). Duro il commento della vicepresidente della commissione Istruzione alla Camera Manuela Ghizzoni che si batte da 31 mesi per ridare la possibilità ai Quota 96 di andare in pensione: «Sono molto delusa, credo che qui si esprima il fallimento del primato della politica. Secondo me è etico correggere gli errori, evidentemente non è così per tutti».
L’altalena dei prof universitari
La norma sul pensionamento d’ufficio dei prof universitari di cui il ministro Madia ha annunciato la soppressione aveva già subíto una prima revisione in seguito alle polemiche sollevate dal mondo accademico che protestava contro l’equiparazione dei docenti universitari a puri e semplici impiegati pubblici. «Non siamo burocrati», era sbottato il presidente della Crui Stefano Paleari. E così martedì scorso la soglia per il pensionamento era stata alzata da 65 a 68 anni. Ora invece pare saltata del tutto.

CORRIERE.IT
Un emendamento del governo al decreto legge P.A. rivede i limiti d’età per il pensionamento d’ufficio, eliminando il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e medici. Restano invece le soglie previste per il resto dei dipendenti pubblici (62 anni e 65 per i medici). Ritornano anche le penalizzazioni per chi esce a 62 anni e viene cancellata la possibilità di andare in pensione per i cosiddetti quota 96, i circa 4 mila insegnanti e collaboratori scolastici rimasti incastrati nelle maglie della riforma Fornero. Eliminati pure i benefici per le vittime del terrorismo. Ad annunciarlo è il ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia, e a ratificarlo è la commissione Affari costituzionali del Senato, che ha licenziato il testo del decreto legge sulla Pubblica amministrazione inserendo le quattro modifiche.Il testo ha ricevuto anche il via libera del Senato ai requisiti di necessità e urgenza: l’esame del provvedimento dovrebbe iniziare questa sera dopo le 20.
Accolti i rilievi della Ragioneria dello Stato
Il governo, con l’emendamento che di fatto blocca il pensionamento di 4mila insegnanti, accoglie i rilievi della Ragioneria dello Stato che aveva evidenziato problemi di coperture dopo che anche il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, aveva criticato quella norma entrando in polemica con l’esecutivo. Ma rischia di sollevare un nuovo polverone, come quello che a gennaio ha fatto traballare il governo Letta, che solo in extremis decise di cancellare il prelievo di 150 euro dalla busta paga degli insegnanti per gli scatti di anzianità «indebitamente» erogati. Caustico il commento del segretario della Lega Nord: «Quattromila insegnanti, fregati dalla Fornero, sono stati ri-fregati da Renzi. Dovevano andare in pensione, ma il governo non trova i soldi...Altra promessa non mantenuta, altra Renzata».
Madia: «Fiducia? Dobbiamo correre»
Il ministro Madia spiega che l’ipotesi di porre la fiducia in Senato sul decreto «sembra ragionevole», visto che anche alla Camera si è utilizzato questo strumento. «Dobbiamo correre» ha aggiunto il ministro.