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 2014  agosto 04 Lunedì calendario

L’ARTRITE CHE ISPIRÒ IL PRIMO TELEFONO

La radio, il telefono, la pila. Gli italiani, sin dai tempi di Leonardo Da Vinci, si sono guadagnati l’appellativo di popolo di inventori. Inventori per genio o per necessità, ma pur sempre padri di idee che hanno rivoluzionato scienza, arte e tecnologia.
Il più celebre fu probabilmente proprio Leonardo, ancora oggi studiato in tutto il mondo con i suoi prototipi di macchine volanti e gli intricati appunti in cui spiega come costruirle: suo e datato 1489 è il primo rudimentale elicottero. Lo scopo di Leonardo era di dimostrare che l’aria è un fluido e che, attraverso un’elica che si avvita su se stessa, un oggetto può sollevarsi.
A raccogliere la sua eredità, nel 1600, fu l’astrofisico Galileo Galilei. Per diventare il più grande osservatore dei cieli e scopritore di stelle, Galilei fabbricò – copiandone la struttura da un progetto olandese – il primo cannocchiale telescopico, che lo scienziato battezzò “telescopio” proprio perché la sua scoperta permetteva di ingrandire gli oggetti lontani, fino allo spazio. Non fu un’invenzione pianificata ma un mezzo necessario, realizzato per portare avanti i propri studi. Attraverso il suo telescopio , Galileo scoprì nuove stelle da aggiungere al Cosmo tolemaico conosciuto fino a quel momento, studiò il moto terrestre e ottenne un sostanzioso aumento di stipendio da parte del governo veneziano e un contratto a vita di insegnamento.
Non solo toscani, però: nel Settecento fu la Lombardia a tenere alta la fama dell’ingegno italiano. Nel 1799 il fisico comasco Alessandro Volta fece quello che lui stesso chiamò il “gran passo”, inventando e costruendo la pila, che definì un “organo elettrico artificiale”. Si tratta del primo generatore statico di energia elettrica mai realizzato, che ancora oggi è il prototipo delle moderne batterie elettriche. L’invenzione venne apprezzata moltissimo da Napoleone, che gli fece conferire dall’Accademia di Francia la medaglia d’oro, lo nominò membro straniero dell’istituto e gli assegnò un vitalizio.
Non solo scienziati di professione, però: italiana è anche l’invenzione del telefono, ad opera del geniale giramondo Antonio Meucci. Nato a Firenze a inizio Ottocento, la Penisola gli era stretta e la lasciò per Cuba, dove rimase per più di 15 anni, e poi New York, sempre al seguito di una compagnia teatrale, dove si occupava di disegnare le scene e creare nuovi marchingegni per effetti speciali. Inventò il telefono nel 1854, quando la moglie Ester fu costretta a letto dall’artrite. Per poter comunicare con lei, al secondo piano della casa, mise a punto un collegamento telefonico tra la sua stanza e il suo laboratorio esterno. A riprova dell’importanza dei brevetti, però, fino al 2002 la paternità dell’invenzione è stata contesa tra lui e l’americano Alexander Bell, che lo bruciò sul tempo nel brevetto del telefono, approfittando delle difficoltà economiche di Meucci.
Tra tutte, però, l’invenzione di maggior successo brevettata da un italiano è la radio. Il marchese emiliano Guglielmo Marconi la realizzò nel 1895 e gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1909. Il suo sistema di comunicazione con telegrafia senza fili via onde radio ottenne una diffusione mondiale e il principio alla base della scoperta ha permesso lo sviluppo della televisione. Marconi, con più occhio per gli affari di Meucci, si trasferì in Inghilterra con la madre di origine irlandese, e lì ottenne il brevetto e anche i capitali per realizzare su larga scala la sua invenzione.
Il genio italiano ha creato prodotti di ingegno che hanno rivoluzionato la vita dell’umanità ma anche la scienza e la lunga scia di successi non si è interrotta nemmeno oggi. Non tutte le invenzioni, però, sono state ben sfruttate dai propri creatori: a lasciarsi sfuggire, almeno parzialmente, la scoperta che ha cambiato il mondo dell’automobile è stata proprio la Fiat. Nel 1990 il centro ricerche dell’azienda torinese ha ideato, sviluppato e pre-industrializzato il Common Rail, il sistema di alimentazione per motori diesel oggi ancora utilizzato su tutte le vetture a gasolio. Per circa due anni il brevetto è rimasto nelle mani dell’azienda italiana, poi la decisione di cederlo alla tedesca Bosch, che lo ha industrializzato rendendolo uno standard nella progettazione di tutti i motori diesel.
Giulia Merlo, il Fatto Quotidiano 4/8/2014