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 2014  giugno 08 Domenica calendario

LA REGINA DELLO SCATTO


Vittoria diventò regina d’Inghilterra il 20 giugno 1837 e fu incoronata il 28 giugno 1838. Pochi mesi dopo, il 6 gennaio 1839, il giornale parigino «Gazette de France» annunciò un’importante invenzione di Jacques-Mandé Daguerre: il dagherrotipo, prima forma di fotografia. La procedura utilizzata da Daguerre era molto lenta e il suo rivale inglese, William Henry Fox Talbot, sviluppò solo più tardi la capacità di fare ritratti; così, quando nell’ottobre 1839 Vittoria si fidanzò con il principe Alberto di Saxe-Coburg-Gotha, la coppia fu raffigurata da due dipinti in miniatura. Era però solo questione di tempo. Il primo ritratto fotografico di Alberto, datato 1842, fu opera di William Constable; ma già nel 1840 la regina e il marito avevano acquistato vedute di Parigi, Roma e altre città europee realizzate da Antoine Claudet, il quale aveva imparato la nuova tecnica da Daguerre e aperto uno studio a Londra.
Comincia da allora una stretta relazione a due sensi fra la regina e la fotografia, vantaggiosa per entrambe. L’interesse di Vittoria e Alberto, sia come soggetti sia come collezionisti, contribuì non poco alla popolarità dei dagherrotipi e dei loro numerosi successori; la popolarità della monarca, peraltro, fu ampliata e rinsaldata da opportune immagini fotografiche. Alla sua morte la sua collezione privata conteneva oltre 20mila fotografie, e la stessa Vittoria era diventata una delle persone più fotografate del mondo. In una mostra intitolata A Royal Passion: Queen Victoria and Photography, il Museo Getty di Los Angeles racconta questa passione, esponendo alcune opere di sua proprietà e altre in prestito da varie istituzioni, inclusa la Royal Collection di Windsor.
Fermiamo l’attenzione su qualche episodio. Nel 1851 si svolse a Londra, sotto gli auspici di Alberto, la Grande Mostra (Great Exhibition) delle Opere Industriali di Tutte le Nazioni. Fra i 13mila oggetti esposti, settecento erano fotografie; e per molti dei visitatori fu quella la prima occasione di vederne una. Dieci anni dopo questo trionfo mediatico e sociale Alberto moriva di tifo, a soli 42 anni. Il fotografo William Bambridge fu chiamato al castello e gli fu chiesto di fare due fotografie della salma; ne fu stampata solo una copia per ciascuna e i negativi vennero distrutti. Lo stesso Bambridge fece anche diverse fotografie della stanza, la Blue Room, in cui il principe era morto; e queste furono poi dipinte a mano dal pittore William Corden II, per lasciare alla regina un ricordo il più fedele possibile di quella che era stata l’ultima dimora del suo amatissimo consorte. Poco dopo la tragedia, Vittoria scriveva con rimpianto nel suo diario delle serate passate insieme a raccogliere fotografie negli album e consentiva a far circolare in pubblico una delle immagini del suo lutto – decisione, questa, che fu vivacemente criticata all’epoca come segno di mancata discrezione, di insufficiente distinzione fra pubblico e privato (nihil novi sub sole, verrebbe da dire, pensando ai numerosi analoghi infortuni contemporanei causati dai social media).
Passando ora all’altro estremo di questo spettro, molte fotografie di Vittoria hanno invece un carattere esplicitamente pubblico. La regina fu la prima testa coronata inglese a offrire al suo popolo un sostanzioso e costante resoconto visivo dei suoi vari ruoli: reggitrice delle sorti dello Stato, moglie, madre, vedova e imperatrice. Le sue fotografie proliferarono in tutti gli angoli dell’immenso dominio britannico, fungendo da collante emotivo e simbolo identitario per i popoli più diversi e per funzionari che spesso rimanevano lontani dalla madrepatria per decenni. Quella di rappresentare e ricordare monarchi inglesi era un’antica tradizione: un ritratto di Riccardo II dipinto intorno al 1395 è ancora esibito nel l’Abbazia di Westminster. Pochi, però, lo hanno visto, e certo molti di meno lo avevano visto nel quattordicesimo secolo. In contrasto, in solo due anni a metà del secolo diciannovesimo furono venduti in giro per il mondo da tre a quattro milioni di biglietti da visita con l’immagine di Vittoria, e gli album personali dei suoi sudditi si aprivano spesso, prima di far posto ai ritratti di famiglia, con quello della regina.
Vittoria salì al trono a diciotto anni, poco più che bambina; la fotografia nacque insieme al suo regno. Molti anni dopo, Vittoria era un’anziana e robusta matriarca e la fotografia era cresciuta con lei, irrobustendosi e acquistando straordinaria e indipendente autorità. Nel momento del suo commiato ufficiale, la regina poteva dunque conferire credito a un’altra tecnica e arte di recentissima creazione. Del funerale di Vittoria esiste infatti un filmato, datato 1901, della durata di pochi minuti; la prima pellicola dei fratelli Lumière fu girata nel 1894.

Ermanno Bencivenga, Il Sole 24 Ore 8/6/2014