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 2014  maggio 21 Mercoledì calendario

IL NUOVO PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE SI ISPIRI ALLA MANSI


Oggi si riunisce l’assemblea straordinaria di Mps per deliberare l’incremento dell’aumento di capitale a 5 miliardi. Si chiude così una vicenda che aveva suscitato reazioni non sempre favorevoli. Addirittura qualcuno, senza troppo riflettere sui motivi, aveva inteso la proposta del maggiore aumento come un atto per mettere in difficoltà la Fondazione reduce dal successo della vendita di parte consistente delle azioni ancora in suo possesso e del patto parasociale con Btg Pactual e Fintech. Invece sulla decisione, proposta dal vertice del Monte, con Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, avevano pesato molto, insieme a un generale approccio prudenziale che si impone, viste le traversie del Monte, metodologie e criteri (riportati in circa 300 pagine) in base ai quali si svolge l’asset quality review della Bce e la previsione dei successivi stress test. Optare per progressive ricapitalizzazioni, che verosimilmente si fossero rese necessarie dopo queste prove, sarebbe stato dannoso, non aiutando l’Istituto nel percorso di risanamento e rilancio finora decisamente affrontato. In particolare il rinvio, anche per i difetti con i quali sono state varate le suddette prove, avrebbe inciso sulla credibilità e affidabilità del Monte; avrebbe altresì potuto disorientare gli azionisti effettivi e potenziali. Alla fine, l’operazione è stata capita e dunque condivisa. È noto che a fronte della programmata ricapitalizzazione per 5 miliardi stanno il rimborso dei Monti-bond per 3 miliardi, i corrispondenti interessi da versare, il maggiore onere connesso all’aumento del prezzo delle azioni vendute dalla Fondazione, che fa scattare un surplus di rimborso come definito a suo tempo con il Tesoro, e le commissioni da riconoscere al consorzio di collocamento anche per la dilazione dell’aumento di capitale originariamente previsto a gennaio, il tutto per 3,7 miliardi circa. È da ritenere, in definitiva, che l’operazione che oggi sarà valutata dovrebbe mettere il Monte al riparo dal ritorno a breve sul fronte del capitale. Il rimborso dei predetti bond con gli interessi chiude la bocca a quanti, senza la minima conoscenza della materia, avevano blaterato di un regalo che il Tesoro avrebbe fatto alla banca: altro che regalo, con questo tipo di rimborso! Ma, chiuso in parte questo capitolo, restano aperti gli interrogativi su quale sarà l’assetto proprietario dell’Istituto, se ci saranno altre formazioni di azionisti che sceglieranno di stipulare accordi, se si affermerà la tesi della public company, se sarà garantita, come dovrebbe essere visti i risultati del rilancio, la prosecuzione dell’opera del vertice attuale, anche in nome di un’opportuna stabilità di governance e del completamento del lavoro intrapreso. Ma oggi sarà oggetto di molte riflessioni la decisione della presidente della Fondazione, Antonella Mansi, di non ricandidarsi alla guida dell’ente, con una scelta che ella ha definito di rottura di un tabù, dichiarando di voler tornare alla propria azienda, dopo aver reso un servigio alla comunità locale con quello che si potrebbe considerare il salvataggio e la rimessa in carreggiata della Fondazione. La decisione è irrevocabile, come è stato detto. Non è il caso di indugiare in dietrologie inutili, data la perentorietà della scelta. Va solo ricordato che l’indubbio successo della presidente è stato possibile anche perché i due intermediari che hanno deciso di assumere partecipazioni nella Banca e stipulare il noto patto di sindacato hanno creduto al risanamento dell’Istituto e hanno riposto fiducia nell’opera del presidente e dell’amministratore delegato, così come hanno potuto registrare l’impegno particolare di tutti coloro che nel Monte lavorano. Dal prossimo 10 giugno bisognerà, dunque, scegliere il nuovo presidente della Fondazione. Non sarà facile. Già circolano nomi di possibili candidati. Va tenuto presente che la Fondazione (di origine bancaria) è un «ente privato di utilità sociale». Non è inutile ricordarlo perché a questo scopo istituzionale dovrebbe corrispondere il nuovo presidente, caratterizzandosi per professionalità, esperienza, credibilità, autonomia intellettuale e di azione nei confronti di economia e politica. Non sarebbe fuori luogo se gli enti fondatori indicassero criteri di scelta e requisiti richiesti agli aspiranti e, a fortiori, il prescelto. Sarebbero gravi passi indietro rispetto alla presidenza Mansi (che ha parlato di necessaria continuità nella discontinuità). Bisogna invece andare avanti e star lontani dal famoso «groviglio armonioso» che ha avuto notevole parte nella drammatica vicenda del Monte, o meglio della Fondazione e del Monte. Sarebbe auspicabile uno scatto nell’individuazione di un personaggio autorevole e capace, che rispetti l’autonomia dell’Istituto, anche perché quest’ultimo ne trarrebbe indubbio vantaggio. Dunque una prova impegnativa si prospetta per la società senese, cui è doveroso guardino le competenti istituzioni e autorità nazionali.

Angelo De Mattia, MilanoFinanza 21/5/2014