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 2014  maggio 21 Mercoledì calendario

GLI OCCHI DELL’AMORE

L’undici dicembre scorso Kate Barry, la figlia più grande di Jane Birkin, è morta a 46 anni precipitando dalla finestra al quarto piano del suo appartamento di Parigi. Proprio quel giorno usciva in libreria Attachments, il libro fotografico nato da cinquant’anni di amicizia tra Jane e la sua migliore amica, la fotografa Gabrielle Crawford.
Una coincidenza. Nessuno avrebbe potuto prevedere la morte di Kate che, dopo un passato di droga e un figlio, sembrava aver conquistato una rassicurante normalità. Grazie anche a donne come sua madre e sua sorella Charlotte – capaci di sfidare la morale comune con scelte audaci come quella di cantare Je t’aime... moi non plus (proibita, nel ’69, in Europa e Nord America) o girare film come Nymphomaniac – pareva finalmente aver trovato la strada, ed era diventata fotografa di buon successo.
Un colpo durissimo per Jane, che solo oggi riesce a parlare della tragedia a cui è sopravvissuta grazie all’amore delle altre figlie e all’aiuto di Gabrielle: «Dopo la morte di Kate, non mi ha più lasciata un attimo», mi dice all’ora del tè, nella grande cucina inglese della sua piccola casa nel quinto arrondissement di Parigi.
Con Gabrielle mi mostrano il libro-album di famiglia, dove le vedo ragazze nella Swinging London, giovani madri, al mare e nella campagna inglese e, come dicono loro, «in tanti momenti gloriosi e in tanti di indicibili sofferenze». «Quello che non ha funzionato nei nostri matrimoni è stato possibile nella nostra amicizia», mi spiega Gabrielle Crawford. «A quarant’anni ballavamo ancora sui tavoli al Bains-Douche, ma passavamo anche lunghe notti a parlare dei problemi dei nostri figli. E, visto che abbiamo fatto tutti gli errori possibili, gli argomenti non ci sono mai mancati».
Il libro, di cui vedete le foto, ha una prefazione di Olivier Rolin, che Jane Birkin chiama «Tiger»: il suo compagno, che mai come in questi momenti le è stato vicino.
Come sta, signora Birkin?
Birkin: «Come una persona con una ferita che non guarirà mai: non si guarisce dalla perdita di un figlio. Kate mi manca enormemente. Ma esistono persone dolci, come Gabrielle, che rendono qualsiasi situazione, anche la peggiore, più sopportabile. Ci conosciamo da cinquant’anni e in ogni occasione, bella o brutta della mia vita, è sempre stata presente. Per questo sono qui a parlare del suo libro. E anche per rassicurare le mie figlie, Charlotte e Lou, che mi sono molto vicine e fanno di tutto perché non mi lasci andare».
Perché avete deciso di pubblicare un libro tanto intimo?
Crawford: «È un progetto che inseguiamo da decenni. Ho fotografato Jane per reportage, copertine dei suoi album: quando sto con lei ho sempre la macchina fotografica in borsa. Tutti i momenti più belli delle nostre vite erano lì, nelle foto del mio archivio, e un giorno ci siamo dette che forse valeva la pena mostrarli. Ho cominciato a fare una scelta e a spedire gli scatti per e-mail, in attachment (allegato, ndr), da qui il titolo del libro».
Vi è piaciuta la prefazione di Tiger? Come avete convinto un uomo così discreto a uscire allo scoperto?
C.: «Olivier è entrato in punta di piedi nelle nostre vite. Si è inserito in un gruppo di persone complicate, i nostri figli lo adorano. Quando gli ho chiesto di scrivere per noi, non pensavo avrebbe accettato. Ma solo lui poteva cogliere certi aspetti del carattere di Jane, come il suo amore per le creature brutte e imbranate, i bulldog, gli ippopotami, i lamantini. È vero, come scrive Tiger, che la mia amica ama i polli più che le aquile, oltre ai nudi di Lucian Freud o Francis Bacon. Solo il suo uomo e le mie foto potevano svelare questi particolari».
B.: «Olivier ha scritto cose che di solito si dicono solo dopo che le persone sono morte. Un uomo, soprattutto, non fa mai tanti complimenti alla sua compagna».
Questo libro parla di Kate, ce la fa rivedere bambina, adolescente, mostra suo figlio Roman fra le braccia di nonna Jane, appena quarantenne. È perché c’era Gabrielle che Kate è diventata fotografa?
C.: «Da bambina Kate era molto curiosa del mio mestiere, passavamo ore a guardare i miei archivi. Ha cominciato a fare la fotografa a trent’anni, e sviluppato una creatività diversa dalla mia. Io sono istintiva, ho sempre cercato di fermare un momento, una luce, mentre per lei la fotografia era un’arte che metteva in scena un personaggio, come in un film».
B.: «Kate faceva foto come fossero quadri, facendo attenzione al minimo dettaglio. A volte mi faceva stare in posa per ore, al contrario di Gabrielle che scatta in ogni luogo, in un istante. Con mia figlia ho passato tanti momenti bellissimi a fare foto, ridevamo, la prendevo in giro per la sua attenzione maniacale a rendermi bella. Ma con entrambe mi sono sempre lasciata andare: sapevo che dietro l’obiettivo c’erano gli occhi dell’amore».
Che cosa succederà, adesso, delle foto scattate da Kate?
B.: «Spero di fare una mostra a Villa Medici, a Roma, in ottobre. Vorrei vedere le star e i paesaggi che ha fotografato in quel luogo magico di cui mi ha sempre parlato. Era un suo desiderio, ci tengo a realizzarlo».
Nel libro c’è una foto pubblicata nel 1965 sul Daily Mail che vi ritrae, con Marianne Faithfull, fra le 50 ragazze più promettenti d’Inghilterra. Pensavate, allora, di poter avere una vita tanto intensa?
C: «Jane era più coraggiosa, io sono sempre stata dietro di lei, come nella foto che ci mostra in bikini a una serata di charity a Londra prima di sposarci, io con Michael Crawford e lei con John Barry».
B.: «Sono sempre stata una fifona, provocavo per darmi coraggio. Negli anni ’60 a Londra era facile perdersi, ma la nostra amicizia è sempre stata un punto di riferimento. Non a caso, Serge Gainsbourg, il mio secondo marito, chiamava la mia amica “l’angela Gabrielle”. Forse sapeva che non mi avrebbe mai lasciata sola».
Siete state amiche di tutti i vostri rispettivi mariti e compagni?
B.: «È impossibile separarci, e anche i nostri figli sono amici fra di loro».
Ora tutti parlano di Charlotte per Nymphomaniac. Che cosa pensa la sua mamma di un film così discusso?
B.: «Che ho una figlia splendida, una delle migliori attrici della sua generazione. Forse non sono obiettiva, ma la mia Charlotte è fantastica in Nymphomaniac. Ha una classe che le permette di fare quello che vuole, senza essere volgare».
C.: «Jane e le sue figlie potrebbero andare a piedi nudi, vestite di stracci alla corte d’Inghilterra ed essere considerate chic».
Non si è scandalizzata?
B.: «Per carità, non pronunci la parola che ha rovinato la mia gioventù. Mia madre mi accusava di essere scandalosa: non potrei mai infliggere a chi amo un giudizio così pesante. Rispetto Charlotte, ha saputo dare alla ninfomane un volto umano, lontanissimo dal nostro stereotipo. Nel film ho visto lo smarrimento, l’eleganza e il pudore che la 
rendono unica».