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 2014  maggio 21 Mercoledì calendario

I figli di Uber scalpitano. Rompono regole. L’applicazione per smartphone esportata dalla California in Italia (e in mezzo mondo) in questi giorni sta bloccando Milano

I figli di Uber scalpitano. Rompono regole. L’applicazione per smartphone esportata dalla California in Italia (e in mezzo mondo) in questi giorni sta bloccando Milano. Taxi in «sciopero» selvaggio. In opposizione — dicono — alla «concorrenza sleale». L’app di Uber mette in rete le berline del noleggio con conducente e replica un sistema taxi senza sottostare alle leggi del servizio pubblico. Sembra una battaglia campale. Ma al contrario, secondo qualcuno, è già una contesa di retrovia. Altra app, altre possibilità: Letzgo . Si scarica sul telefonino. Ognuno (non un tassista, non un noleggiatore, ma un cittadino con la sua auto) può offrire un passaggio. Chi ha bisogno, chiede una «corsa». L’app fa da piattaforma di contatto. E suggerisce un rimborso. Autostop virtuale, ma a pagamento. Potenzialmente, un esercito di tassisti estemporanei. Letzgo è nata a Milano. E appare (per ora) come l’estrema avanguardia nella rivoluzione della mobilità nelle metropoli. Da Londra, a Los Angeles. Fragili steccati Obiettivo: condividere, tutti i mezzi possibili. Auto pubbliche e private, biciclette, minibus. Milano è già capitale del car sharing: le Smart di Car2go sono oltre 600, 60 mila abbonati, 25 mila «noleggi» a settimana. Le Fiat 500 di Enjoy (Eni) arriveranno sopra quota 500 e presto metteranno in strada i modelli «large». Twist è l’ultimo operatore sbarcato a Milano con 80 Volkswagen Up. Se si aggiungono i due servizi pubblici (Atm, l’azienda dei trasporti, e Trenord, le ferrovie regionali), il capoluogo lombardo è la metropoli a più alto tasso di auto in condivisione in rapporto agli abitanti. Un anno fa tutto questo non esisteva. La rivoluzione ha tempi accelerati. Nei mezzi e nelle teste. Spiega Andrea Poggio, vice direttore nazionale di Legambiente: «Nel 2009 il Comune di Milano ci chiedeva di acquistare il nostro servizio di car sharing. Si pensava che il servizio dovesse essere in mano pubblica. Pochi anni dopo, lo stesso Comune ha aperto il mercato alle multinazionali». Eccola, la sfida per le amministrazioni di fronte alla tecnologia. Cambiare ruolo. «Da gestori, a regolatori e garanti dell’apertura del mercato — continua Poggio — verso soluzioni sempre più flessibili e innovative». Conclusione: «Gli steccati non possono che cadere, sempre più velocemente». E stanno cadendo. Rapida panoramica. Blablacar , altra app per autostop virtuale, usata principalmente per i viaggi a lunga percorrenza. Taxinsieme mette in contatto diversi utenti per condividere un’auto bianca. Non ha alcun impatto sul servizio, permette solo ai clienti di dividere la spesa. MyTaxi , app fondata ad Amburgo, oggi ha 45mila tassisti associati tra Germania, Stati Uniti, Austria, Polonia, Spagna; in Italia c’è Cabeo , che funziona sullo stesso, semplice concetto: gi utenti chiamano direttamente la macchina sorpassando la mediazione di centrali e radiotaxi. La svolta per chi invece usa l’auto privata sarà sul posteggio. La Xerox ha sviluppato per il centro di Los Angeles un sistema innovativo: l’app sul telefonino indica un posto libero; il cervellone aggiorna il costo della sosta in tempo reale, valutando domanda e offerta; l’utente paga in diretta, sempre con lo smartphone. In condivisione Il movente primario è semplice. Risparmiare. Ma a rivoluzionare i sistemi di mobilità nelle metropoli contemporanee è l’incrocio di tre fattori chiave: crisi economica; una spinta uguale e contraria della tecnologia legata agli smartphone; il tutto saldato dalla coscienza sempre più green /ambientalista dei cittadini. Ieri è stato assegnato all’Area C di Milano il prestigioso premio Transport Achievement Award , il riconoscimento dell’Ocse (l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ai migliori progetti di miglioramento nelle politiche dei trasporti: il ticket della giunta Pisapia che ha ridotto del 30 per cento il traffico in centro. Il terzo premio è andato all’azienda dei trasporti di Londra. Motivazione: ha messo a disposizione dei cittadini l’intero bagaglio delle proprie rilevazioni. E questo è il punto chiave. In base a quegli open data , i privati hanno sviluppato 190 applicazioni per il miglioramento della mobilità. È il crollo di un’altra frontiera. I progressi non vengono solo dall’alto, dalle decisioni della politica. Alleanza trasparenza-tecnologia. Ed ecco, ancora una volta, il ruolo istituzionale da ripensare. Spiega Marco Ponti, docente di Economia applicata al Politecnico di Milano: «Questo fervore di iniziative per la mobilità alternativa ha un nome: concorrenza. Anche per il caso Uber, è urgentissimo che cambi la normativa nell’interesse dei cittadini, magari con forme di compensazione per ammortizzare i danni ai tassisti. In tutto ciò che è trasporto pubblico, i monopoli mantengono un lungo sonno. Su questo tema chiave, siamo molto arretrati». Gianni Santucci