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 2014  maggio 11 Domenica calendario

“ECCO LA NOSTRA REPUBBLICA. IL MONDO RICONOSCERÀ SLAVIANSK”


L’uomo che ha in mano le redini del futuro di questo pezzo orientale di terra Ucraina lo fa con due dita sole alla mano sinistra, ricorda il nome di tutti a memoria, ha una croce d’argento al collo e alla vigilia del voto non è in divisa, ma con la pistola sempre infilata nelle bretelle. Per una volta nessun niet e fino al terzo piano la sua addetta stampa, Stella, che parla perfettamente italiano, dice sì, «oggi Vyaceslav ha tempo per un colloquio informale». Z., della sua scorta armata, che dal primo giorno lo accompagna fedele come un kalashnikov, in corridoio chiede per ammazzare il tempo: «Da voi in Italia può candidarsi uno che ha preso tante botte in testa come il pugile Klitschko? Avete arrestato Berlusconi perché amava troppo le donne?».
Il primo volto sempre scoperto di questa rivoluzione è dietro la sua scrivania. Ti fissano i due pozzi di ghiaccio che ha per occhi e dietro di lui, alle sue spalle, ti fissa San Giorgio, stessa effigie della bandiera della Repubblica del Donbass. Alla destra del tavolo sul pavimento ci sono altri santi scolpiti nel legno dorato che non ha ancora appeso alla parete. Scintillano come i due denti d’oro del sindaco quando ride e oggi Ponomariov non smette di farlo. «Sono stanco come uno trubacist, come uno spazzacamino». Ma oggi è un giorno bellissimo. Non solo perché torna a brillare il sole dopo giorni grigi di esplosioni a Mariupol e pioggia che le spegne. Oggi è tutto pronto per il referendum nel microcosmo dell’Est ucraino in lotta, «non solo per i russi: qui vivono in pace tanti moldavi, ucraini, russi, bielorussi».
Luminoso come la sua stanza a due finestre, Ponomariov smette di sorridere solo per rispondere ai suoi due cellulari che squillano continuamente: «Sì, qui funziona tutto, non manca il cibo, non mancano le medicine». Alcuni dei suoi parenti vivono in Italia, «il paese di Adriano Celentano» e perezhivajut, hanno paura per lui. Per la prima volta dopo tempo è tutto in ordine: centinaia di tessere stampate per il referendum, urne ancora in costruzione nella città bastione, simbolo e roccaforte della resistenza.
«Slaviansk è la prima città dove si è combattuto per il Donbass, diventerà capitale militare, Donetsk rimarrà quella amministrativa, si potranno tirare le somme se il referendum andrà a buon fine». È tutto ancora da stabilire ma «la Repubblica del Donbass, se al referendum vincerà il sì, diventerà legale, con il riconoscimento degli altri Paesi o meno, e l’unico che può rappresentare questa nuova Repubblica è Pavel Gubarev».
Il primo ad autoproclamarsi governatore lo scorso marzo era stato lui, Gubarev, subito arrestato all’inizio degli scontri e per due mesi detenuto nella capitale. Rilasciato giorni fa in seguito ad uno scambio di prigionieri con Kiev, adesso ricercato da tutta la stampa internazionale, cammina in divisa per i corridoi della sede occupata del comune trincerato, tra sorrisi e pacche sulle spalle: darà una conferenza ufficiale lunedì, «per il momento deve riprendersi dopo i mesi di carcere e botte», dice Ponomariov. Durante la celebrazione del giorno della vittoria del 9 maggio è stato invece Denis Pushilin, che si ritiene ancora attuale governatore del Donbass, a parlare in piazza Lenin e dire che durante la Seconda Mondiale «senza Russia oggi non ci sarebbe nemmeno stata Europa».
Per Ponomariov «il futuro della Repubblica del Donbass, lo deciderà il popolo, per il momento siamo con la Russia, non in Russia, per quello ci vorranno nuove votazioni, ma prima dobbiamo costruire la struttura e le basi di un nuovo governo». Poi sigla con una enorme Z e la sua firma in calce la lista dei giornalisti controllati e ammessi a seguire il referendum domani a Slaviansk. Quando avrà tempo, promette che racconterà tutta la sua storia, di come è diventato sindaco della città ribelle. Intanto dà appuntamento alle urne: andrà a votare nella vicina sede del Sbu occupata. Sullo schermo della tv nella sua anticamera c’è il suo volto in primo piano durante un’intervista del canale «Rossia» e tutto il suo staff che lo guarda. «Ragazzi io non trovo il mio propusk, (carta di identità), domani alle urne come mi riconosceranno?». Dietro la porta scoppiano a ridere.

Michela A.g. Iaccarino, La Stampa 11/5/2014