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 2014  maggio 09 Venerdì calendario

CHE COSA SPERIAMO DI TROVARE NEGLI SCATOLONI DESECRETATI


Vivendo ai tempi di Edward Snowden, l’informatico hacker trentunenne, che – candidamente e da solo – ha messo in mutande i servizi segreti americani, il nostro Matteo Renzi, che in diretta tv firma la direttiva di total disclosure sui segreti italiani conservati (forse) in archivi cartacei mangiati dalle tarme, ricorda un po’ la canzone Tu vuo’ fa’ l’americano. Ma Renzi, che pure è giovane e maneggia i tablet, non ha un centesimo dei mezzi di Snowden; per cui tutti hanno apprezzato la sua decisione, e il fatto che non abbia, per età, scheletri nell’armadio; ma è immediatamente apparso chiaro che la «implementazione» della direttiva sarà ardua. Non si tratta, infatti, di togliere un «segreto di Stato», che d’altra parte non è (quasi) mai stato posto nei misteri italiani; quanto piuttosto di acquisire i più disparati pezzi di carta, che potrebbero essere dovunque. Per dare un’idea di come vanno realmente le cose in Italia, il memoriale di Aldo Moro venne trovato dietro un termosifone di un appartamento delle Brigate Rosse, perquisito con «maniacale cura» sette anni prima; le prove di centinaia di eccidi nazifascisti del 1943-1945 erano invece nascoste in un armadio con le ante rivolte verso il muro e l’archivio del famigerato e disciolto Sid stava sul ciglio della via Appia in tanti scatoloni sfasciati, a prendersi la pioggia. Ma ammettiamo che questa volta tutti collaborino e versino le carte. A questo punto, alcuni studiosi saranno autorizzati a studiarle; ma non è per ora prevista, né finanziata, una pubblicizzazione di questi materiali, né una loro digitalizzazione. Il risultato sarà quindi paradossale: Palazzo Chigi darà un nuovo impulso a una delle più antiche e affascinanti specialità italiane, che affonda le sue radici nel millenario cattolicesimo, la «produzione di misteri attraverso la rivelazione di mezzi misteri», ovvero la continua tessitura di una spessa coltre di parole e ricatti – il Memoriale, il Presunto, il Mandante, il Potente Occulto, il Servizio Deviato, l’Indicibile, l’Omissis, l’Archiviazione, la Prescrizione, l’Avocazione, la Legittima Suspicione, l’Appunto Anonimo, il Pizzino – che rendono spesso intrigante, altre volte francamente nauseante, la nostra vita pubblica. Una coltre in cui l’Italia è avvolta e che ci ha regalato il grottesco di una «commissione parlamentare stragi» durata quindici anni senza produrre una sola verità (e in compenso pagando molti consulenti), ma anche le vette delle visioni esoteriche di Pasolini, dei romanzi di Leonardo Sciascia, dei film inchiesta di Francesco Rosi, delle lettere dal carcere delle Br del prigioniero Aldo Moro, della notevole ricostruzione libresca e televisiva del «romanzo criminale» italiano. La «direttiva Renzi» ha stabilito che i misteri sanguinosi cui si darà la precedenza sono quelli più lontani nel tempo; alcuni, probabilmente dimenticati da tutti. Se infatti forti sono ancora i ricordi di piazza Fontana, piazza della Loggia, Bologna, Ustica, Italicus, sarebbe del tutto giustificabile che una persona non sapesse collocare nel tempo e nello spazio, per esempio, «la strage di Gioia Tauro», la «strage di Peteano» o la «strage del rapido 904», forse più nota come la strage di Natale. Forse, allora, è proprio utile partire da queste tre stragi dimenticate per capire di che cosa stiamo parlando. – Peteano è una frazione del comune di Sagrado, provincia di Gorizia. Qui, nel maggio 1972, una telefonata anonima avvertì i carabinieri della presenza di una Fiat 500 sospetta. I militi sollevarono il cofano, scoppiò la bomba, che uccise tre di loro. Subito attribuito all’estrema sinistra di Lotta Continua, poi a dei «balordi», l’attentato fu dimenticato, ma venne rivendicato, dodici anni dopo, dal neofascista Vincenzo Vinciguerra. Quarantadue anni dopo, vorremmo sapere se quell’attentato faceva parte di una strategia. – Gioia Tauro è invece la mafiosissima città calabra, dove nel 1970 il treno del Sole (con duecento passeggeri, molti diretti a Lourdes) venne fatto deragliare con la manomissione dei binari. Morirono sei persone. Episodio oscurissimo, legato alla rivolta fascista di Reggio Calabria dello stesso anno. Furono i primi passi della ‘ndrangheta, 44 anni fa? – Il «rapido 904», infine, fu il treno fatto esplodere l’antivigilia di Natale del 1984 (uno dei più grandi delitti italiani: 15 morti e 167 feriti). È considerato l’inizio della strategia «terroristica» di Cosa Nostra, otto anni prima di Capaci. Già, ma chi c’era dietro? Benché diversi per epoche e geografia, questi tre episodi sanguinosi sono quanto mai simbolici per connettere fili sparsi della nostra storia. Un elemento intanto li accomuna tra loro, così come a tutti gli altri misteri: il depistaggio, la vera specificità italiana. Scoppia una bomba e viene subito indicato un falso colpevole. Le indagini seguono la falsa pista, in genere per anni. Ma come avevano fatto gli inquirenti a essere così veloci? Il sospetto è che fossero al corrente della preparazione del delitto e che il depistaggio fosse contestuale e integrante. Al centro di questa preveggenza è costante la presenza dei nostri servizi segreti, i quali, in massa, avevano peraltro la pessima abitudine di fare il doppio lavoro e di versare le quote associative alla loggia di un materassaio di Arezzo di nome Licio Gelli. Cosa si spera di trovare ora tra le notizie da «declassificare»? Francamente non si sa, ma è ragionevole pensare che possano essere indicati nomi, ipotesi investigative e soffiate rimaste riservate perché coinvolgenti persone legate, in qualche modo, allo Stato e quindi da proteggere. È possibile trovare qualcosa che valorizzi questa intuizione? Difficile, francamente. Troppo bello e, forse, troppo banale; piuttosto veleggeremo in quelle acque semichete del nostro machiavellismo più volgare e furbo. Ma, certo, furono bravi, bisogna ammetterlo, a inventarsi il ballerino Valpreda; furono astuti a eliminare il ferroviere Pinelli; furono brillanti a teleguidare l’anarchico Bertoli; furono bravi a scrivere i falsi comunicati delle Br; furono addirittura sfrontati a costruirsi il mafioso Scarantino e a giocarselo per quindici anni; anzi, se lo giocano ancora. Se si vuole fare, invece, una grande suddivisione tematica dei misteri italiani, questi si riducono essenzialmente a tre grandi filoni. Il primo è lo sbarco alleato in Sicilia del 1943 e i «patti segreti» che gli americani fecero con la mafia, per ripagarla del suo aiuto. Il secondo è stabilire se fu reale o solo fantasticato il coinvolgimento della Cia nei diversi tentativi di colpo di Stato avvenuti in Italia (piano Solo-Di Lorenzo; golpe Borghese; golpe Sogno; golpe Gelli-Sindona); è da stabilire infine se l’organizzazione segreta Gladio, che avrebbe dovuto fronteggiare, in armi, la presa del potere comunista in Italia, abbia dato una mano, diciamo così «propedeutica», in tutta la campagna di bombe che ha reso l’Italia, ai tempi della Guerra fredda, il Paese europeo più feroce e sanguinoso. Il tema è vasto, come si vede; la direttiva Renzi ha offerto lavoro per tutti. Tra le grandi trame e il piccolo appunto anonimo, che forse si troverà in qualche scatolone, in mezzo alle note spese di un agente a mezzo servizio, ci sono la nostra storia, la nostra identità, la nostra memoria.

Enrico Deaglio, il Venerdì 9/5/2014