Luigi Spinola, il Venerdì 9/5/2014, 9 maggio 2014
VITA E MIRACOLI DEL REPORTER MEGAFONO DI PUTIN
Dmitrij Kiselev è l’unico giornalista al mondo colpito da sanzioni internazionali. La sua iscrizione nella lista nera della UE – sostiene il più popolare conduttore della TV russa – «rappresenta una svolta drammatica nella storia della civiltà occidentale: i ruoli si sono invertiti, ora è la Russia a essere l’avamposto della democrazia e della libertà di parola». Sarà per questo – ha raccontato al quotidiano Izvestija – che lo chiamano «colleghi che lavorano da 25 anni alla Bbc o alla televisione francese. Non ce la fanno più, troppa censura». Se avranno il coraggio di varcare la nuova cortina di ferro, Kiselev è pronto a mandarli in onda. Il potere per farlo non gli manca. Vladimir Putin alla fine del 2013 ha affidato a Dmitrij Kiselev Rossija Segodnja (Russia Oggi), il nuovo colosso mediatico di Stato depurato da ogni cenno di dissenso. Non che l’agenzia Ria Novosti – fondata nel 1941, quando la Wehrmacht lanciò l’operazione Barbarossa – fosse un nido di sovversivi. Qualche dubbio però i giornalisti lo coltivavano, e nel dicembre del 2012 avevano dato una copertura eccessiva alle manifestazioni anti-governative. Così quando in Ucraina lo scorso autunno è scattata la protesta contro la svolta filo-russa del presidente Janukovich, Putin ha deciso di liquidare per decreto Ria Novosti annunciando al contempo la nascita di Rossija Segodnja «con l’obiettivo di promuovere all’estero le politiche di Stato e la vita pubblica della Federazione russa». Una missione concepita dalla trincea, nei giorni in cui la sfida geopolitica inscenata in piazza a Kiev e la mobilitazione internazionale contro le leggi anti-gay votate dal parlamento russo rischiavano di guastare la vetrina olimpica allestita a Sochi. Dmitrij Kiselev fa il propagandista e lo rivendica. «Non capisco perché gli occidentali usino questo termine come fosse un insulto» ha detto alle Izvestija «in greco significa disseminazione di informazioni e di idee». E la propaganda, spiega, svolge una funzione sempre più importante nella difesa della patria. «Un tempo l’attacco era preceduto dal fuoco dell’artiglieria, adesso dal flusso di notizie. I bombardieri arrivano dopo la campagna mediatica». Se è vero – come sostiene – che questa guerra in Crimea gli occidentali l’hanno persa, parte del merito va anche al modo in cui Kiselev ha mosso sul campo di battaglia «informazioni e idee» nel suo Vesti Nedeli, il programma settimanale che conduce su Rossija 1, il primo canale della Tv di Stato. La narrativa kiseleviana ha fatto il giro del mondo. A dicembre nella piazza europeista di Kiev un giornalista russo si è visto consegnare in diretta una sorta di «tapiro» locale da portare a Kiselev «per le assurdità che sta raccontando ». E la UE lo ha poi inserito, il 20 marzo, nella scarna lista delle persone giudicate responsabili di aver «attentato all’integrità territoriale e all’indipendenza dell’Ucraina». Quattro giorni prima, Kiselev aveva celebrato l’annessiodi Luigi Spinola «Ora capisco che non c’è posto per il giornalismo non schierato. Noi dobbiamo creare valori» ne della Crimea ricordando che «la Russia è l’unico Paese in grado di trasformare gli Usa in polvere radioattiva». Ora dovrà rinunciare a fare le vacanze in Europa, ma ha dimostrato sul campo di meritarsi l’incarico di «propagandista capo della Russia» (copyright The Economist). Intendiamoci, Kiselev non ha il talento del geniale Ilja Ehrenburg, che durante la Grande guerra patriottica contro l’invasore nazista chiedeva a ogni cittadino sovietico di fare la sua buona azione quotidiana perché «se non hai ucciso almeno un tedesco, hai sprecato la tua giornata». Saltella per lo studio televisivo con poca gravitas. Ma riconosce subito i nemici, che siano stranieri o parte di quella «quinta colonna di traditori assoldati dall’occidente per sovvertire la Russia» denunciata da Vladimir Putin lo scorso 18 marzo. E sa come trattarli. I nemici per principio sono tutti nazisti, così la campagna del blogger dissidente Aleksej Navalnyj è stata paragonata alla macchina propagandistica del ministro del Terzo Reich Joseph Goebbels. Ed è di stampo nazista la politica di sostegno ai ribelli siriani di Usa ed Europa. Se serve, Kiselev usa anche la tattica stalinista di rivelare l’identità semitica dell’oppositore. Quando il poeta Igor Irtenev criticando i giochi di Sochi ha rievocato le Olimpiadi di Berlino del 36, Kiselev si è premurato di informare il pubblico che il suo vero nome è Igor Moiseevich Rabinovich. Sotto Hitler, ha sottolineato, non sarebbe certo vissuto a lungo. Kiselev fa la sua parte anche nel promuovere la politica omofobica del Cremlino. A un gay – afferma – andrebbe vietato di donare sangue e seme. Se muore in un incidente di macchina «il suo cuore dovrebbe essere sepolto o bruciato, così è chiaro che non è adatto a prolungare la vita di un essere umano». Sarebbe però fuorviante presentare Kiselev come un prodotto sovietico riesumato dal putinismo. Il giovane Dmitrij fu una delle prime stelle del disgelo televisivo sovietico. Si affacciò dagli schermi all’inizio del 1990 conducendo in coppia con Tatjana Mitkova, il trasgressivo (per quei tempi) Tg di seconda serata. E quando Mosca tentò di impedire manu militari l’indipendenza dei Paesi baltici, Kiselev si rifiutò di andare in onda perché gli fu negato il diritto di mostrare l’uccisione di un manifestante lettone a Riga da parte delle truppe speciali sovietiche. Crollata l’URSS, Kiselev si è mosso bene nella Russia eltsiniana, sull’orlo della disgregazione e dopata dagli interessi degli oligarchi, ma libera, come non lo era stata mai. Erano gli anni in cui la Ntv di MediaMost, il conglomerato in mano all’oligarca Vladimir Gusinskij, sfidava l’informazione di Stato criticando apertamente la guerra cecena. Quel pluralismo mediatico però non è sopravvissuto all’avvento di Vladimir Putin. E Kiselev ne ha seguito la parabola. Già nel 2000 l’evasore Gusinskij scappa in Spagna, e la Ntv viene ripresa da Gazprom-Media, braccio mediatico del colosso statale del gas che inizia così una campagna acquisti coronata lo scorso novembre dal rilevamento di ProfMedia, fino ad allora proprietà del magnate delle miniere Vladimir Potanin. Accentramento e controllo sui media ormai sono quasi perfetti. E anche i residui, indisciplinati spazi on-line sono a rischio da quando una nuova legge ha dato al procuratore generale il potere di bloccare l’accesso ai siti che pubblicano imprecisati contenuti estremisti. Per chi sgarra, oltre al blocco, può esserci il licenziamento immediato, com’è accaduto a metà marzo al direttore e al caporedattore del sito indipendente Lenta.ru, liquidati nell’arco di 24 ore per un’intervista al leader ucraino di estrema destra Andrij Tarasenko. Non avevano recepito la lezione che Dmitrij Kiselev, giornalista per tutte le stagioni della Russia post-sovietica, a Lenta.ru ha sintetizzato così: «Ora capisco che non c’è posto per il giornalismo non schierato. Noi dobbiamo creare valori».
Luigi Spinola, il Venerdì 9/5/2014