Carlo Santi, Il Messaggero - Speciale Tennis 11/05/2014, 11 maggio 2014
LA FORMIDABILE TERRA ROMANA
Le gesta di Lucia Valerio e di Beppe Merlo, le vittorie
di Pietrangeli e Panatta e le magie di Borg e Wilander
La storia di una grande competizione è anche la sua poesia. La folgorazione del conte Alberto Bonacossa per dare vita agli Internazionali, partite che all’inizio e per cinque anni si sono giocate lontano dal Foro Italico, al Tennis Club Milano di via Arimondi. In quel 1930 che segna l’inizio degli Internazionali lo sport era ancora nell’età dei pionieri, avvolto tra il mito e la modernità. Avvio a Milano, l’inglese Bill Tilden e la spagnola Lili de Alvares i primi campioni battendo, entrambi, uno dei nostri: Uberto de Morpurgo e la grande Lucia Valerio. A Roma, nel frattempo, da un paio d’anni l’architetto Del Debbio stava lavorando al progetto del Foro Mussolini (sarà Italico dopo la caduta del fascismo), il grande parco con lo stadio dei Cipressi e gli impianti per gli altri sport compreso lo stadio della Racchetta, non tennis parole che, straniera, era allora bandita dal regime. Il gioiello sportivo della città che adesso torna a splendere bello come non mai è stato inaugurato nel 1934, con la stadio della Pallacorda, il campo oggi intitolato a Pietrangeli, pronto ad ospitare le partite.
Dopo cinque anni lontano da quella che sarà poi la sua casa - sempre tranne nel 1961: allora gli Internazionali si sono trasferiti a Torino per la festa del Centenario dell’unità d’Italia e poi negli anni Ottanta due altri allontanamenti solo con le donne, a Perugia e Taranto - Roma è diventata la capitale del grande tennis, con il prologo, definiamolo così, di un’Italia-Svizzera di Coppa Davis nel ’34 con un bel 5-0 per gli azzurri. Un’edizione, quella del 1935 giocata con la pioggia tanto che il torneo si è protratto fino al giovedì successivo e con i primi turni giocati anche al Parioli. Subito dopo, sugli Internazionali è scivolato un velo. L’Italia era isolata per questioni politiche e poi la seconda guerra mondiale ha fatto il resto. Nuova partenza dopo quasi tre lustri, nel 1950, con un cecoslovacco super, il mancino Jaroslav Drobny, giocatore anche di hockey su ghiaccio con la sua nazionale alle Olimpiadi di St.Moritz ’48, per tutti il professore che per quattro anni di fila ha conquistato tre volte il Foro finendo secondo solo nel ’52.
Tempi eroici e ricchi di fascino anche se nei successivi non mancano bellezza con campionesse e campioni straordinari. Dopo il successo, anno 1931, di Lucia Valerio, la nostra più grande interprete tra gli anni Venti e Trenta, finalmente un’altra italiana, sia pure acquisita, Annalisa Bossi, ragazza tedesca di nascita e moglie di Renato Bossi, nel ’50 è la migliore delle donne al Foro. Contro di lei l’inglese Johan Curry dovrà arrendersi. Dopo l’epopea - parliamo degli anni Trenta - di Emanuele Sartorio, Giovanni Palmieri e del grande Giorgio De Stefani, ecco il ’55, anno della finale italiana tra Fausto Gardini e Beppe Merlo, una sfida infinita, conclusa tra le polemiche con il successo di Gardini dopo i crampi che hanno colpito Merlo che, in vantaggio, ha dovuto raggiungere gli spogliatoi da perdente.
Dopo il successo romano della prima tennista di colore, Althea Gibson nel ’56, eccoci al trionfo, un anno dopo, di Nicola Pietrangeli. In finale è stato di nuovo Merlo a soccombere nella terza e ultima finale tutta italiana. Pietrangeli, il mito del nostro (e non solo) tennis ha vinto ancora, nel ’61 ma quell’anno a Torino, contro il grandissimo Rod Laver. Uno sprazzo di quasi azzurro lo abbiamo con Martin Mulligan, australiano con vecchie radici italiche tanto da giocare (e poi allenare) con la squadra di Coppa Davis, che ha vinto tre volte, ’63, ’65 e ’67.
John Newcombe, Ilie Nastase e poi l’arrivo dell’immenso Bjorn Borg sulla terra del Foro con una Roma sempre più attenta e appassionata di tennis. Borg, 18 anni appena nel ’74, si è presentato senza timori mettendo in ginocchio proprio Nastase. Sempre in quel ’74 è comparsa sulla scena romana Chris Evert, la bionda americana capace di imporsi cinque volte lasciandosi dietro Martina Navratilova che qui non ha vinto mai. Due anni dopo Borg si è presentato Adriano Panatta. Il ragazzo di Roma sostenuto da un tifo da calcio - lo stadio del tennis è invece paragonabile a una chiesa - dal primo giorno, il match contro l’australiano Warwick che ha ripreso quando ormai era buio, ha entusiasmato fino alla conquista del trofeo contro l’argentino Vilas dopo tre ore e mezza di lotta. Due anni dopo Panatta (ultima finale con un italiano in campo) dovrà arrendersi a Borg mentre il pubblico, tutto per lui, tirava monetine in campo. La storia non si ferma qui. Raffaella Reggi ha trionfato nell’85 mentre a deliziare il Foro erano Wilander e Ivan Lendl, quindi Andre Agassi, la bella Monica Seles che accompagnava i suoi colpi con i gemiti, Gabriela Sabatini per arrivare ai nostri giorni, quelli di Conchita Martinez, Rafa Nadal e Serena Williams passando per Maria Sharapova, Jim Courier e Novak Djokovic.