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 2014  maggio 10 Sabato calendario

QUEI 20 ANNI DA GARANTE TRA IL CAVALIERE E COSA NOSTRA


PALERMO In principio, 20 anni fa, fu Salvatore Cancemi, proprio quando Silvio Berlusconi annunciava la «discesa in politica». Ascoltato dal Pm di Caltanissetta, il boss pentito inserì anche l’ex senatore palermitano Marcello Dell’ Utri (allora presidente di Publitalia) in una cerchia di «colletti bianchi» con frequentazioni mafiose. Il manager fu ascoltato solo due anni dopo da un pool di Pm di Palermo, quando nel fascicolo erano intanto confluite le accuse di altri pentiti. Nel tempo ne altre ne giunsero, 35 in totale. Quella prima volta Dell’Utri parlò per 11 ore, rispose ad ogni domanda. Ricordando quella deposizione, anni dopo, Dell’Utri la definì il suo «più grande errore» e la matrice di quel «romanzo criminale» sul quale ieri la Cassazione ha posto il suo sigillo. Altri capitoli restano aperti, Dell’Utri è processato per la presunta trattativa Stato-mafia, per la fuga in Libano si batte contro l’estradizione. Nel maggio del 2002 fu invece archiviata l’indagine, avviata nel luglio del ’98, che coinvolgeva anche Berlusconi, per concorso nelle stragi di Capaci e di via D’Amelio.
IL CONTRATTO

Il processo definito in Cassazione ha individuato in Dell’Utri il «mediatore contrattuale del patto di protezione tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra». E cioè: tra gli anni Settanta e il 1992, Dell’Utri raggiunse un accordo con i boss: pagamento del pizzo contro sicurezza per il Cavaliere e la sua famiglia ed agibilità per le aziende del Gruppo. Il mafioso Mangano - hanno scritto i giudici - fu persino assunto come stalliere nella villa di Arcore.
Formalmente indagato dal 19 maggio del ’97, Dell’Utri andò a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa il 5 novembre 1997. La sentenza di condanna a 9 anni (dopo 12 giorni di camera di consiglio) fu pronunciata nel 2004 dopo 256 udienze in cui furono ascoltati 270 testi. Il 30 giugno del 2006 si ricominciò a discutere in Appello e furono necessari altri 4 anni per giungere a sentenza: condanna a 7 anni, ma al tempo stesso l’assoluzione per «le condotte successive al 1992», che pure gli erano state contestate. Nel marzo del 2012 la Cassazione annullò, con rinvio, per difetto di motivazione. L’anno seguente nuova sentenza d’ Appello, con la conferma dei 7 anni. Nella motivazione il collegio ritenne di potere colmare il vuoto argomentativo censurato dagli ermellini sulla sussistenza dei legami mafiosi riconducendo la «questione del dolo» alla luce degli elementi di «torsione e avvitamento» che si erano registrati tra le parti tra il 1983 il 1992.
La genesi del patto che ha legato Berlusconi alla mafia è l’incontro del maggio 1974 di Dell’Utri, a Milano, con i boss Cinà, Bontade e Teresi: fu raggiunto un accordo «in virtù del quale i contraenti e il mediatore hanno conseguito un risultato concreto e tangibile costituito dalla garanzia della protezione personale all’imprenditore tramite l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell’Utri, che ha consentito che l’associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere». Così Berlusconi «è rientrato sotto l’ombrello di protezione mafiosa assumendo Vittorio Mangano ad Arcore». Del resto, l’ex premier «ha sempre accordato preferenza al pagamento di somme come metodo di risoluzione preventiva dei problemi posti dalla criminalità». Dell’ Utri ha sempre respinto le accuse.