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 2014  maggio 10 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA MOBILITAZION INTERNAZIONALE PER LE 300 RAGAZZE RAPITE


REPUBBLICA.IT
WASHINGTON - Le ultime notizie dalla Nigeria dicono tanto del disagio in cui versa l’élite politica al governo, esposta all’indignazione e allo sconcerto della comunità internazionale dalla vicenda delle quasi trecento studentesse rapite da Boko Haram di cui si sono perse le tracce nella notte tra 14 e 15 aprile, ormai quasi un mese fa. Venerdì il presidente Goodluck Jonathan ha rotto il muro del silenzio intorno alle indagini interne affermando la sua convinzione che le ragazze siano ancora entro i confini del Paese e non si trovino in Camerun.
Dando l’idea di far seguire alle parole i fatti, ecco due divisioni dell’esercito nigeriano disposte a ridosso dei confini con Camerun, Chad e Niger per presidiare la zona e portare avanti le ricerche con l’intelligence. Mosse che, dopo l’assoluta mancanza di risultati delle prime settimane di indagini, suonano tanto come colpi di coda ispirati dal fiato che soffia sul collo delle autorità dopo che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e la Cina, assieme all’Interpol, hanno offerto alla Nigeria l’aiuto dei loro team di specialisti.
Mentre cresce di giorno in giorno l’adesione alla campagna mondiale #BringBackOurGirls, lanciata attraverso i social network dalla giovanissima attivista pakistana Malala Yousafzai. Campagna a cui non ha fatto mancare il proprio sostegno la first lady americana Michelle Obama.
#BringBackOurGirls - Manda la tua foto
Michelle non si è limitata a mandare il suo autoscatto. Per una volta, in occasione della festa della mamma, si è impadronita dello spazio riservato su radio e internet dal discorso settimanale del marito per parlare della vicenda delle liceali nigeriane. Un rapimento che Michelle Obama condanna come "un atto sconsiderato" commesso da un gruppo terroristico determinato a impedire a quelle ragazze di studiare, "o da uomini adulti che tentano di spezzare le loro aspirazioni".
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Michelle racconta di come, assieme al marito e come milioni di persone, sia "indignata e con il cuore spezzato" per la sorte delle studentesse scomparse nella notte dal dormitorio della scuola secondaria di Chibok, nello stato del Borno, nord-est della Nigeria. "In quelle ragazze, Barack e io vediamo le nostre figlie" Malia, 15 anni, e Sasha, 12 anni. Nei loro occhi "vediamo le loro speranze, i loro sogni, e possiamo soltanto immaginare l’angoscia che i loro genitori stanno provando ora".
Sulla sorte delle giovani nigeriane oggi sono concentrate le ricerche, le attenzioni, la fame di notizie, le speranze di un lieto fine. Ma, avverte Michelle, quanto accaduto in Nigeria non è un episodio isolato e non riguarda soltanto quel Paese o l’Africa. "E’ una storia a cui assistiamo ogni giorno, quando ragazze in tutto il mondo rischiano la vita per perseguire le proprie ambizioni".
Michelle cita ad esempio proprio Malala Yousafzai, il cui desiderio di istruzione, scuola e futuro la espose alla furia degli integralisti che la ferirono gravemente nel 2012, trasformandola loro malgrado nella voce del diritto all’istruzione delle bambine a cui viene negata. La moglie del presidente americano ricorda come siano oltre 65 milioni in tutto il mondo.
Bambine che non vanno a scuola, anche se a pagarne le conseguenze è l’intera economia di un Paese. Perché le donne che hanno una istruzione guadagnano più denaro e hanno famiglie più benestanti. "Quando cresce il numero delle ragazze che frequentano la scuola secondaria - conclude Michelle Obama -, cresce l’intera economia del loro Paese. Quindi l’istruzione è davvero la miglior possibilità di un futuro più luminoso, non solo per loro ma per le famiglie e le nazioni".
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Le ragazze nigeriane come le "nostre" figlie è anche il parallelo usato dal presidente della Camera Laura Boldrini. "Hanno l’età delle nostre figlie le oltre duecento studentesse nigeriane rapite dagli estremisti di Boko Haram" dichiara Boldrini nel video settimanale diffuso oggi, associandosi all’appello #bringbackourgirls, "bambine e ragazze sequestrate solo perché hanno la colpa di studiare. Una storia scandalosa sulla quale è importante che ci sia la più ampia condivisione e mobilitazione, ad ogni livello". "Non si può accettare - aggiunge Boldrini - che i diritti fondamentali, e il diritto allo studio è certamente uno di questi, vengano calpestati. Non lasciamole sole!".

REPUBBLICA.IT DEL 15 APRILE
MAIDUGURI (Nigeria) - Uomini armati hanno attaccato una scuola secondaria a Chibok, nello stato del Borno, nord-est della Nigeria, saccheggiando diverse abitazioni dell’area circostante, incendiando le case e portandosi via "numerose" studentesse caricandole a bordo dei loro veicoli. E’ accaduto nella serata di lunedì e ne ha dato notizia stamani Emmanuel Sam, responsabile dell’istruzione della città di Chibok.
Successivamente la polizia ha riferito di un centinaio di ragazze rapite. Secondo la Bbc, che cita alcuni genitori delle adolescenti, nelle mani del commando sono finite almeno 200 studentesse. Gli uomini armati, prosegue la tv britannica, le hanno costrette a salire su quattro camion e solo poche di loro sono riuscite a fuggire. Sospettati del rapimento gli estremisti islamici di Boko Haram, già accusati delle bombe che ieri hanno ucciso oltre 70 persone ad Abuja.
Coperti da anonimato, alcuni abitanti di Chibok hanno raccontato che le ragazze rapite questa settimana erano attese da un esame annuale che dà accesso a un diploma comune a molti paesi dell’Africa anglofona, il Waec.
Un testimone ha detto di aver visto arrivare il commando a bordo di un camion e delle moto, "si sono diretti verso la scuola". Tra l’altro, a Chibo erano stati dispiegati soldati proprio con il compito di proteggere le scuole durante lo svolgimento dell’esame, ma "gli uomini armati li hanno dominati e si sono presi le ragazze".
Boko Haram, nome la cui traduzione dalla lingua haoussa è ormai tristemente famosa (l’istruzione occidentale è peccato), ha spesso preso di mira le scuole nel corso di una insurrezione che conta ormai miglia di morti dal 2009. In un precedente attacco portato nel Borno, gli assalitori di Boko Haram avevano circondato un’altra scuola femminile, obbligando le liceali a uscire e ordinando loro di far immediatamente ritorno nei loro villaggi.

REPUBBLICA.IT DEL 6 MAGGIO
ROMA - La notte nera e la savana, ecco come si sono salvate Amina e Thabita. "Ci hanno ingannate. Ci hanno fatto credere che fossero soldati, e quando abbiamo scoperto che erano ribelli era già troppo tardi", racconta Thabita Walse al quotidiano nigeriano "Punch", rivelando come hanno fatto, in 53, a salvarsi dagli islamisti di Boko Haram che il 14 aprile le avevano catturate insieme ad altre 223 studentesse: "Erano in uniforme militare, dicevano di essere venuti a salvarci: quando finalmente abbiamo capito c’era rimasto poco da fare".

Amina e Thabita raccontano della fuga. Amina e Thabita sono libere, ma il destino delle loro compagne di scuola resta nelle mani dello sceicco Abubakar Shekau: "Ho rapito io le vostre figlie, e le venderò al mercato in nome di Allah a cui appartengono", ha detto il capo dei ribelli islamisti in un video di 57 minuti diffuso ieri. "Quando sono arrivati - racconta Amina Sawok - eravamo nei dormitori. Saranno state le 23: uno degli uomini travestiti da militari ci ha chiesto dove si trovasse la sala refettorio, e ci hanno raggruppate lì. Ma urlavano, si comportavano in modo molto rude. È lì che abbiamo capito". Erano in trappola, ostaggio del peggiore degli incubi. "Hanno iniziato a sparare - continua Amina - e hanno appiccato il fuoco alla scuola. Hanno sparato anche ai guardiani, poi ci hanno fatto salire sui mezzi che avevano lasciato fuori ad attenderci e siamo partite verso la città di Damboa. Ero in una specie di camion, ma insieme ad altre ragazze sono riuscita a fuggire saltando giù", dice Amina. "Il nostro mezzo ha avuto un guasto, sono stati costretti a fermarsi - racconta Thabita - e ne abbiamo approfittato. Siamo fuggite nell’oscurità, nascondendoci tra gli arbusti".

Il coraggio della disperazione. Ce l’hanno fatta con il cuore in gola, afferrando il coraggio della disperazione: "Ho letto molto su Boko Haram, sulle cose terribili che fanno e su come abbiano ucciso molta gente nel nostro Stato. Avevo paura - dice Amina - ero disperata. Sentivo che se fossi arrivata nel loro campo sarei stata veramente in pericolo, e che avrei fatto bene a fare qualcosa finché ero in tempo: è questo che mi ha dato il coraggio di saltare giù dal camion. Pensavo che mi sarei solo fatta qualche ferita ma nell’oscurità non sarebbero mai riusciti a trovarmi, in mezzo alla boscaglia".

Non c’erano piani di fuga. "Probabilmente abbiamo avuto tutte la stessa idea: una di noi è saltata giù dal camion - dice Amina - e le altre l’hanno seguita a ruota. Non mi sono fatta niente, sto benissimo. Ma avrei voluto che fossimo riuscite a fuggire tutte insieme, è per questo che non riesco a festeggiare: alcune mie amiche e compagne di classe sono nelle mani dei ribelli, e non posso immaginare cosa stiano sopportando. Prego solo che vengano liberate".

REPUBBLICA.IT DEL 7 MAGGIO
WASHINGTON - Il presidente americano Barack Obama conferma che gli Stati Uniti invieranno una task force di esperti in Nigeria per contribuire alla liberazione delle 276 studentesse rapite il 14 aprile nel villaggio di Chibok, nella regione nord-orientale del Paese, dai miliziani di Boko Haram. Ma non sono solo gli Stati Uniti a correre in aiuto, anche la Cina si è mobilitata e il Regno Unito è in procinto di spedire in Nigeria uomini delle forze speciali oltre a fornire il sostegno alle ricerche con la propria intelligence. Da Parigi il presidente Francois Hollande assicura che la Francia "farà di tutto" per aiutare la Nigeria contro uno dei "terrorismi più atroci".

Che intanto continua a imperversare: ancora nello stato del Borno, altre undici ragazze nigeriane sono state rapite dai ribelli islamisti, otto nel villaggio di Warabe e tre a Wala, a cinque chilometri di distanza. Il leader del gruppo qaedista, Abubakar Shekau, in un video diffuso online l’altro ieri, aveva annunciato nuove scorribande e l’intenzione di "vendere al mercato come schiave" gli ostaggi.

La polizia nigeriana ha offerto una taglia di 50 milioni di naira (pari a circa 300 mila dollari) per chi darà informazioni che portino al ritrovamento delle ragazze. Il presidente nigeriano Goodluck Jonathan e il governo sono finiti nel mirino delle critiche dell’opinione pubblica, che li accusa di non fare abbastanza. La diffusione del video del leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, nel quale minaccia di vendere le ragazze come schiave al mercato, ha provocato l’indignazione generale. "E’ una situazione rivoltante", è stato il commento di Obama.
Nigeria, Obama: "Annientare Boko Haram". Attacco al confine, 300 morti e nuovi sequestri

Michelle Obama partecipa in prima persona alla campagna twitter lanciata da Malala
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La violenza non si ferma. Un nuovo attacco degli estremisti islamici di Boko Haram al confine tra la Nigeria e il Camerun ha fatto "centinaia di morti", secondo quanto riferito da un senatore e da alcuni testimoni. Il quotidiano nigeriano ’The Punch’ ha scritto che l’attacco è avvenuto nella notte a Gamboru Ngala, sempre nello Stato di Borno, e che sono state uccise 300 persone. Gli islamisti hanno fatto irruzione nella città a bordo di alcuni blindati. Il quotidiano ’Daily Trust’ precisa che la notte tra lunedì e martedì uomini armati hanno attaccato il villaggio uccidendo gli abitanti in modo arbitrario. "Le persone stanno contando i corpi. Per il momento sono 200, ma ce ne sono molti di più", ha affermato Abdulrahman Terab, politico locale. Tra le vittime anche 16 poliziotti. "Gli aggressori - ha raccontato un testimone - hanno distrutto il maggiore mercato del villaggio e bruciato i prodotti che dovevano essere esportati".
Nigeria, Malala lancia la campagna. L’adesione di Michelle Obama
L’insurrezione di Boko Haram, scoppiata cinque anni fa, ha provocato migliaia di morti soprattutto nel nordest del paese: per rappresaglia contro la popolazione, che ha fatto ricorso a corpi di sicurezza privata per proteggere le proprie abitazioni, le milizie hanno iniziato ad attaccare interi villaggi, provocando centinaia di vittime civili.
Obama: "Nigeria ha accettato il nostro aiuto". Intervistato dalla Nbc, il presidente americano ha assicurato che gli Usa faranno di tutto per aiutare le autorità nigeriane a localizzare le studentesse e si è detto felice che la Nigeeria abbia accettato l’aiuto. Sono 276 le ragazze rapite nel liceo di Chibok nelle mani degli islamisti, in 53 sono riuscite a fuggire. "E’ terribile - ha commentato Obama - come padre di due figlie, non riesco neanche a immaginare cosa stiano passando i loro genitori".
Liberare le liceali è la priorità, ma Obama ha anche spiegato come ormai Boko Haram sia un nodo da sciogliere. "Dobbiamo affrontare il problema di simili organizzazioni che portano il caos nella vita quotidiana della gente". Obama ha spiegato che da tempo gli Usa provano a collaborare con la Nigeria per contenere Boko Haram, "una delle peggiori organizzazioni terroristiche a carattere regionale. Proprio il rapimento delle studentesse e la manifesta e umiliante incapacità delle forze locali di localizzarle "può favorire finalmente la mobilitazione internazionale per fare qualcosa contro l’organizzazione che ha perpetrato un crimine tanto orribile".
Della composizione della task force americana ha parlato diffusamente il portavoce della Casa Bianca Jay Carney. Il team includerà personale dell’esercito e della polizia specializzato in intelligence, investigazioni, negoziazione in caso di ostaggi, condivisione delle informazioni, assistenza alle vittime di rapimento. Non saranno invece inviate in Nigeria le forze militari. Il segretario di Stato John Kerry ha invece raccontato che Washington è rimasta in contatto con la Nigeria sin dal primo giorno del rapimento delle studentesse, ma che le sue ripetute offerte di aiuto sono state ignorate fino a ieri, quando lo stesso Kerry ha avuto un colloquio telefonico con il presidente nigeriano Goodluck Jonathan in un clima internazionale di grande preoccupazione per il destino delle studentesse.
Teste di cuoio dalla Gran Bretagna. Uomini delle forze speciali dell’esercito britannico forniranno il loro sostegno alla Nigeria per ritrovare le studentesse rapite da Boko Haram. La decisione è stata assunta dal Cobra, il comitato per le emergenze del governo britannico, nel corso di una riunione notturna. I dettagli dell’assistenza di Londra alle autorità nigeriane non sono ancora stati resi noti, in attesa che venga formalizzata una richiesta ufficiale di aiuto dal presidente nigeriano Goodluck Jonathan.
Hollande: "Anche la Francia farà di tutto". Il presidente francese, Francoise Hollande, intervenendo in Consiglio dei ministri a Parigi, ha detto che la Francia "farà di tutto per aiutare la Nigeria" a "ritrovare" le liceali rapite dagli integralisti islamici. E’ quanto ha riferito il portavoce del governo francese, Stephane Le Foll. Il ministro degli Esteri Laurent Fabius ha poi precisato davanti all’Assemblea nazionale che "una squadra specializzata con tutti i nostri mezzi nella regione est è a disposizione della Nigeria".
Rapite altre undici studentesse. Quasi a sfidare la comunità internazionale, i miliziani di Boko Haram hanno sequestrato altre undici ragazze, sempre nello Stato di Borno. A renderlo noto è stato un portavoce delle autorità di Gwoza, cittadina situata a una decina di chilometri dal confine con il Camerun. Nella notte di lunedì, dopo le otto adolescenti rapite nel vicino villaggio di Warabe e di cui già si era avuta notizia, il commando ne ha prelevate altre tre a Wala, villaggio distante 5 chilometri. La zona è la stessa in cui il 14 aprile i guerriglieri hanno rapito 276 studentesse nel liceo di Chibok. La nuova incursione nei due villaggi sembra abbia avuto come unico obiettivo proprio la cattura di altre ragazze. Stando al racconto di numerosi testimoni oculari, contrariamente al solito gli aggressori non hanno neppure provato a colpire gli abitanti, dunque non ci sono stati morti né feriti.


BARBARA STEFANELLI SUL CORRIERE DELLA SERA DELL’8 MAGGIO
lessing Abana, Deborah Abari, Deborah Abbas, Hadwa Abdu... Sono i primi nomi di una lista che corre fino a quasi 300: sono i nomi delle ragazze rapite, tra il 14 e il 15 aprile, nel dormitorio di una scuola in Nigeria. Rapite da uomini armati di kalashnikov, torce e una fede fanatica. Le hanno caricate sui camion in mezzo al bestiame razziato nei campi e portate nella foresta di Sambisa, dove sono ancora prigioniere. Il sogno di un diploma per diventare un giorno avvocate, insegnanti, chirurghe fa dunque paura ai terroristi. Nel video in cui rivendica il sequestro, il leader del gruppo Boko Haram dice ridendo: le ragazze sono fatte per diventare mogli ? a 12 anni, anche a 9 ? non per studiare, adesso troveranno un marito o saranno vendute al mercato. Boko Haram, una sigla che significa «l?educazione occidentale è peccato», combatte e minaccia la popolazione da anni con l?obiettivo di creare nel Nord un?area integralista islamica. Ma questa non è una storia di musulmani contro cristiani. L?elenco di quei nomi, pubblicato dalla Christian Association of Nigeria, dimostra che le ragazze sono cristiane e musulmane. È una storia contro l?educazione, soprattutto contro l?educazione delle bambine. Una storia per il potere, che passa dal controllo delle donne. Come è successo in Pakistan con Malala, colpita da una raffica in faccia; come succede in Afghanistan dove in alcune zone le studentesse vengono punite con l?acido. In Nigeria i rapimenti non sono cominciati e non sono finiti il 14 aprile. A lungo il presidente Goodluck Jonathan ha cercato di minimizzare, ha sospettato le famiglie di tramare contro il futuro di una nazione che ? prima economia continentale ? ospita oggi orgogliosa il World Economic Forum on Africa. Ma, incredibilmente, qualcosa di intangibile ha rotto il silenzio del colosso: un hashtag, #BringBackOurGirls , ha cominciato a contagiare la Rete. Ora, se fate una ricerca, troverete le foto delle donne in rosso che manifestano da Abuja a Manhattan, la denuncia di Wole Soyinka, le parole di Hillary Clinton, Sean Penn, Desmond Tutu. Troverete petizioni da firmare, scritte che colorano i muri delle città e messaggi tracciati su una scatola di fiammiferi. «Riportate a casa le nostre ragazze». Un?onda virtuale che ha mosso i governi: prima gli Stati Uniti, poi la Gran Bretagna e la Francia. Forse la foresta di Sambisa non resterà inaccessibile a lungo, come è stata per quei padri che ? inseguendo i camion, a mani nude ? hanno cercato di riprendersi le figlie e sono stati respinti dagli Ak-47 degli integralisti.A noi resta una domanda alla quale vorremmo rispondere non solo con le squadre speciali e l?intelligence . Che possiamo fare perché qualcosa cambi? Una risposta l?hanno data Nicholas Kristof sul New York Times e la giovane Malala. Vogliono fermare l?istruzione per le ragazze? E noi mandiamole a scuola: tutte, a lungo, libere, sempre di più, anche in Occidente. Perché un libro nelle mani di una bambina che sa quello che vuole è più potente di cento droni contro il terrorismo.©

CORRIERE DELLA SERA DELL’8 MAGGIO
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Il dramma? Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia annunciano l?invio di truppe speciali per rintracciare le ragazze
Le studentesse rapite in Nigeria I Paesi occidentali verso l?intervento
Nuova strage dei fanatici di Boko Haram: 300 uccisi in un villaggio La ricompensa La polizia offre 300 mila dollari in cambio di informazioni sulle ragazze

Teste di cuoio britanniche, soldati e negoziatori americani, squadre specializzate francesi: dopo le condanne e lo sdegno, arrivano le prime concrete offerte di aiuto alla Nigeria per ritrovare le oltre 200 studentesse prelevate da scuola dai Boko Haram, gli estremisti islamici che hanno fatto della lotta all?istruzione, soprattutto femminile, la loro missione. Sono stupite e soddisfatte le donne nigeriane che con la loro coraggiosa mobilitazione su Twitter e nelle piazze sono riuscite a portare il dramma del Paese all?attenzione del mondo, denunciando la latitanza/inerzia delle istituzioni locali («non ci chiediamo: le troveranno? Piuttosto: le stanno cercando?») e invocando l?aiuto della comunità internazionale. Sotto l?hashtag #BringBackourGirls si sono ritrovate sconosciute casalinghe nigeriane e Hillary Clinton, hanno fatto sentire la propria voce Shirin Ebadi («Chi si oppone all?istruzione nega l?Islam»), Malala e Angelina Jolie («incredibile crudeltà»). Le proteste si sono diffuse dalla capitale Abuja a Lagos, da Londra a Washington. Così il dramma delle ragazze rapite ha reso evidente che i Boko Haram non sono un problema soltanto nigeriano: per via del loro raggio d?azione esteso ai Paesi confinanti e per i probabili legami con altri gruppi jihadisti africani come gli Shebab somali e Al Qaeda nel Maghreb. Gli Stati Uniti sono stati i primi a offrire il proprio sostegno. Lunedì hanno annunciato l?invio di un pool di esperti, anche militari (una decina), che si occuperanno di coordinare la comunicazione, la logistica, la raccolta di informazioni (operazioni di cui c?è un gran bisogno vista la confusione nel Paese). L?appello lanciato dal presidente Obama è stato raccolto ieri dalla Gran Bretagna che si è detta pronta a fornire un sostegno di intelligence e uomini delle forze speciali. Per la Francia, il ministro degli Esteri Fabius ha prospettato l?invio di una «squadra specializzata dotata di tutti i mezzi a nostra disposizione». Un?offerta di aiuto è arrivata anche dal premier cinese Li Keqiang ieri ad Abuja per il World Economic Forum africano, un palcoscenico che avrebbe dovuto dare lustro alla prima economia africana per attirare investitori e che invece risulta offuscato dall?emergenza terrorismo: «La cooperazione cinese potrebbe estendersi alla lotta al terrorismo», ha annunciato. Ma ritrovare le ragazze resta un compito arduo anche con i rinforzi in arrivo. Perché sono passate ormai tre settimane da quando nello stato nordorientale del Borno le studentesse, la notte prima degli esami, sono state indotte con l?inganno dai terroristi spacciatisi per soldati a uscire da scuola e a salire a bordo di camion spariti nella foresta Sambisa, al confine con il Camerun. Si è perso tempo prezioso: soltanto ieri le autorità hanno annunciato una ricompensa di 300 mila dollari per chi fornisce informazioni. Ma ormai, come fa notare più di un osservatore locale, è probabile che i terroristi per non dare all?occhio si siano divisi in piccoli gruppi, ognuno con poche ragazze al seguito, sparsi nei 60 mila chilometri quadrati della boscaglia. I Boko Haram useranno probabilmente le loro «prede» come scudi umani, così da scongiurare bombardamenti. In attesa di venderle come schiave o mogli in Ciad e Camerun, come hanno minacciano nel video choc diffuso lunedì scorso. La tratta delle donne nel Borno, intanto, non si ferma: lunedì notte altre 11 ragazze sono state rapite dai jihadisti. E ieri si è appreso il bilancio delle vittime dell?attacco sferrato sempre nel Borno al villaggio di Gamboru Ngal, devastato lunedì con un rastrellamento casa per casa: 300 morti. Una strage. L?ennesima.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Muglia Alessandra

Pagina 15
(08 maggio 2014) - Corriere della Sera

ALTRO PEZZO DELL’8 MAGGIO
ROMA ? Il governo di Roma è in contatto con le autorità della Nigeria, per capire se e in quali modi l?Italia possa dare una mano negli sforzi per la liberazione delle centinaia di studentesse rapite dai terroristi islamici di Boko Haram.E sul terreno in Nigeria, secondo quanto riporta l?Adnkronos , si starebbe muovendo anche la nostra intelligence che avrebbe avuto ieri contatti «positivi e operativi» con il direttore dello State Security Service (SSS, i servizi segreti nigeriani). Sempre secondo notizie raccolte tra la cooperazione internazionale, i nostri servizi avrebbero messo a disposizione uomini, tecnici e mezzi all?avanguardia in soccorso delle donne rapite.La titolare della Farnesina, Federica Mogherini, è stata comunque fra i primi ministri europei a chiedere che il tema fosse inserito all?ordine del giorno del Consiglio Affari Esteri della Ue, in programma lunedì prossimo a Bruxelles, per discutere ed organizzare «una forte iniziativa politica coordinata a sostegno delle azioni volte a liberare le ragazze».Un portavoce di Catherine Ashton, l?Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell?Ue, ha confermato che il tema verrà discusso nella riunione dell?11 maggio, anche se non è formalmente in agenda.Nel ribadire la condanna del rapimento delle studentesse e le continue violenze nel Paese, il portavoce ha definito inaccettabili le dichiarazioni del boss di Boko Haram, che ha annunciato di voler vendere le ragazze come schiave: «Chiediamo che tutti i responsabili di questi atti criminali siano consegnati alla giustizia». Secondo Fabrizio Cicchitto, presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, occorre riflettere sull?eventuale invio di un team italiano, che in ogni caso non è da escludere. «La nostra presenza nei vari Paesi africani ? dice l?esponente del Nuovo Centro Destra ? non è omogenea. E in Nigeria mi pare che sia presente soltanto l?Eni. Quindi nel dare la nostra disponibilità bisogna valutare quali forze disponiamo nelle immediate vicinanze. Non deve trattarsi di un?azione propagandistica. Se diamo il nostro aiuto, dev?essere efficace e fornire un vero sostegno alle azioni del governo di Abuja».In una dichiarazione rilasciata lunedì, il ministro Mogherini ha detto che a colpire di più nei rapimenti nigeriani è «la volontà di impedire un futuro diverso» per il Paese. Ancora una volta, così il responsabile degli Esteri, «sono state prese di mira giovani donne che attraverso lo studio stavano tentando di cambiare il proprio destino e insieme quello della Nigeria».© RIPRODUZIONE RISERVATA

Valentino Paolo

Pagina 15
(08 maggio 2014) - Corriere della Sera


PEZZO CDS DEL 6 MAGGIO

«Abbiamo preso le vostre figlie, sono schiave, le venderemo al mercato in nome di Allah». Il leader del gruppo terroristico Boko Haram in un video si rivolge direttamente alle madri delle oltre 200 studentesse nigeriane prelevate il 14 aprile da una scuola prima dell?ultimo esame, nella regione del Borno. Madri straziate da tre settimane di penosa attesa, di inutili ricerche nella foresta, e di proteste sotto i palazzi del potere. I loro sforzi e il loro dolore non hanno portato a far luce sul dramma. Neanche la notizia diffusa dalle autorità locali su un loro trasferimento in Ciad o Camerun, dove potrebbero essere state vendute per l?equivalente di 12 dollari ciascuna, aveva trovato conferme. Ora le parole del capo dei ribelli tolgono ogni dubbio. Nel filmato, lungo 53 minuti e ottenuto ieri dall?agenzia di stampa Afp, è arrivata la rivendicazione del clamoroso gesto, il primo di questo tipo nella sanguinosa «carriera» del gruppo estremista che dal 2009 semina il terrore nel Nord della Nigeria (è di ieri l?assalto a un?altra cittadina del Borno, Gamboru Ngala, dove gli abitanti sono stati costretti a fuggire nel vicino Camerun). «Allah dice che devo venderle, mi comanda di venderle, ed io venderò le donne», scandisce il capo dei ribelli islamici, Abubakar Shekau, secondo la traduzione dalla lingua locale hausa fornita dalla Cnn. In divisa da combattimento davanti a due pick up dotati di mitragliatrici e affiancato da sei soldati armati e a volto coperto, il capo di Boko Haram lancia accuse contro gli sforzi di coesistenza tra cristiani (maggioritari nel Sud della Nigeria) e musulmani (prevalenti al Nord) e contro l?educazione occidentale. Shekau dice di tenere «le ragazze come schiave» perché «devono lasciare la scuola ed essere date in sposa».Alcuni madri delle studentesse rapite, insieme a una delegazione di attiviste della campagna lanciata su Twitter #BringBackOurGirls (tra le adesioni, quella di Hillary Clinton), hanno incontrato domenica la moglie del presidente Jonathan ad Abuja. Ma al termine del colloquio, la leader del movimento, Naomi Mutah, sarebbe stata fermata dalla polizia. A detta delle sue compagne, su ordine della First Lady. E il legale della donna precisa: l?hanno fermata per le proteste che sta promuovendo ad Abuja a meno di 200 metri dall?Hotel Hilton che ospiterà da domani fino a venerdì il World Economic Forum africano. Abuja come Davos: un palcoscenico internazionale che il governo nigeriano, a capo della prima economia del continente, non vuole risulti offuscato dalle tragedie «interne». Che tali ormai non sono più, come rivendicano le donne scese in piazza, e come ha sostenuto lo stesso presidente nigeriano domenica nel suo primo discorso pubblico sul rapimento, dove ha invocato il sostegno Usa (Washington avrebbe offerto ieri di inviare agenti del Fbi per contribuire alle ricerche). Anche l?Italia vuole fare la sua parte per favorire la mobilitazione internazionale. Ieri il ministro degli Esteri Federica Mogherini ha dichiarato che chiederà alla Ue «una forte iniziativa politica in sostegno alla liberazione delle ragazze». Spiega al Corriere il commentatore nigeriano Tolu Ogunlesi: «Difficile capire quale possa essere la contropartita per i terroristi, non sono semplici sequestratori che si accontentano di soldi».© RIPRODUZIONE RISERVATA

Muglia Alessandra

Pagina 15 [Esplora il significato del termine: «Abbiamo preso le vostre figlie, sono schiave, le venderemo al mercato in nome di Allah». Il leader del gruppo terroristico Boko Haram in un video si rivolge direttamente alle madri delle oltre 200 studentesse nigeriane prelevate il 14 aprile da una scuola prima dell?ultimo esame, nella regione del Borno. Madri straziate da tre settimane di penosa attesa, di inutili ricerche nella foresta, e di proteste sotto i palazzi del potere. I loro sforzi e il loro dolore non hanno portato a far luce sul dramma. Neanche la notizia diffusa dalle autorità locali su un loro trasferimento in Ciad o Camerun, dove potrebbero essere state vendute per l?equivalente di 12 dollari ciascuna, aveva trovato conferme. Ora le parole del capo dei ribelli tolgono ogni dubbio. Nel filmato, lungo 53 minuti e ottenuto ieri dall?agenzia di stampa Afp, è arrivata la rivendicazione del clamoroso gesto, il primo di questo tipo nella sanguinosa «carriera» del gruppo estremista che dal 2009 semina il terrore nel Nord della Nigeria (è di ieri l?assalto a un?altra cittadina del Borno, Gamboru Ngala, dove gli abitanti sono stati costretti a fuggire nel vicino Camerun). «Allah dice che devo venderle, mi comanda di venderle, ed io venderò le donne», scandisce il capo dei ribelli islamici, Abubakar Shekau, secondo la traduzione dalla lingua locale hausa fornita dalla Cnn. In divisa da combattimento davanti a due pick up dotati di mitragliatrici e affiancato da sei soldati armati e a volto coperto, il capo di Boko Haram lancia accuse contro gli sforzi di coesistenza tra cristiani (maggioritari nel Sud della Nigeria) e musulmani (prevalenti al Nord) e contro l?educazione occidentale. Shekau dice di tenere «le ragazze come schiave» perché «devono lasciare la scuola ed essere date in sposa».Alcuni madri delle studentesse rapite, insieme a una delegazione di attiviste della campagna lanciata su Twitter #BringBackOurGirls (tra le adesioni, quella di Hillary Clinton), hanno incontrato domenica la moglie del presidente Jonathan ad Abuja. Ma al termine del colloquio, la leader del movimento, Naomi Mutah, sarebbe stata fermata dalla polizia. A detta delle sue compagne, su ordine della First Lady. E il legale della donna precisa: l?hanno fermata per le proteste che sta promuovendo ad Abuja a meno di 200 metri dall?Hotel Hilton che ospiterà da domani fino a venerdì il World Economic Forum africano. Abuja come Davos: un palcoscenico internazionale che il governo nigeriano, a capo della prima economia del continente, non vuole risulti offuscato dalle tragedie «interne». Che tali ormai non sono più, come rivendicano le donne scese in piazza, e come ha sostenuto lo stesso presidente nigeriano domenica nel suo primo discorso pubblico sul rapimento, dove ha invocato il sostegno Usa (Washington avrebbe offerto ieri di inviare agenti del Fbi per contribuire alle ricerche). Anche l?Italia vuole fare la sua parte per favorire la mobilitazione internazionale. Ieri il ministro degli Esteri Federica Mogherini ha dichiarato che chiederà alla Ue «una forte iniziativa politica in sostegno alla liberazione delle ragazze». Spiega al Corriere il commentatore nigeriano Tolu Ogunlesi: «Difficile capire quale possa essere la contropartita per i terroristi, non sono semplici sequestratori che si accontentano di soldi».© RIPRODUZIONE RISERVATA Muglia Alessandra Pagina 15]
(06 maggio 2014) - Corriere della Sera


PEZZO SY CDS DEL 23 APRILE
Duecento familiari armati di archi, frecce e disperazione hanno vagato per ore nella foresta di Sambisa. «Abbiamo camminato per 25 chilometri senza vedere il cielo, un pastore ci ha detto che eravamo sulla strada giusta ma che era pericoloso andare avanti. La foresta è troppo grande, troppo fitta: alla fine siamo tornati indietro. E i soldati, i soldati dov?erano?». Così un padre, Mallam Amos Chiroma, ha parlato al governatore Kashim Shettima che l?altro giorno è andato a Chibok, cittadina a maggioranza cristiana nello Stato nigeriano di Borno, per vedere quel che resta della scuola femminile razziata dagli estremisti islamici di Boko Haram. A una settimana dal sequestro di massa forse più incredibile della storia, le autorità litigano ancora sul numero degli ostaggi. I genitori hanno stilato la lista delle studentesse scomparse dal collegio la notte degli esami: ne mancano all?appello 234 dai 15 ai 18 anni, mentre 45 sono riuscite a fuggire. Spezzoni di racconti sulla stampa nigeriana: alcune si sono salvate saltando dai camion. Altre hanno chiesto di andare in bagno e si sono dileguate nella boscaglia. Alcune, una volta raggiunto il campo di prigionia, hanno ricevuto l?ordine di raccogliere fogliame per pulire i piatti e ne hanno approfittato per tentare la fuga. Sono così tante che i rapitori si possono permettere di perderne qualcuna o di giocare con la loro vita. Liatu, 23 anni, cristiana, ha raccontato alla Bbc di come è scappata un paio di mesi fa da un campo nella foresta. Un altro sequestro, lo stesso copione: «Gli uomini di Boko Haram hanno sgozzato 50 prigionieri. Mi hanno risparmiato. Un miliziano ha detto che gli piacevo e che dovevo convertirmi all?Islam per sposarlo. Il giorno dopo un altro ha detto a me e ad altre sei compagne che si muore una volta sola, e che se volevamo potevamo provare a scappare. Ci ha indicato una vecchia Volkswagen. Ci siamo buttate dentro, loro ci hanno inseguito in moto sparandoci addosso. Dopo una corsa pazzesca siamo arrivate sullo stradone, in salvo: solo allora ho capito che le 3 ragazze sui sedili posteriori erano tutte morte».Anche le studentesse scampate al sequestro di Chibok «ce l?hanno fatta da sole, nessuna è stata liberata dall?esercito» va ripetendo la preside Asabe Kwambura, che accusa i militari di aver mentito. La settimana scorsa nella capitale Abuja un generale portavoce dell?esercito aveva dichiarato chiusa la vicenda: «Quasi tutte libere, con i rapitori ne restano solo otto». La rabbia dei genitori: «Mentono sulla pelle delle nostre figlie, non c?è insulto peggiore». Nei giorni seguenti la Difesa ha dovuto rettificare. Il governatore Shettima ha protestato per la poca sicurezza nelle regioni nord-orientali, per quelle ragazze destinate a diventare «schiave sessuali, cuoche e sguattere dei ragazzi di Boko Haram». Il presidente della Nigeria Goodluck Jonathan ha minacciato il governatore: «E se ritirassimo tutti i soldati?». Il capo di Boko Haram, Abubakar Shekau, in un nuovo video ha deriso il presidente Buonafortuna: «Troppo piccolo per noi».Ci vuole un secondo con Google Earth per planare su Chibok (o Chibuk). Un posto fuori dal mondo: Borno è uno dei 3 Stati dove da un anno c?è lo stato d?emergenza. Comunicazioni cellulari bloccate, collegamenti ridotti, strade insicure. Nella foresta di Sambisa e tra le montagne lungo il confine ci sono le roccaforti dei ribelli. In quella zona è probabile che siano tenuti prigionieri anche i missionari italiani rapiti nel vicino Camerun alcune settimane fa. A fine marzo in un?operazione delle forze speciali sostenute dai caccia dell?aviazione sarebbero morti 2mila miliziani. Ma chi ci crede alle notizie ufficiali? Di certo Boko Haram ha attaccato indisturbato Chibok con diversi veicoli e una quarantina di moto, dalle 9 di sera alle 3 del mattino. Kalashnikov e divise militari. Nella scuola pubblica (makarantun boko, in lingua hausa) le studentesse erano tornate per gli esami di fine anno. I miliziani di Boko Haram («vietata l?educazione occidentale») hanno svegliato le ragazze nei dormitori fingendosi soldati: «La scuola è sotto attacco, vi portiamo in salvo». E invece sono cadute in trappola. Secondo l?Onu la Nigeria è in coda alle classifiche mondiali di scolarità: 10 milioni di minori non vanno a scuola come dovrebbero. Quanti tra quei genitori armati di archi e frecce nella foresta di Sambisa avranno rimpianto di non avere figlie analfabete . © RIPRODUZIONE RISERVATA

Farina Michele

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(23 aprile 2014) - Corriere della Sera