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 2014  maggio 10 Sabato calendario

“CON ME LEHMAN NON SAREBBE FALLITA”. LA VERSIONE DI GEITHNER SULLA CRISI


La versione di Timothy Geithner è che lui non voleva il posto di segretario al Tesoro, ma pensa di averlo usato nella maniera migliore possibile per salvare l’economia americana dalla catastrofe. Il suo predecessore, Paulson, aveva invece favorito la crisi, segnalando che non avrebbe salvato Lehman Brothers quando ormai il crollo era ad un passo. Il problema delle banche troppo grandi per fallire intanto non è stato risolto, e lui avrebbe voluto che l’avesse affrontato Hillary Clinton, che aveva suggerito più volte al presidente Obama come miglior candidata a prendere il suo posto.
Questo, e molto altro, è contenuto in «Stress Test», il libro di memorie che l’ex segretario al Tesoro pubblicherà lunedì prossimo. Le anticipazioni sono uscite sul «New York Times», che ha parlato con Geithner. All’inizio della crisi lui era presidente della Federal Reserve di New York, e quindi si trovò al centro della tempesta, incaricato di placarla insieme a Paulson e al capo della Fed Bernanke. Ne venne fuori il «Troubled Asset Relief Program», cioè il programma che da una parte salvò il sistema bancario usando 700 miliardi di dollari dei contribuenti, e dall’altra generò montagne di risentimento nell’opinione pubblica, che invece avrebbe voluto punire i grandi capi della finanza accusati di essere responsabili del collasso. Geithner scrive che un primo disaccordo lo ebbe proprio con Paulson, segretario al Tesoro di Bush, e Bernanke, perché ebbe l’impressione che volessero lasciar fallire Lehman per ragioni ideologiche. Nessuno ha la controprova, ma forse la crisi sarebbe stata meno intensa, se quella società fosse stata salvata. Una volta scoppiata, però, fu così travolgente che Geithner si era ritrovato a lavorare anche all’ipotesi di nazionalizzare il colosso Citibank. Mentre cercava di evitare la catastrofe, aveva chiesto consiglio a Bill Clinton su come affrontare il risentimento popolare, ma aveva ricevuto una risposta scoraggiante: «Potresti portare il capo di Goldman Sachs Lloyd Blankfein in un vicolo e tagliargli la gola, ma questo li soddisferebbe per circa un paio di giorni. Poi chiederebbero altro sangue».
Geithner resta convinto che avere salvato le banche sia stata la strategia giusta, anche se adesso ammette che sarebbe stato giusto aiutare di più le persone rimaste senza casa per il comportamento irresponsabile dei finanziatori. Peraltro, il problema delle banche troppo grandi per fallire «non è ancora stato risolto».
L’ex segretario del Tesoro degli Stati Uniti rivela anche che la famiglia era contraria alla sua nomina, e fino dal 2010 lui aveva chiesto ad Obama di lasciarlo andare, proponendo Hillary Clinton come successore. La persona giusta per calmare le acque. Il presidente però lo aveva costretto a restare, e Hillary aveva altri progetti.

Paolo Mastrolilli, La Stampa 10/5/2014