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 2014  maggio 10 Sabato calendario

IL TENNIS DI MAMMA E PAPA’

“Il nuovo parto gemellare di Federer”. Alla fine, lo han­no descritto così, un po’ ta­gliando corto e un po’ (un bel po’) pasticciando su quali siano i compiti pre­disposti da madre natura. Forse per comodità di titolazione, chissà… O perché, di questi tempi, persino la comunica­zione tende a fare un po’ di confusione. Fatto sta che papà Federer il 6 maggio scorso ha pre­sentato al pubblico i suoi Leo e Lenny, neona­ti già famosi quanto le sorelline Myla Rose e Charlene Riva, nate quattro anni fa. Estenua­to dal lungo travaglio, il mondo del tennis ha festeggiato l’evento, e ha subito voltato pa­gina, disponendosi disciplinatamente in attesa del prossimo. Il piccolo Djokovic.
Per stare accanto alla moglie in questo splendido e impegnativo momento, Federer ha deciso di ritirarsi dal Masters 1000 di Ma­drid. E per la medesima ragione, potreb­be non presentarsi agli Internazionali di Roma, al via oggi con le qualificazio­ni, dove dovrebbe debuttare lunedì.
Resta il fatto che il campione “in at­tesa”, a quanto pare, è il nuovo sta­tus degli sportivi celebri. E più l’at­tesa è condivisa, annunciata, par­tecipata, più il campione allog­gerà nei piani alti dello star sy­stem. Se sia un privilegio, è tut­to da vedere, ma nella società dei cinguettii a centoquaranta caratteri, dove si sa tutto di tut­ti nella misura in cui tutti riten­gono di aver qualcosa da far sa­pere, l’evento privato è un valore cui tengono in pochi, per lo più con­finati in una riserva di stravaganti de­modé.
Di lieto evento in lieto evento, è un fat­to, il tennis si sta trasformando - alla vigi­lia del trittico forte della stagione, Roma, Parigi, Wimbledon - in una schiamazzante pouponnière. Al punto che i più attenti già ipotizzano, per i prossimi tempi, un sostan­zioso aumento di assunzioni fra le balie. E da parte dei tornei, l’organizzazione di parchi giochi a tema riservati ai figli dei tennisti. Laddove manchino, perché qualcuno, avveduto, li ha già predisposti negli anni passati.
Succede, di fatto, che con i cambiamen­ti imposti dal divenire dei tennisti simili ad aziende, alcuni paragonabili a multi­nazionali e come tali padroni del mercato, al­tri più vicini a società per azioni, la maggior parte invece assimilabili a ditte di tipo familiare, ognuna di esse con pochi ma indispensabili dipendenti a carico (vuoi il fisioterapista, vuoi il preparatore atletico), oltre al coach che in­terpreta il ruolo di direttore generale e qui e là un manager, la carriera dei giocatori abbia su­bito un imprevisto prolungamento. Ci si cura meglio, si ottimizzano le energie per le attività del campo, gli allenamenti vengono studiati di modo che il prodotto tennistico (lui, il gioca­tore) duri nel tempo. Rapidamen­te così si è passati da un ten­nis ribollente di bambi­nacce ululanti a cac­cia di soldi e di affermazioni personali, a un circuito di mamme e di babbi, non meno ululante ma più po­sato, più maturo. E i cam­pioni sono diventati pro­dotti a lunga conservazio­ne.
Logico, in un circuito di o­ver trenta (appena quattro under 23 nell’ultima clas­sifica dei primi cento uo­mini), che qualcuno av­verta con insistenza il tic­chettio dell’orologio biolo­gico. Essere padri e madri con racchetta è diventato, oggi, ancor più che una moda, una necessità. Più difficile (e raro) per le signore mamme, perché il fisico ha bi­sogno dei suoi tempi (la sospensione dell’atti­vità, la gravidanza, il recupero della forma) e il bambino anche di più, ma nemmeno loro si sono tirate indietro e da qualche tempo la fi­gura della mamma tennista con prole al segui­to ha preso piede e non rappresenta più soltanto una lieta novità, ma un modo diver­so di interpreta­re il proprio mestiere.
Ecco allora Sybille Bammer con la piccola Tina, Lindsey Davenport e il biondo Jag­ger, e più di tutti Kim Clij­sters, vincitrice degli Us O­pen al suo ritorno dalla maternità, festeggiata sul campo da una scatenata Jada, la primogenita, che pretendeva per sé tutta l’at­tenzione dei fotografi.
Di più nel maschile. ’My Daddy play tennis better than your Daddy’, c’era scritto sulla maglietta del neonato Bobby Junior, figlio del Bryan doppista (famosa la fo­to di Micaela, la primogenita, adagiata dentro la Coppa del Roland Garros, a mo’ di culla). Il mio papà gioca a tennis meglio del tuo. Posso­no dirlo anche Cruz, Mia e Ava, i figli di Lleyton Hewitt, e Valentina, la figlia di Tommy Haas. E certo anche Jaden Gil e Jaz Elle, che di genitori tennisti ne hanno due, ed entrambi ex nume­ro uno del mondo, Andre Agassi e Steffi Graf.
Potranno dirlo, quando sarà il momento, an­che Leo e Lenny Federer, e fra qualche mese anche il giovane Djokovic, che nessuno sa co­me si chiamerà e se sarà maschio o femmina, ma che ha già strappato al futuro padre un’im­pegnativa dichiarazione: «Quando avrò un fi­glio, il tennis non sarà più la priorità». Ma sta­te tranquilli, non appenderà la racchetta al chiodo. Assumerà una balia. La più premuro­sa e aziendalista possibile.