Massimo Sideri, Corriere della Sera 10/5/2014, 10 maggio 2014
IL SERISSIMO (E INUTILE) CODICE ETICO DI MALTAURO
A leggere oggi il Codice etico pubblicato nel settembre del 2012 dal gruppo Maltauro – e firmato dal consiglio di amministrazione guidato, fino all’arresto per presunte irregolarità, da Enrico Maltauro – è difficile non sorridere. Si tratta di un codice severissimo, con tutti i crismi. In pratica accettare o offrire qualcosa che non fosse una caramella con quelli che vengono definiti i «portatori di interesse (siano essi dipendenti, clienti, fornitori, Pubblica amministrazione, ecc.)» avrebbe dovuto fare scattare sanzioni tali da disincentivare il malaffare. Addirittura si garantisce l’anonimato a chi, scoperto l’illecito del collega o del capo, lo denunci (a chi se si tratta della punta della piramide? Particolari). In 12 pagine c’è tutto: ambiente, sicurezza, lavoro, condotte societarie, tutti principi tesi «in particolare modo ad evitare reati contro la pubblica amministrazione». Correttezza, trasparenza, informazione, rettitudine: il codice è un trattato filologico sull’onestà. A tal punto che, in alcuni passaggi, sembra quasi esagerato e potrebbe indurci a pensare: esagerati! Questi sono dei talebani dell’integrità fisica e morale! D’altra parte si potrebbe anche ricordare che la Enron, madre, padre e intera progenie degli scandali Usa, era stata premiata dagli sceriffi di Wall Street della Sec per la qualità della governance. La tentazione, forte, è sorridere: bustarelle e tangenti non fanno rima con etica ma sembrano fare rima con «codice etico», puro avatar della sostanza che vorrebbe imbrigliare con la stampa a caratteri mobili. Eppure il tema si pone: a cosa servono i codici etici nelle società? Forse possono essere utili per dissuadere il dipendente ad accettare il regalo di Natale che non sia panettone e spumante. Ma quando uno sa di rischiare la galera la «sanzione aziendale», forse, fa sorridere proprio chi sta pagando la mazzetta di turno.