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 2014  maggio 09 Venerdì calendario

SCALA, IN BILICO L’UOMO CHE COMPRAVA DA SE STESSO


L’uomo che comprò da se stesso potrebbe essere anche quello che verrà licenziato prima di essere assunto? Difficile, ma non impossibile che possa esserci anche questo tra i record stabiliti da Alexander Pereira, undici mesi dopo la decisione di farlo subentrare a Stéphane Lissner alla sovrintendenza della Scala. Il destino di Pereira, travolto dall’imbarazzante scoperta dell’impegno ad acquistare per conto della Scala quattro produzioni del Festival di Salisburgo di cui è direttore artistico dal 2011, sarà deciso lunedì dal Cda scaligero. Chi sostiene Pereira e chi no? Il consiglio appare diviso ma il sindaco-presidente Pisa-pia, dopo un faccia a faccia con il ministro della Cultura Franceschini, avrebbe preso la sua decisione, e il ministro ha anticipato che verrà rispettata qualunque essa sarà.
L’ipotesi più probabile è quella di una sanzione (decurtazione dello stipendio o della durata dell’incarico), ma Pereira dovrebbe rimanere al suo posto, complice l’imminenza dell’Expo. L’equilibrio però è precario, le braci covano sotto il velluto rosso, e nessuna soluzione, inclusa quella più drastica, può essere del tutto esclusa. Roma non ha mai preso troppo bene l’autonomia del primo ente lirico italiano sfociata nella scelta di due “tecnici” di prestigio internazionale (Lissner prima, Pereira poi) al posto delle tradizionali nomine politiche, e c’è perfino chi sospetta il ministero di una regia occulta riguardo allo scivolone del sovrintendente. Ma c’è anche chi mette in dubbio il prestigio di Pereira, domandandosi quale manager di un’azienda privata sarebbe rimasto al suo posto dopo un simile infortunio. Infine, c’è il braccio di ferro tutto interno alla politica cittadina, le destre che non vedono l’ora di riprendersi il feudo storico della sovrintendenza, e il periodo elettorale ci mette del suo.
La Regione, fin dall’inizio dell’affaire molto critica verso il manager austriaco, butta nuova benzina sul fuoco attraverso un comunicato dell’assessore alle Culture Cristina Cappellini, in cui si spiega che “sono sempre di più e sempre più chiari i motivi che ci inducono a chiedere la sostituzione di Pereira, dal momento che la Scala merita un sovrintendente all’altezza dell’eccellenza che il Teatro rappresenta, una figura italiana che conosca bene il nostro tessuto culturale”. Dello stesso tenore nazionalista le dichiarazioni del vicepresidente del consiglio provinciale Roberto Caputo rilasciate all’indomani della pubblicazione delle lettere in cui Pereira, la cui nomina diventa effettiva solo da settembre, si impegna ad acquistare per le future stagioni scaligere quattro opere del Festival di Salisburgo: Lucio Silla, Don Carlo, Falstaff e la coproduzione dei Maestri cantori di Norimberga, per un totale di 680 mila euro: “Le lettere peggiorano una situazione già molto imbarazzante. Non si può avere un doppio ruolo, e neanche vestire due giacche”.
Sul fronte opposto le prese di posizione dei maestri Zubin Mehta e Riccardo Chailly (dal prossimo gennaio direttore principale della Scala), che ha parlato di “grande fraintendimento” e ribadito la sua fiducia nel futuro sovrintendente. Un endorsement, quest’ultimo, che potrebbe far pendere l’ago della bilancia in favore di Pereira, la cui autodifesa si è sempre basata su due punti fondamentali.
Primo, la necessità di dover programmare con il massimo anticipo possibile le stagioni future, a cominciare dal quella cruciale del 2015. Secondo, l’eccellenza delle scelte operate, come ha dichiarato in più di un’occasione: “Ho scelto il meglio prodotto dal Festival, come per esempio I maestri cantori. Avrei potuto vendere queste mie produzioni ad altri teatri e fare più soldi. È stata la Scala a fare un affare”.
Su quest’ultimo punto Pereira è sicuramente in buona fede, forse troppa, visto che quegli spettacoli li ha fatti produrre lui. La sua storia di manager, quarant’anni passati ai vertici delle maggiori istituzioni europee (prima di andare a Salisburgo era all’Opera di Zurigo) suonano come una conferma, ma questo debutto italiano gli sta insegnando quanto possa essere difficile distinguere l’ingenuità dall’avventatezza. Siamo il Paese del melodramma, ma anche di Machiavelli.

Nanni Delbecchi, Il Fatto Quotidiano 9/5/2014