Giorgio Pogliotti, Il Sole 24 Ore 9/5/2014, 9 maggio 2014
CAMUSSO CONFERMATA CON IL 73%
RIMINI
Susanna Camusso è stata rieletta alla guida della Cgil con 105 voti a favore - ovvero con il 73,4% dei consensi - 36 contrari e 2 astenuti, dopo un duro braccio di ferro con i rappresentanti della minoranza raccolta intorno alla Fiom. Tra i 151 sindacalisti che compongono il parlamentino di Corso d’Italia, hanno votato in 143.
Il consenso della Camusso resta ampio, ma è quasi sei punti sotto quel 79,1% che ottenne il 3 novembre 2010, al momento dell’elezione. Nel parlamentino di Corso d’Italia la maggioranza di Camusso può contare sull’80,5% dei componenti, la minoranza sul 19,5%, diviso tra il 16,7% di Landini e il 2,8% di Cremaschi. Sono questi i nuovi equilibri del direttivo della Cgil, usciti dal congresso nazionale di Rimini, dove tra i 953 delegati chiamati a pronunciarsi sulla composizione del parlamentino, in 747 si sono espressi per i candidati della lista 1 che ha come primo firmatario Susanna Camusso, in 155 hanno votato la lista 2 (primo firmatario l’operaio Fiom di Pomigliano Ciro D’Alessio licenziato dalla Fiat e reintegrato dal tribunale) e 26 sono stati i voti per la lista 3 (di Sergio Bellavita, vicino a Cremaschi). Diciannove sono state le schede bianche, mentre 6 delegati non hanno votato.
Il XVII congresso si chiude con equilibri ben diversi rispetto a quelli che avevano caratterizzato la fase unitaria precedente al divorzio tra Camusso e Landini che si è consumato sul Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio. Il clima è cambiato, basti pensare che il documento della maggioranza aveva ottenuto il 97,5% dei voti nelle oltre 40mila assemblee che hanno coinvolto 1,7 milioni di iscritti. Al congresso sono riemerse le divisioni e il documento della maggioranza ha avuto 615 voti tra i delegati, 92 voti al documento Landini-Nicolosi, 19 al documento Bellavita e due astenuti. Perso il consenso interno della Fiom di Landini, sul fronte esterno Camusso è riuscita in questi tre anni e mezzo a ricostruire un fronte comune con Cisl e Uil dopo un lungo periodo di gelo, anche se deve fare i conti con il premier Renzi, vero convitato di pietra al congresso di Rimini, con cui i rapporti restano estremamente tesi.
All’attacco lanciato da Landini contro la strategia di riavvicinamento a Cisl e Uil, Camusso ha risposto invitandolo a guardare in avanti, ai prossimi fronti di iniziativa comune: «Si può pensare di Cisl e Uil tante cose, so quanto bruciano le ferite e quanto ci sono ferite aperte, ma davvero qualcuno di noi pensa che possiamo fare la vertenza delle pensioni da soli, senza subire una straordinaria sconfitta»? Nelle conclusioni Camusso ha ammesso le difficoltà, i «problemi di disorientamento tra delegati, iscritti e lavoratori stretti tra gli annunci che si fanno, la realtà e la crisi che continua a mordere», perché il «sindacato è lo specchio del Paese». Alle sfide poste da Renzi, soprattutto sul terreno della maggiore trasparenza del sindacato (che Landini ha voluto cogliere, almeno stando alla sua relazione), Camusso ha risposto sulla difensiva: «
Quando si dice che i permessi sindacali sono unicamente un costo che va tagliato, si sostiene la teoria generale che la democrazia costa e si può tagliare. Si comincia da un punto ma non si sa dove si va a finire». Camusso ha anche bocciato la richiesta di organizzare le primarie per la nomina dei segretari generali, rilanciata da Landini, perché porterebbe ad una «progressiva personalizzazione delle cariche», mentre «noi dobbiamo dare un segnale opposto»; piuttosto pensa a «un ridimensionamento, a una riduzione del ruolo dei segretari generali a una dimensione più collettiva». Nessuna apertura anche sul codice etico, proposto dal numero uno della Fiom; per Camusso c’è già «si chiama statuto di organizzazione». Quanto al bilancio consolidato: «non viene pubblicato perché non lo abbiamo. Per legge ogni nostra struttura è un centro di costo autonomo e noi pubblichiamo i bilanci di ogni singolo centro».
In platea, l’ex segretario Pd, Pier Luigi Bersani, non ha risparmiato una stoccata a Renzi per la sua decisione di non partecipare al congresso: «Forse è un difettuccio mio, ma io sono sempre andato ai congressi di Confindustria, degli artigiani, dei commercianti, anche quando erano tumultuosi nei confronti del governo perché penso che bisogna sfidarsi reciprocamente al cambiamento, bisogna ascoltarsi di più: il Paese non ha bisogno di guerre per sbaglio».
Giorgio Pogliotti, Il Sole 24 Ore 9/5/2014