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 2014  maggio 09 Venerdì calendario

LIQUIDITÀ ILVA, È ALLARME ROSSO


Nella vicenda Ilva - che ieri ha visto la pubblicazione del piano ambientale in Gazzetta Ufficiale - i piani si sovrappongono e i problemi si accavallano.
Adesso tocca, con una urgenza crescente, alla finanza di impresa. Serve liquidità. La somma necessaria è compresa fra i 250 e i 300 milioni di euro. Più 300 di 250. A tanto ammonterebbe l’ipotesi a cui starebbe lavorando la task force del governo.
La "task force Ilva", che opera fra la presidenza del Consiglio e il ministero dello Sviluppo economico, sta pensando di bussare alle porte della Cdp per una cifra pari a 150 milioni. Per il resto, invece, l’idea è prodursi in un pressing soft sulle banche, le quali in questa fase sembrano però particolarmente restie ad aumentare la loro esposizione nei confronti dell’impresa oggi commissariata.
La vicenda dell’Ilva rischia un avvitamento duplice, insieme strategico-politico e finanziario-industriale. Il governo resta in contatto con Arcelor Mittal, dominus di una ipotesi di cordata amichevole, e con le ben più piccole Marcegaglia e Arvedi. Le tecnostrutture dell’esecutivo stanno esaminando le linee del piano industriale descritto mercoledì da Bondi e da Ronchi al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Del Rio, al titolare dell’Ambiente Gianluca Galletti, a quello dello Sviluppo economico Federica Guidi e al suo viceministro, quel Claudio De Vincenti che rappresenta la continuità degli ultimi tre governi sulle maggiori crisi industriali italiane.
Proprio a partire da oggi, i consulenti di Bondi e di Ronchi dovrebbero dare le risposte ai non pochi quesiti formulati dal governo.
L’atteggiamento del governo appare razionalmente prudente sulla sostenibilità di lungo periodo di una riconversione a metano dell’impianto di Taranto. Nessuna pregiudiziale teorica o operativa. Disponibilità verso ogni ipotesi. Ma anche la pragmatica volontà di capire se esistono le condizioni – a livello di azionariato, con i Riva o con altri, e poi con le banche – perché i tasselli finanziari di un mosaico tanto articolato (i famosi 4,1 miliardi di investimenti complessivi) possano andare tutti al loro posto. O se, invece, non sia preferibile "ridurre" le ambizioni del piano industriale, ridimensionandone la portata e abbassando la soglia dell’impegno finanziario complessivo.
Al di là della loro disponibilità o meno ad apportare i soldi con cui tamponare la situazione immediata, le banche si sono fatte una loro prima idea sul piano industriale di conversione graduale al metano, con la consegna della due diligence effettuata da Roland Berger. Il problema è che, per i tre istituti di credito (Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e Unicredit), una questione dirimente è la solidità dell’assetto proprietario: per loro un azionista ci deve essere; non importa che siano i Riva o altri imprenditori siderurgici; non basta la struttura commissariale.
A proposito di proprietà, Edo Ronchi ieri ha detto che, la prossima settimana, lui e Bondi incontreranno i Riva, i quali potranno così iniziare a valutare di persona il piano industriale e a riflettere sull’ipotesi di aderire o meno all’aumento di capitale. In ogni caso – fra Roma, Taranto e Milano – le cose si accavallano e vanno velocissime. Il punto vero è riuscire a trovare una rapida soluzione per evitare che la crisi della finanza di impresa intacchi i suoi meccanismi di funzionamento più elementari. A Taranto, intanto, si vive con molta preoccupazione la crisi finanziaria. È in arrivo un test importante: il pagamento degli stipendi di aprile, lunedì prossimo. «Credo che rischi nell’immediato non ce ne siano», ha detto ieri Ronchi proprio a Taranto. Le paghe dei dipendenti – 11mila solo a Taranto – sarebbero assicurate. Salvo sorprese dell’ultim’ora. I problemi sorgerebbero sicuramente dopo se, nel frattempo, i nodi finanziari non venissero sciolti.
Gli stipendi, però, sono solo la punta dell’iceberg. L’Ilva continua a non pagare fornitori e imprese – si segnalano mediamente ritardi di tre mesi – e queste, a loro volta, i loro dipendenti. Confindustria Taranto ha già segnalato la situazione ai commissari, parlando di aziende dell’indotto vicinissime al collasso.
I sindacati annotano che sta crescendo il numero degli addetti della "galassia" Ilva in sofferenza. L’azienda, peraltro, è anche in difficoltà con l’Inps nel versamento degli oneri previdenziali, anche se su questo Ronchi ha precisato che «è in corso una trattativa». E allora, considerata la situazione finanziaria, quanto manca, dunque, perché l’Ilva superi la linea rossa? «Secondo me, l’abbiamo già superata – ammette Ronchi –. Non è mica normale che un’azienda accumuli i ritardi che abbiamo noi nei pagamenti».
E se lo dice lui, che dell’Ilva è il subcommissario...

Paolo Bricco e Domenico Palmiotti, Il Sole 24 Ore 9/5/2014