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 2014  maggio 09 Venerdì calendario

DAL COMPAGNO G AGLI EX DEMOCRISTIANI

LA PRIMA REPUBBLICA TORNA ALLA RIBALTA –

MILANO Potrebbe sembrare una storia vecchia di vent’anni e più. I nomi, per lo meno, sono gli stessi di una volta. Gianstefano Frigerio aveva già conosciuto l’aria pesante del carcere nel maggio del 1992, Primo Greganti aveva esordito a San Vittore l’anno dopo. Personaggi in grado di muoversi con destrezza e discrezione nei sotterranei affaristici della Prima Repubblica, e - si scopre ora - capaci di riciclarsi nei luoghi oscuri della Terza Repubblica grazie a un copione recitato a memoria e mai scordato: appalti pubblici e affari privati, tangenti in contanti e consulenze effimere.
Del resto, questa nuova inchiesta sembra un tuffo in un passato che non passa, un dejà vu sotto forma di incubo. E anche la dimostrazione che certe carriere non si «arrestano» mai. Cambiano i governi, le maggioranze, le generazioni, ma loro non cambiano. Magari scompaiono per un po’, fanno perdere le proprie tracce, nuotano per qualche tempo nelle profondità dell’anonimato e silenziosamente riallacciano i fili, ritessono trame. Fino a quando un magistrato non riscrive i loro nomi sulla copertina di un fascicolo di inchiesta, e la storia ricomincia da capo.
LA STORIA

Nel secolo scorso, quando vennero inghiottiti nel vortice di Mani Pulite o in altri abissi giudiziari, forse manco si conoscevano. Greganti sul fronte comunista si occupava di spillare denaro nel settore energetico. Frigerio, ras locale della Dc lombarda, sovrintendeva alla spartizione degli appalti regionali. Luigi Grillo - un altro degli arrestati di ieri - già calcava con passo leggero le passarelle parlamentari saltando da un partito all’altro occupandosi per lo più di banche e banchieri fino a inzaccherarsi coi furbetti del quartierino nel pantano della Bpl di Fiorani. Passata la buriana dei processi e delle condanne si sono riuniti sulla base delle loro affinità elettive, e hanno rimesso in piedi la baracca. Sapendo di poter sempre contare su interlocutori affidabili, temprati come loro dall’aver attraversato le tempeste delle aule giudiziarie. Tipo Cesare Previti, un altro che dopo la condanna a sei anni per il caso Imi-Sir pareva eclissato, e invece eccolo ancora in sella, referente di Grillo che gli chiede udienza per perorare la causa di un manager da lanciare nell’orbita delle aziende di Stato in un gioco di scambio di favori.
Primo Greganti è certamente il più popolare (nel senso della celebrità) di questo nuovo soodalizio. Passò alla storia come «il compagno G» per aver stoicamente resistito a sei mesi di carcere senza dire una parola. Di Pietro nel 1993 andò più e più volte a San Vittore per sapere a chi erano finiti 621 milioni di lire che un uomo del gruppo Ferruzzi gli aveva versato a mo’ di mazzetta. Al Pci? Al Pds? alle cooperative rosse?
IL SILENZIO

Lui niente. Irremovibile nel suo silenzio: «Erano soldi miei e li ho tenuti per me». Poi patteggiò tre anni di condanna e scomparve. Nel 2012 uscì dall’oblio scrivendo un libro di memorie e alla presentazione del volumetto si esibì in un peana dell’inchiesta Mani Pulite: «Meno male che c’è stata, altrimenti saremmo finiti come l’Argentina». Seguitò a proclamarsi innocente e a scagionare il partito, ma benedisse l’opera dei pm che l’avevano messo al gabbio. Col senno di poi vien da pensare che si trattasse di un depistaggio anche se, a suo modo, un indizio sulla nuova attività lo seminò: «Tanti mi chiedono una mano: dicono che il mio nome fa da aggregatore di persone». Quali persone?
Gianstefano Frigerio di anni di condanna ne prese 6 e mezzo. Provò a evitarli con la complicità del Cavaliere che - alle politiche del 2001 - lo fece eleggere con Forza Italia in Puglia sotto mentite spoglie (sulla lista anziché Gianstefano comparve il nome Carlo). Non servì. Qualche giorno dopo l’ingresso a Montecitorio la pena divenne definitiva - corruzione e concussione -, dovette levare le tende dal Parlamento, e come Greganti ammazzò il tempo scrivendo un libro dal titolo eloqente: «Il cuore di tenebra del XXI secolo». Prefazione di Silvio Berlusconi. Del resto, con la famiglia di Arcore Frigerio ha sempre intrattenuto ottimi rapporti fin dai tempi della sua militanza nella Dc. Il suo primo arresto, non a caso, fu dovuto a una tangente versatagli da Paolo Berlusconi in cambio di una autorizzazione per la costruzione di una discarica. All’epoca Frigerio aveva 53 anni. Ora ne ha 75, ma è come se il tempo non fosse passato. Anziché godersi la pensione, si sbatteva da mane a sera per mettere le mani su appalti, nomine, tangenti. «Io mi preoccupo di tenere i rapporti col centrodestra». Greganti pensava agli altri.