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 2014  maggio 09 Venerdì calendario

PERCHE’ NON SAPPIAMO NIENTE DEI NOSTRI SOLDI

Quanto ne capite di soldi? Per saperlo, provate a rispondere a queste tre domande. 1) Supponete di avere 100 euro su un conto risparmio nella vostra banca, e che il tasso di interesse che percepite su questo conto sia del 2 per cento annuo. Quale somma avrete su questo conto dopo 5 anni, ipotizzando che non ritiriate mai i vostri soldi? A) più di 102 euro; B) esattamente 102 euro; C) meno di 102; euro D) non so/non rispondo.
2) Supponete che il tasso di interesse che percepite sui vostri risparmi sia dell’1 per cento annuo e che il tasso annuo di inflazione sia del 2 per cento. Dopo un anno potrete comprare: A) più di quello che potreste comprare oggi con quei risparmi; B) esattamente lo stesso; C) meno; D) non so/non rispondo.
3) Comprare azioni di una sola impresa di solito garantisce rendimenti più sicuri che comprare azioni di un fondo che investe in diverse imprese. Questa affermazione è: A) vera; B) falsa; C) non so/non rispondo.
Le risposte corrette sono la A) per la domanda 1), la C) per la domanda 2) e la B) per la domanda 3).
Come va la siete cavata? In Russia il 96 per cento degli intervistati non ha saputo dare una risposta corretta a tutte e tre le domande. Negli Stati Uniti, la mecca del capitalismo, solo il 30 per cento ha risposto bene a tutte e tre. I risultati migliori li hanno ottenuti i tedeschi (53 per cento di risposte esatte) e gli svizzeri (50 per cento). Anche nei Paesi con i risultati migliori, quindi, la metà o più della popolazione non ha superato il test. Peggio ancora sono andati gli italiani (il 75 per cento non ha risposto correttamente alle tre domande), gli svedesi (79 per cento), i francesi (69 per cento) e i giapponesi (73 per cento).
Questi e altri dati sulla precarietà delle conoscenze finanziarie della popolazione mondiale sono stati illustrati dalle economiste Annamaria Lusardi e Olivia Mitchell. È uno studio allarmante, perché dimostra l’ignoranza generalizzata in materia finanziaria in un mondo in cui è sempre più indispensabile che la gente sappia gestire il proprio denaro. La proliferazione di carte di credito, la diffusione di massa di mutui, prestiti per pagarsi gli studi e credito al consumo per l’acquisto di automobili ed elettrodomestici, la facilità con cui i piccoli investitori possono comprare azioni in Borsa e l’espansione dei fondi pensione sono solo alcune delle realtà che rendono sempre più pericolosa l’esistenza di questo diffuso analfabetismo finanziario.
Un altro elemento, ancora più importante, è che la classe media non è mai stata così numerosa nei Paesi meno sviluppati. Il miglioramento delle condizioni economiche di questa nuova classe media è a rischio se i suoi componenti non saranno in grado di amministrare le proprie spese, proteggere i propri risparmi o respingere allettanti proposte di investimento che comportano rischi catastrofici. Anche nei Paesi più sviluppati, colpiti dalla crisi finanziaria, è più importante di prima saper gestire bene il proprio denaro. La Lusardi e la Mitchell hanno scoperto che le persone con un livello di istruzione più basso migliorano dell’82 per cento la propria situazione economica nel momento in cui acquisiscono nozioni migliori sulla gestione del denaro. Eppure non sono in molti a essere interessati a saperne di più su questa materia, perché la maggioranza delle persone, quando si parla di soldi, si considera molto più competente di quanto realmente non sia. Quando hanno chiesto a un campione di statunitensi di indicare il proprio livello di competenze finanziarie su una scala da 1 (molto basse) a 7 (molto alte), il 70 per cento ha indicato un livello superiore a 4: eppure solo il 30 per cento ha saputo rispondere correttamente alle 3 domande. Lo stesso è successo in Germania e in Olanda.
Dallo studio è emerso anche che le categorie con i livelli più bassi di competenze finanziarie sono gli anziani, le donne e i poveri. Non solo: con l’età aumenta la fiducia delle persone nella validità delle proprie decisioni finanziarie e di conseguenza aumenta il divario fra il tanto che credono di sapere e il poco che dimostrano di sapere effettivamente. Un’altra differenza ha a che fare con il genere: gli uomini evidenziano conoscenze finanziarie maggiori delle donne, indipendentemente dall’età o dal livello di istruzione. Mentre però la percentuale di donne che dà risposte sbagliate alle domande è maggiore di quella degli uomini, le donne sono più inclini a rispondere «Non so», risultato che si ripete identico in tutti i Paesi: questa maggiore consapevolezza dei propri limiti lascia pensare che le donne forse sarebbero più disposte degli uomini a prendere parte a programmi di educazione finanziaria.
In ogni caso, questi studi confermano la necessità urgente di lottare contro l’analfabetismo finanziario in tutto il mondo. È evidente che bisogna offrire programmi di educazione finanziaria pratici e facilmente accessibili a tutti quei milioni di persone, in ogni parte del mondo, che potrebbero godere di una situazione economica molto migliore se sapessero amministrare meglio il loro denaro, per poco che sia.
(Traduzione di Fabio Galimberti)