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 2014  maggio 09 Venerdì calendario

COMPAGNO GREGANTI E «TALPA» FRIGERIO: L’ETERNO RITORNO DI TANGENTOPOLI


Primo Greganti, secondo Frigerio. Uno a sinistra, l’altro a destra, entrambi al centro di un sistema: quello che in vent’anni è cambiato completamente affinché nulla cambiasse. Simboli però ne restano loro, Primo Greganti e Gianstefano Frigerio, anche se i due non sarebbero d’accordo e anche se denotano profili davvero diversi. Greganti era e resta una lince, ci vede benissimo, Gianstefano Frigerio invece ha gli occhialoni e ci ha sempre visto poco, è quasi cieco: ma a Milano, figurati, durante Mani pulite i magistrati non si fece-
ro problemi ad arrestare anche chi era cieco davvero, come il consigliere provinciale del Pri Giacomo Properzy. La battutaccia era: “Lui di tangenti non ne ha mai viste”. Frigerio, da ex segretario regionale della Dc, a un certo punto disse all’amico Maurizio Prada, tesoriere della Dc e imparentato con le omonime pelletterie: qui, da noi, non arriveranno mai. Ma ci arrivarono. Frigerio finì dentro una prima volta proprio il 7 maggio, ma di ventidue anni fa. Malato di ipertensione, fu arrestato in pigiama e portato all’ ospedale in manette, poi liberato, riarrestato, riliberato, ufficialmente afflitto da serissimi problemi alla vista: “Quando mi sarò fatto operare agli occhi e starò meglio”, si legge in un suo verbale dell’estate ‘92, “preciserò tutti i dettagli... “.
Per farla breve, Frigerio si occupava di finanziamenti illeciti ed era un pezzo grosso dello Scudocrociato. Nel 1985 era stato escluso dalle liste per la Camera, ma gli avevano elargito la vicepresidenza dell’Ibi, Istituto bancario italiano: roba importante. Durante Mani pulite ha chiamato in causa mezzo mondo: fu l’uomo dalle cui dichiarazioni maturò il coivolgimento di Raul Gardini, tra altri. Fu colpa sua anche se nelle indagini entrò per la prima volta un Berlusconi, Paolo, gestore di affari immobiliari per la famiglia. Paolo era proprietario della discarica di Cerro Maggiore la maggiore in Lombardia e Frigerio raccontò di aver ricevuto tangenti anche da lui. Paolo Berlusconi oltretutto confermò, ma parlò di contributo personale, una cosa tra amici. Si tratta di capire se questa amicizia c’entri col fatto che uno come Frigerio sia riuscito a riciclarsi in Forza Italia, e pure in fretta. Laureato in lettere e autore di libri vari (uno, del 2006, con prefazione di Silvio Berlusconi) il suo curriculum del resto era quello che era: tre arresti, tre mesi in galera e tre condanne; 3 anni e 9 mesi per corruzione e concussione, 1 anno e 4 mesi per finanziamento illecito ai partiti e 1 anno 7 mesi per finanziamento illecito e ricettazione. Morale: divenne “consigliere” di Forza Italia e “direttore del centro studi”, infine candidato alle elezioni politiche. Questo mentre i giudici stavano stabilendo il cumulo delle pene. Frigerio si presentò in Puglia col nome di “Carlo Frigerio” e senza foto (la legge lo permetteva) e venne eletto col proporzionale. Il primo giorno della nuova legislatura i Carabinieri andarono ad arrestarlo, ma lui ottenne l’affidamento in prova ai servizi sociali quelli che per Silvio Berlusconi iniziano oggi con la possibilità di andare in Parlamento quattro volte al mese. Dal 6 novembre 2002 venne iscritto al gruppo parlamentare di Forza Italia e alla Commissione Difesa, e poi, dal 2005, fu anche componente dell’assemblea della Nato. Il passato non esisteva. E’ anche vero che l’interdizione a un certo punto scadette, e pure con anticipo: il 23 settembre 2004 la Giunta delle elezioni della Camera valutò “l’esito positivo del periodo di prova” e in sostanza Frigerio scontò quattro anni di servizi sociali invece di cinque, mantenendo il seggio e lo stipendio parlamentare. Il passato non esisteva, il futuro lo stiamo vedendo ora.
Poi c’è Greganti, che molti nella vicenda Expo vogliono “garante” delle cooperative rosse. E forse non è così strano. Certo, lui è di tutt’altra pasta rispetto a Frigerio: anconetano, classe 1944, ex operaio Fiat, poi costruttore in proprio e poi comunista professionista. Ancora di recente, in un libro di Federico Ferrero, Greganti diceva: “E’ passata la storia che io sarei stato zitto per proteggere il Pci... ma non è vero, non mi sono mai rifiutato di rispondere ad alcun interrogatorio”. Greganti, in altre occasioni, era riuscito persino a dire che il Pds era uscito da Tangentopoli con due o tre condannati al massimo: fingendo di non sapere che in tutto lo Stivale gli inquisiti-arrestati-condannati del Partito sono stati centinaia, e tra questi lui. A Milano tanto per capire quanto il Pci fosse estraneo al sistema il Partito riceveva le tangenti sugli appalti direttamente dalle mani del segretario amministrativo: ma della Dc. E’ lo stesso consociativismo che spunta dalle indagini Expo, ma coi partiti più sullo sfondo e meno protagonisti.
Per capire davvero qualcosa di Greganti, però, occorrerebbe leggere lunghe sentenze: quella del processo Enel, per esempio, dove si spiega che “Greganti è il fiduciario del Pci pronto a mettere a disposizione i propri conti per le esigenze lecite e illecite del partito... Le somme non sono state incassate da Greganti non per prestazioni personali, bensì vanno collegate a un’intermediazione fiduciaria posta in essere da quest’ultimo a vantaggio del Pci”. Nel filone PciPds sull’Alta velocità, invece, il costruttore Bruno Binasco (Itinera, autostrade) raccontò di 400 milioni dati a Greganti per il Pds e citò una riunione del 1989 convocata in via delle Botteghe Oscure. C’erano i massimi costruttori italiani. Si era alla vigilia del varo di grandi opere un po’ come per l’Expo tra le quali nuovi tratti autostradali e appunto l’Alta Velocità ferroviaria: e il Pds aveva aderito senza riserve. Il costruttore Marcellino Gavio confermerà che Greganti incassò denaro per tener buono il partito, e il compagno G. addusse a giustificazione una complicata operazione immobiliare poi smontata dai giudici. Greganti e Binasco sono stati condannati per finanziamento illecito al Pds (rispettivamente a 5 mesi e a 1 anno e 2 mesi) e dalla sentenza si apprende che “era la volontà non del Greganti, ma del Pds, e che tale richiesta egli faceva espressamente in nome e per conto del tesoriere nazionale”. Poi ci sarebbe da raccontare del processo Eumit in collegamento con la Germania Est (il nostro ne è uscito prescritto per vari reati) ma rischia di farsi lunga. Di Greganti, in ogni caso, la letteratura giornalistica preferisce ricordare quando si chiuse in un silenzio “eroico” e inusuale che fece epoca. Era il 1993 e in pratica disse, ai magistrati, di aver preso i soldi per sé e non per il partito: il contrario di quanto sosteneva il politico medio. Vedremo che cosa dirà adesso.