Michela Ravalico, Libero 9/5/2014, 9 maggio 2014
A 358 GIORNI DAL VIA IL RISCHIO È DI NON FARCELA
Appalti truccati. È questo il cuore dell’inchiesta Expo, che ha visto clamorosi arresti tra cui quello del numero due della società che sta realizzando il sito dell’esposizione, Angelo Paris. «Vi dò tutti gli appalti che volete, basta che mi garantiate avanzamenti di carriera», è una delle conversazioni captate dai magistrati tra Paris e gli altri indagati. A Milano l’aria è tesa. Nessuno si aspettava un cataclisma simile, soprattutto a 358 giorni dall’inaugurazione e la paura di non farcela sta montando. «Se si tolgono le mele marce, si può lavorare meglio», ha detto il sindaco Giuliano Pisapia.
Il commissario unico, ex direttore generale del Comune milanese ai tempi di Letizia Moratti, Giuseppe Sala ieri mattina era a Roma, quando è stato raggiunto dalla notizia. Ha rimandato la conferenza stampa con Fs, ha preso il primo aereo per Milano e si è rinchiuso nel suo ufficio fino a tarda sera. Dicono che abbia avuto anche un momento di cedimento, al punto di pensare alle dimissioni. «Possibile che sia rimasto solo io a credere a questo evento?», avrebbe confidato ai più stretti collaboratori. Poi la notizia che martedì il premier Matteo Renzi sarà a Milano, per dare un segnale di fiducia, lo avrebbe fatto tornare sui passi più estremi. Anche il procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati, ha rassicurato: «Sala non è in alcun modo coinvolto, abbiamo reciso i rami malati, Expo può proseguire». E infatti Sala ha dichiarato: «Mi sento tradito, ma andiamo avanti. Per il bene dell’Expo e dell’Italia».
La preoccupazione, però, resta alta: nell’inchiesta sono finiti moltissimi appalti chiave della futura Expo. Il rischio è un ritardo nella realizzazione del sito, dove causa pioggia e altri imprevisti i lavori della piastra (l’infrastruttura su cui si aggangeranno gli stand dei Paesi) non sono ancora ultimati. I cantieri della piastra si sono sovrapposti alla rimozione delle interferenze (bonifica e sistemazione dell’area tra Rho e Milano), il che ha causato ulteriori rinvii. Finché non saranno chiusi i cantieri base, non potranno partire i lavori per i padiglioni dei Paesi.
Nell’ordinanza d’inchiesta si scopre che quasi tutte le gare più importanti sono state viziate dal numero due di Expo, Paris. C’è quella delle vie d’acqua, che prevede il collegamento del sito con il Naviglio e su cui in questi mesi ci sono state anche forti contestazioni da parte di alcuni comitati di cittadini contrari all’opera.
Irregolare anche la gara da 67 milioni di euro per le cosiddette «architetture di servizio», ovvero «la redazione della progettazione esecutiva e l’esecuzione dei
lavori di realizzazione di un sistema di edifici destinati ad ospitare le diverse funzioni di servizio quali ristorazione, servizi igienici, spazi commerciali, servizi ai visitatori, servizi ai partecipanti, sicurezza, logistica, magazzini e locali tecnici». Questa gara, che rappresenta il cuore operativo del sito, è stata affidata a ditte secondo i condizionamenti posti, tra gli atrli, da Gianstefano Frigerio (ex segretario Dc), Primo Greganti (ex funzionario Pci) e Antonio Giulio Rognoni, già arrestato nell’ambito dell’inchiesta su Infrastrutture lombarde. Tra gli indagati era stato pattuito anche un ritorno in danaro, pari a 600mila euro da suddividersi in parti uguali.
Dall’inchiesta emerge che sono stati affidati in modo irregolare anche gli appalti per la realizzazione dei parcheggi nel sito e per il servizio navette e auto elettriche per girare tra i padiglioni. Sotto indagine anche l’appalto per la costruzione di una bretella stradale, la cosiddetta Zara Expo (una strada che raggiunge il sito dalla periferia di Milano), e anche la casa delle delegazioni estere.