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 2014  maggio 09 Venerdì calendario

CONDANNE ALLA PENA DI MORTE GLI ARGOMENTI DI CESARE BECCARIA


Mi sono sempre opposta alla pena di morte. Ciò che è successo recentemente negli Stati Uniti in Oklahoma, con la terribile morte di un detenuto al quale non avevano somministrato la dose letale (l’iniezione non aveva funzionato perché si era «rotta» la vena), e che è dovuto agonizzare per più di 40 minuti, è un episodio sconvolgente. Cesare Beccaria, un grande filosofo e politico italiano, più di 250 anni fa, scrisse un trattato contro la pena di morte. Quali sono stati i suoi più validi argomenti?
Franca Arena
Sydney (Australia)


Cara Signora,
Gli argomenti di Beccaria contro la pena di morte sono due. In primo luogo l’autore di Dei delitti e delle pene si chiede se lo Stato abbia il diritto di uccidere un suo cittadino. A questa domanda risponde che un tale potere non può essere esercitato in nome della sovranità. Ogni legge pone limiti alla libertà privata, ma l’insieme di quelle approvate dallo Stato deve rispondere pur sempre, secondo Beccaria, alla volontà generale. Fra le deleghe che la società conferisce ai suoi governanti non può esservi quindi il diritto di uccidere. «Chi è mai, scrive Beccaria, colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l’arbitrio di ucciderlo?». Gli sembra addirittura assurdo che un uomo non sia padrone di uccidere se stesso, ma autorizzi altri a disporre della propria vita; non possiamo delegare un diritto di cui non disponiamo. L’argomento aveva una certa efficacia in un’epoca in cui il suicido era considerato un reato.
Il secondo argomento concerne l’utilità della pena di morte. Se il suo scopo è quello di dissuadere, Beccaria osserva che l’esecuzione di una condanna alla pena capitale suscita impressioni forti ma di breve durata, mentre il carcere a vita conserva intatto agli occhi della società lo spettacolo di una pena che si conclude soltanto con la morte del condannato. Uccidere, quindi, non è soltanto crudele; è anche molto meno utile dell’ergastolo.
Vi sono tuttavia almeno due circostanze, secondo Beccaria, in cui la pena di morte può essere considerata necessaria. La prima si verifica quando il colpevole, pur essendo privo della libertà, «abbia ancora tali relazioni e tale potenza pericolosa nella forma di governo stabilita». La seconda, quando sia «l’unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti». Quando il libro apparve a Livorno nel 1764, il geniale illuminista lombardo non poteva prevedere che la prima circostanza sarebbe stata invocata dai deputati francesi che votarono la ghigliottina per Luigi XVI e dai bolscevichi che decisero l’eliminazione della intera famiglia imperiale russa nel 1918. E ignorava che la seconda eccezione sarebbe piaciuta a molti governatori degli Stati Uniti.