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 2014  maggio 09 Venerdì calendario

SCIABOLETTA, UNA VITA TRA GLI SCIACALLI

Alla fine della triste conferenza stampa in cui Scajola raccontò di aver acquistato una casa pagata a sua insaputa (anche se non usò mai quella espressione), l’allora ministro dimissionario dello Sviluppo Economico scappò alle domande dei giornalisti. Uscì dalla saletta al pian terreno di palazzo Piacentini dovea aveva appena finito di parlare, percorse la grande scalinata, raggiunse il suo ufficio, sprofondò in un divanetto. E sospirò: «È successo, ed è successo ancora a me. Evidentemente sono io sbagliato, sono io che ho qualcosa che non va».
Forse è così. O forse semplicente capitano tutte a lui. Quello che è sicuro è che ciò che è accaduto ieri non è il primo arresto per Claudio Scajola. Quando fu sindaco di Imperia, negli anni Ottanta, venne arrestato su disposizione del procuratore di Milano Piercamillo Davigo perché accusato di concussione in una vicenda di appalti per la gestione del Casinò di Sanremo (era il 1983, per la precisione). Anche allora l’inchiesta lo costrinse alle dimissioni da primo cittadino. Pure il padre, Ferdinando, fu costretto a dimettersi da sindaco dopo appena qualche mese dall’inizio dell’incarico: fu sospettato di aver favorito il cognato per un posto di primario.

Stavolta Claudio trascorre due mesi nel carcere meneghino di San Vittore, cinque anni dopo ne uscirà prosciolto.

Nato in una famiglia rigorosamente Dc, ha per madrina di battesimo la primogenita di De Gasperi e per padrino di cresima un altro padre nobile scudocrociato come Taviani. Come tutti i democristiani sa che bisogna stare fermi un giro. Esce di scena ma rientrerà presto. E questo uscire e rientrare sarà la caratteristica della sua vita politica.

Negli anni Novanta Claudio ritorna alla grande in politica. La Dc non c’è più, c’è Forza Italia, che scalerà presto. Ne assume il comando dopo la sconfitta subita dall’Ulivo nel ’96. Berlusconi lotta con una malattia e scompare dalla scena politica per un po’, è debole, si parla di una sua usicta di scena. Il partito (allora in verità era ancora un movimento) è allo sbando. Scajola lo organizza, gli dà una struttura, lo radica sul territorio, fa celebrare il congresso e lo porta alla vittoria. Prima nella travolgente cavalcata delle Regionali del 2000, poi nel più largo successo delle Politiche del 2001. A quel punto Berlusconi gli affida l’organizzazione dello Stato: il ministero dell’Interno.

Subito un battesimo di fuoco: il G8 nella sua Liguria, a Genova. Finirà con un morto negli incidenti per mano di un carabinieri che spara accidentalmente un colpo.

Regge l’urto delle polemiche anche perché il Viminale è il grande sogno di Claudio.

Ci resta poco più di un anno. È il 29 giugno 2002 quando Scajola è in visita a Cipro e passeggia con alcuni giornalisti quando gli parte una battuta infelice. Si parla di Marco Biagi, il consulente del ministero del Lavoro assassinato dalle Br appena due mesi prima. Si discute delle polemiche per il fatto che nnon gli fosse stata assicurata una scorta. E l’allora titolare del Viminale sbotta: «Marco Biagi era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza».

Quelle parole, riportate da alcuni giornali, scatenano un putiferio in Italia. Scajola si dimette, esce di scena e rimane fermo un giro. Torna in pista quando gli viene di nuovo affidata la struttura organizzativa di Forza Italia e quindi rientra al governo quale ministro per l’Attuazione del Programma nel luglio 2003.

Passano altri cinque anni, Berlusconi rivince le Politiche e torna al governo e Scajola torna a fare il ministro. Stavolta dello Sviluppo Economico. Due anni ed ecco un nuovo scandalo: la Guardia di Finanza trova traccia di assegni circolari per circa 900mila euro, tratti da un conto corrente bancario intestato ad un professionista vicino al gruppo presieduto dall’imprenditore romano Diego Anemone. Il gruppo Anemone è coinvolto in un’inchiesta secondo la quale le sue aziende avrebbero ricevuto appalti pubblici dalla Protezione civile quali frutti di corruzione. Vengono interrogate le beneficiarie degli assegni, le quali affermano di averli ricevuti per la vendita a Scajola di un appartamento a Roma, in via del Fagutale, davanti al Colosseo. Scajola nega queste circostanze ribadendo in più occasioni di aver pagato l’immobile con i 600mila euro attestati nell’atto notarile e di tasca propria, per i quali ha contratto regolare mutuo. Ma il caso monta e dopo dieci giorni sulla graticola si dimette il 4 maggio 2010 per «potersi difendere dalle accuse». Ne uscirà assolto.

Ma si aprono altri fronti. Dai fondi stanziati per l’aeroporto di Albenga agli appalti del G8 fino allo scandalo legato alla realizzazione del porto turistico di Imperia, da quest’ultima vicenda ne uscirà.

Ora il nuovo scandalo. Stavolta l’arresto con l’accusa di aver coperto la latitanza di un ex deputato. Un nuovo caso o un nuovo scandalo. Sarà lui sbagliato o solo capitano tutte a lui?