Claudio Lindner, L’Espresso 9/5/2014, 9 maggio 2014
WILDERS, L’ALTRO LE PEN
Il più bel biondo platinato della storia dopo Marilyn Monroe (il copyright della battuta è di un giornalista di "Radio Netherlands worldwide") prenderà un Niagara di voti. Questo dicono tutti gli ultimi sondaggi sulle elezioni europee del 25 maggio, a dimostrazione che anche tanti olandesi, come tanti francesi, inglesi, ungheresi e italiani, sono oggi sedotti dal verbo populista. Lui, Geert Wilders, è il leader del Partito della libertà (Pvv), vecchia volpe della politica che ha stretto un patto di ferro con Marine Le Pen del Fronte Nazionale francese e con Matteo Salvini della Lega, ai quali si sono aggiunti il Partito della libertà austriaco guidato da Heinz-Christian Strache, il belga Vlaams Belang, un raggruppamento slovacco e uno ungherese, non vuole invece saperne l’inglese Nigel Farage dell’Ukip che li ritiene troppo estremisti. Anche senza di lui puntano a formare un plotone di europarlamentari nutrito, secondo PollWatch si arriva al momento a 35 deputati di sette Paesi, battagliero, antisistema e antiBruxelles, con due parole d’ordine: fuori dall’euro e via gli immigrati. Un piano altamente divisivo dell’Europa. Di qua o di là.
Così come Wilders è già riuscito a spaccare in due l’Olanda pompando una campagna radicale razzista antislamica, dai toni particolarmente forti e dirompenti. La diplomazia non è la sua arma preferita e i collaboratori, pochi visto che vuole fare tutto lui, cercano di imitarlo. Giovedì primo maggio se ne è avuta la prova durante il primo dibattito televisivo, nel programma "Nieuwsuur" della televisione pubblica olandese, al quale partecipavano i rappresentanti dei partiti principali. Wilders non c’era, al suo posto il numero due Marcel de Graaff, 52 anni, laureato in teologia all’Università cattolica di Nijmegen e consulente Ict a Rotterdam, capogruppo alla Camera bassa del Pvv, finito nel mirino di tutti gli altri candidati presenti per l’alleanza con il Fronte Nazionale del fascista e antisemita Jean-Marie Le Pen, quello che definì le camere a gas "un dettaglio storico". «La figlia Marine è diversa dal padre, ha rinnovato il partito», si difendeva de Graaff, ma gli è stato replicato che il padre tornerà comunque all’europarlamento e che quindi faranno parte dello stesso gruppo. Altro scontro sull’euro, quando de Graaff ha accusato l’Europa di regalare soldi «alla Grecia e agli altri Paesi mangia-aglio». Va detto che il confronto non sembra aver scaldato i cuori degli olandesi, se è vero che l’hanno seguito solo 381mila spettatori. D’altronde, anche girando per Amsterdam, non si respira un’aria da campagna elettorale effervescente. Pochi cartelloni o comizi, caso mai un’intensa attività sui social network. Lo stesso leader dispensa ogni giorno i suoi tweet drastici e decisivi su quanto succede.
L’uso del linguaggio diretto, sempliciotto, quasi rozzo, è motivo d’orgoglio per i populisti olandesi. Ricorda un po’ il vocabolario leghista, un po’ quello grillino. Il meglio di sé Wilders lo ha dato a metà marzo durante il comizio di festeggiamento del discreto successo elettorale ottenuto alle amministrative. Davanti a qualche migliaio di fan in grande eccitazione ha posto tre domande retoriche per ricevere una ola di risposte. Prima una sul governo e una sull’Europa. Normale, da copione. La terza, invece, da choc. Volete in Olanda più o meno marocchini? Risposta ritmata e corale: «Meno, meno, meno». Una manifestazione di puro razzismo. Non più islamofobia, nota dominante della politica del Pvv in questi anni, ma odio verso una determinata fetta di popolazione, quella degli immigrati dal Marocco.
Il Wilders-show ha provocato una polemica durissima in Olanda, che ancora continua. Cortei contro di lui e a favore degli immigrati, denunce in procura, dichiarazioni delle forze politiche, social network sommersi di critiche e insulti. Fin qui tutto previsto. Forse, però, non si aspettava le reazioni negative di una parte dei suoi dirigenti di partito, infastiditi dall’estremismo razzista. Nei giorni successivi si sono infatti dimessi diversi consiglieri comunali del Pvv appena eletti, un’europarlamentare di prestigio per il suo gruppo come Laurence Stassen e più recentemente se ne è andato sbattendo la porta un altro dirigente di punta, Lucas Hartong.
Una piccola débâcle che però non sembra preoccuparlo. Si consola con le migliaia di mail a sostegno e soprattutto con i sondaggi che lo danno sicuramente secondo partito nazionale, se non addirittura primo. Certo stupisce che in un Paese famoso a livello mondiale per tasso di libertà, pluralismo, tolleranza, tutela dei diritti, impegno ambientale, piste ciclabili e tulipani, abbia tanto successo un leader così esplicitamente razzista. C’è in realtà un precedente, quello di Pim Fortuyn, il politico che all’inizio del Duemila formò una lista liberal-conservatrice islamofoba e razzista arrivando al 17 per cento dei voti alla Camera bassa. Fortuyn venne ucciso nel maggio 2002 dall’estremista di sinistra Volkert van der Graaf, scarcerato lo scorso primo maggio dopo aver scontato due terzi della pena.
Wilders, 51 anni a settembre, elegante in giacca scura e cravatta spesso arancione, mai un capello fuori posto, proviene da una famiglia cattolica di Venlo, ed è sposato con Krisztina Marfai, di origini ungheresi, che per motivi di sicurezza vede una sola volta alla settimana, così dice la leggenda che lo circonda. E non è certamente un principiante dell’islamofobia. Prima deputato del Partito popolare per la libertà e la democrazia (il Vvd che governa oggi con il primo ministro Rutte), poi fondatore del Pvv, è nel 2006 che inizia le crociate antislamiche. Si batte per limitare l’immigrazione, cerca di bandire il Corano paragonandolo al "Mein Kampf" di Hitler e nel marzo 2008 realizza addirittura un film, "Fitna", per denunciare il fondamentalismo islamico inclusi i musulmani moderati. Il film, condannato dal governo olandese e ignorato dai canali televisivi nazionali, viene pubblicato sul sito "Liveleak", subito rimosso, poi ripubblicato e definitivamente ritirato. Un aneddoto curioso è che il distributore del film, Arnoud Van Doorn, in passato fedelissimo e deputato di Wilders, si è convertito nel 2013 all’Islam e lo stesso ha fatto il figlio Iskander a fine aprile, secondo quanto scritto dal sito "OnIslam".
Il violento attacco ai marocchini è un salto di qualità nella sua guerra agli immigrati islamici. Cerca di catturare il malcontento diffuso tra gli olandesi per gli episodi di piccola criminalità che vede per protagonisti giovani regolari o clandestini. Gran dibattito c’è stato attorno a un episodio di cronaca nera accaduto il 28 marzo nella cittadina di Deurne, dove due rapinatori sono stati uccisi nell’assalto a una gioielleria. I due, che risulteranno essere marocchini, entrano nel negozio "Goldies" e ordinano al proprietario di dar loro soldi e gioielli. La moglie, che è nell’appartamento accanto, dove i due vivono e hanno una telecamera di circuito interno collegato alla gioielleria, se ne accorge, prende la pistola, entra in negozio e spara ai rapinatori. Dalle indagini risulta che l’arma è detenuta illegalmente. L’Olanda si spacca di nuovo in due tra chi accusa la gioielliera di omicidio e chi mette all’indice i "soliti marocchini".
L’altro punto forte della piattaforma Wilders è l’attacco all’Europa e all’euro. Nella paginetta in sette punti preparata per il 25 maggio, contro le 35-40 pagine dei programmi degli altri partiti, si sostiene l’abbandono della moneta unica, il rafforzamento delle frontiere, il recupero di sovranità con la rinazionalizzazione delle politiche Ue, lo stop ai regali miliardari fatti agli altri Paesi membri. Sotto lo slogan Nexit (Netherland exit) si proclama l’uscita dall’euro e il ritorno al fiorino. Per dare sostanza teorica e pratica al piano, Wilders si è rivolto al think tank londinese Capital Economics, noto per aver vinto nel 2012 il premio Wolfson di 250mila sterline da assegnare a chi avrebbe fatto la proposta migliore per sciogliere l’euro. Il risultato è una ricerca di oltre 160 pagine che non nega alcuni costi iniziali di un abbandono della moneta unica, ma elenca tutta una serie di benefici di breve e lungo termine per il cittadino olandese. In particolare, con un’uscita il primo gennaio 2015 e rapporti con l’Unione europea analoghi a quelli di Svizzera e Norvegia, il prodotto interno lordo dovrebbe risultare entro il 2035 del 10-13 per cento più alto che restando nel blocco e in vent’anni per le famiglie il vantaggio sarebbe addirittura tra 7.100 e 9.800 euro di reddito in più all’anno.
Wilders ha gradito parecchio l’esito dello studio inglese. Nel programma non viene citato, ma si elencano i numeri che dovrebbero far sognare gli olandesi. Il nervo euro è quello più sensibile per i suoi concittadini, come per milioni di europei stretti nella morsa della crisi. Forse non è un caso che il primo ministro Mark Rutte, liberal-conservatore, sentendo sul collo il fiato dell’ex compagno di partito ora rivale, stia facendo una campagna sì filo-europea, ma con qualche "se" e qualche "ma". Ha presentato una lista di 54 competenze che dovrebbero restare in mano ai governi nazionali piuttosto che essere date all’Ue. E in un’intervista rilasciata la scorsa settimana Herman Van Rompuy, il belga che siede sulla poltrona di presidente del Consiglio europeo, ha rivelato una minaccia di uscire dall’euro fatta due anni fa in un colloquio ufficiale dallo stesso Rutte nel caso la Ue avesse insistito con i cosiddetti "contratti di riforma vincolanti", e cioè le clausole obbligatorie con cui i Paesi membri si impegnano, pena sanzioni decise dalla Commissione, a rispettare i tempi per le riforme strutturali e la riduzione dei deficit di bilancio.
Il premier ci prova. Ma superare a destra Wilders è un’impresa quasi impossibile.