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 2014  marzo 18 Martedì calendario

ITALIA SENZA TRASPARENZA SUI DATI


Nel 2011, Barack Obama, insieme ai governi di sette altri paesi, ha lanciato la Open Government Partnership (Ogp), un’iniziativa globale per promuovere pratiche governative di trasparenza, partecipazione e accountability mirate a dare più informazione (e quindi più potere) ai cittadini sull’operato del governo, a ridurre la corruzione e a migliorare la qualità dei servizi pubblici. I paesi che partecipano devono preparare un piano di azione in consultazione con attori della società civile, definire impegni concreti da realizzare in tempi definiti, e sottomettersi a un processo di valutazione indipendente.
Ai primi otto paesi se ne sono poi aggiunti altri 55 da tutto il mondo, dalla Norvegia alla Mongolia, e dal Perù al Ghana. Il governo italiano, tramite l’allora ministro della Funzione pubblica Brunetta, ha aderito all’iniziativa nel settembre del 2011, e ha presentato il suo piano di azione (Action Plan) nella riunione Ogp di Brasilia, in aprile del 2012. Il piano italiano si basava su alcune iniziative già in corso, tra cui l’Agenda digitale italiana, lanciata pochi mesi prima dal governo Monti su stimolo dell’Unione Europea. Messo insieme in fretta e furia, includeva una serie di iniziative come l’istituzione di un Portale della trasparenza che ospitasse tutti i dati sull’operato dell’amministrazione pubblica, interventi per la prevenzione e la lotta alla corruzione, un’espansione del portale di “Dati aperti” del governo (www.dati.gov.it), la promozione di uno standard nazionale per i dati aperti in Italia, e l’introduzione di varie iniziative di e-government, oltre a varie misure per aumentare le opportunità di partecipazione dei cittadini nel processo di definizione politiche pubbliche a livello nazionale e locale.
Due anni e tre governi dopo, a che punto siamo con la realizzazione del piano di azione? La domanda casca a pennello, già che la relazione sullo stato di avanzamento del piano italiano è appena stata pubblicata dall’Independent Reporting Mechanism dell’Ogp, incaricato di verificare in maniera indipendente i progressi fatti da ogni paese che aderisce all’iniziativa.
L’anno scorso da alcuni esponenti della società civile italiana, organizzatisi sulla piattaforma online www.opengovernmentforum.it, hanno evidenziato il fatto che soltanto uno dei 18 obiettivi definiti (la creazione di un sistema informativo sullo stato di avanzamento di tutti gli interventi finanziati dei fondi strutturali europei e dal Fondo Sviluppo e coesione nazionale), è stato completamente raggiunto, mentre più della metà sono ancora lontani dall’essere realizzati, tra cui l’istituzione del Portale della trasparenza e il lavoro sullo standard nazionale per i dati aperti.
E il rapporto “ufficiale” dell’Ogp? Sostanzialmente conferma molti dei commenti e dei rilevamenti fatti dalla società civile. Riconosce però l’importanza e il potenziale trasformativo di molte delle iniziative proposte dal governo italiano, che purtroppo però sono rimaste per la maggior parte inadempiute. Se il numero degli obiettivi raggiunti cresce a tre, sulla base di leggi e regolamenti approvati dal governo che promuovono la lotta alla corruzione e la pubblicazione e riuso di dati pubblici, la maggioranza degli obiettivi rimane incompleta, mentre per cinque degli obiettivi previsti non si è ancora mosso nulla, come nel caso dell’istituzione di un concorso annuale per l’uso creativo dei dati pubblici, o del rafforzamento della partecipazione in progetti innovativi territoriali, obiettivo per altro formulato in modo molto generale e poco chiaro.
Per certi versi si può considerare normale che una nuova iniziativa internazionale come l’Ogp ci metta del tempo a mettere radici e a essere efficace nei vari paesi che vi aderiscono. E sicuramente l’Italia non è l’unico paese a essere rimasto indietro nell’attuazione del suo piano d’azione. Ma basta sfogliare i vari rapporti pubblicati recentemente per trovare esempi molto più incoraggianti. Un esempio è il Canada. Ha completato 12 dei 20 obiettivi che si era proposto, e sta lavorando sugli altri otto. Tutti i ministeri hanno adottato una Open Government Licence per la pubblicazione dei loro dati, e il governo si sta dotando di mezzi più moderni per garantire il diritto all’accesso all’informazione dei cittadini canadesi e per promuoverne la partecipazione nei processi di politica pubblica. Anche il governo indonesiano, che per i prossimi due anni guiderà l’Ogp insieme a quello messicano, ha messo in atto una serie di iniziative più direttamente mirate a migliorare la gestione delle risorse pubbliche pubblicando dati dettagliati che permettano ai cittadini di monitorare la performance del governo. D’altra parte, l’Italia non è nuova a risultati scoraggianti quando si parla di trasparenza e buon governo. L’Open Budget Index, che misura la trasparenza dei conti pubblici, colloca l’Italia all’ultimo posto in Europa. Per l’indice di Transparency International sulla percezione della corruzione, l’Italia occupa il 69° posto insieme a Kuwait e Romania, e dietro a paesi come il Rwanda o la Repubblica Domenicana.
Perché in Italia è così difficile far partire l’idea del governo aperto, e creare le condizioni necessarie per una vera modernizzazione dell’amministrazione pubblica che usi tecnologie all’avanguardia, ponendo il cittadino al centro dell’azione di governo? Ritardi cronici nell’investimento tecnologico, e uno scarso livello di penetrazione di internet sono fattori che contano. Di questo passo, l’Italia resterà sempre più indietro, e farà sempre più fatica a recuperare terreno. La formulazione del secondo piano d’azione è un’opportunità che il nostro paese farebbe bene a non perdere.
Paolo de Renzio è autore per quattrogatti.info e Senior Research Fellow presso l’International Budget Partnership