Alessandro Gonzato, Libero 18/3/2014, 18 marzo 2014
REFERENDUM IN VENETO – [SETTECENTOMILA VOTI PER LA SECESSIONE]
In due giorni più di 700 mila veneti si sono espressi sull’in - dipendenza della propria regione. Soltanto nelle prime 15 ore della consultazione referendaria avevano votato in 430 mila. Lo hanno fatto sul web, per telefono, o recandosi ai seggi sparsi nelle sette province. Hanno risposto “sì” o “no” a una semplice domanda: «Vuoi tu che il Veneto diventi una Repubblica Federale indipendente e sovrana?». Dopo il quesito principale altri tre interrogativi rivolti ai 3milioni 900 mila elettori: se il Veneto debba rimanere nell’Unione Europea, se debba mantenere l’euro come moneta e se in caso di rinascita la Serenissima debba far parte della Nato. Per i votanti, inoltre, la possibilità di indicare il candidato che eventualmente entrerà a far parte della delegazione dei dieci cittadini veneti chiamati a rendere esecutivo il referendum.
La consultazione è cominciata domenica alle 7 e proseguirà fino a venerdì alle 18. A urne chiuse si conoscerà il numero dei veneti che vogliono l’indipendenza e quello dei contrari. Un’ora dopo a Treviso - in piazza dei Signori - ci sarà una manifestazione organizzata da Plebiscito.eu, comitato apartitico e trasversale (nato a luglio 2013) promotore della storica consultazione.
La maggioranza dei votanti, finora, ha scelto il web, anche se circa 200mila si sono recati fisicamente ai gazebo. La procedura è veloce. Basta accedere al sito www.plebiscito.eu, compilare una breve scheda anagrafica, fornire il numero di un documento d’identità, e richiedere via mail il codice personale per accedere al voto. Meccanismo simile per chi vuole dare la preferenza tramite la tastiera del telefono. Come detto ci si può recare anche fisicamente alle urne. Trovare un gazebo - pure all’interno di alcuni negozi - non è difficile: nel solo Trevigiano ce ne sono più di 40. La provincia con l’affluenza al voto più alta al momento è Vicenza (182 mila), seguita da Treviso, Padova e Venezia.
La consultazione è monitorata da osservatori internazionali che a voto concluso si esprimeranno sulla regolarità del referendum. É proprio al diritto internazionale che si appellano i promotori della votazione per aggirare l’artico - lo 5 della Costituzione italiana, quello sull’indivisibilità della Repubblica. Come ribadito anche dal governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia, questo paletto potrebbe essere scansato facendo appello al diritto di autodeterminazione dei popoli. «Il referendum » fanno sapere i promotori di Plebiscito.eu «dimostra fin dal primo atto di legalità veneta la differenza con lo Stato italiano che, con un comportamento antidemocratico unico nel mondo occidentale e non solo, non permette ai cittadini di esprimersi nemmeno su questioni fondamentali che li riguardano direttamente, come ad esempio le tasse. La legalità veneta invece» prosegue la nota «incarna fin dal principio l’istituto della democrazia diretta, limitando fin dalla nascita del Veneto indipendente lo strapotere di cui godono invece i politici nello Stato italiano».
L’attenzione dei media nazionali, eccetto casi rarissimi, è praticamente nulla. Pure la stampa locale, nonostante la portata dell’avvenimento, sta dando poco risalto agli indipendenisti. All’estero, invece, della Serenissima se ne parla eccome. Se ne stanno occupando da giorni “The Telegraph” («Venezia prepara il referendum per la secessione dall’Italia»), “Express” («Come il voto a Venezia potrebbe cambiare la faccia dell’Italia»), “Bbc” («Venezia vota il referendum per dividersi da Roma»), “The Independent” («Dal Canal Grande al balcone di Giulietta un “sì” dal Venetopertagliare i legami con Roma»), “The New Zealand Herald” («Venezia per il voto sull’indipendenza»). Ma la consultazione di plebiscito.eu, ignorata dai media di casa nostra, è finita anche sulle principali televisioni, quotidiani e testate on line di Germania, Svizzera, Austria, Russia e Turchia. In Italia, in queste ore, si analizza soltanto l’importante referendum (dall’esito scontato) della Crimea. Ma che centinaia di migliaia di veneti chiedano in modo democratico di separarsi dall’Italia, stremati da tasse e burocrazia, sembra non importare a nessuno. O quasi.