Stefania Ulivi, Corriere della Sera 18/3/2014, 18 marzo 2014
LEO, DALLO SPACCIO ALLA CAMORRA: AMO LE COMMEDIE COMPLICATE
Ancora qualche giorno e le pareti della stanza che Edoardo Leo occupa negli uffici della Iff della famiglia Lucisano si riempiranno dei fogli della sceneggiatura del suo nuovo film da regista (e interprete), pieni di sottolineature e correzioni a colori. Titolo provvisorio, Noi la Giulia e altri miracoli . «Storia pazzesca, tratta dal romanzo di Fabio Bartolomei. Ho aspettato due anni per i diritti», racconta. «Una commedia sulla camorra con personaggi fantastici. Quattro perdenti in fuga da Roma inseguendo il sogno di aprire un agriturismo. Peccato che la zona dove comprano il casale, al confine tra Lazio e Campania, sia controllata dalla camorra».
Ha due film nelle sale, Smetto quando voglio dell’esordiente Sydney Sibilia (uno dei casi della stagione, la banda di ex ricercatori che si danno allo spaccio, che si avvia felicemente verso i 4 milioni di euro di incasso) e La mossa del pinguino di Claudio Amendola di cui è anche cosceneggiatore. Prima che comincia le riprese della terza opera da regista («sarà il film della maturità», dice l’attore, 41 anni compiuti il 21 aprile, lo stesso giorno della sua città natale, Roma), il 3 aprile uscirà anche Ti ricordi di me? diretto da Rolando Ravello con Ambra Angiolini. Trasposizione al cinema di uno spettacolo che Leo ha scritto con Max Bruno e portato in tournée per due anni. Insomma, è la sua stagione.
«Sono felice, realizzo le cose mi interessano con le persone che stimo. Il successo non è la popolarità, significa poter scegliere. L’unico momento di vera crisi che ricordo ha coinciso con quando ho deciso di scrivere il primo film che poi ho diretto, Diciotto anni dopo . Non potevo aspettare che il telefono squillasse, ho chiamato io».
Nel frattempo si era anche laureato, tesi in Sociologia della letteratura. «Avrei anche potuto non finire l’università, lavoravo già. Vengo da una famiglia modesta, nonno era contadino, sono il primo laureato. Quel 110 e lode aveva anche il valore di rivalsa rispetto a questa faccia da calciatore che mi ritrovo».
Ci scherza, ma piace molto alle trentenni. Trovano sexy la sua solidità. «Come sex symbol faccio ridere. Però se do l’idea di solidità mi fa piacere. In Buongiorno papà ho trattato il tema della responsabilità. È la cosa di cui si sente di più la mancanza nel nostro paese, anche per colpa della mia generazione. Altrove una classe dirigente corrotta e irresponsabile come quella che ha governato l’Italia sarebbe stata spazzata via da una rivolta morale. Invece di fronte a una gestione della cosa pubblica demenziale anche noi non abbiamo saputo opporre un sogno. Ci siamo tutti concentrati su altro, come fossimo narcotizzati. Lasciando che malaffare e criminalità proliferassero».
Non sarà facile trattare un tema tragico con i toni della commedia. «Il film è ambientato in un paese dal nome immaginario, Priviterno, ma gireremo in quelle zone tra Lazio e Campania dove la presenza della camorra si sente anche se molti fanno finta che non ci sia. Mi piace raccontare le cose che vedo, misurarmi anche con temi complicati». Prima che attore e regista, dice, ama essere spettatore. «Non farei mai film autobiografici. Non trovo la mia vita così interessante».
Stefania Ulivi
@sulivi