Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 18 Martedì calendario

SE IL “GRANDE FRATELLO” DEI SATELLITI NON RIESCE A TROVARE IL FANTASMA DEI CIELI


IL GRANDE FRATELLO dei cieli mondiali, almeno finora, ha fatto un buco nell’acqua. Sa tutto delle nostre vite private: dove siamo — grazie alle scie elettroniche di cellulari e tablet — dove andiamo e a che velocità con il navigatore in auto. Può scoprire con un clic, basta aprire Google Earth, se sul terrazzo di casa nostra abbiamo gerani o petunie. Ma ora che queste centinaia di occhi elettronici (leggi satelliti) potrebbero essere veramente utili, nessuno di loro è ancora riuscito a scoprire dove è finito il Boeing 777 della Malaysian Airlines sparito nel nulla da dieci giorni. Brancolano nel buio le autorità civili. E i sistemi militari — «che pure con ogni probabilità sanno molto più di quello che è noto», ammette una fonte dell’intelligence italiana — restano per ora dietro le quinte. Limitandosi a passare informazioni sottobanco e con il contagocce per non scoprire le proprie capacità operative in un’area dove gli equilibri geo-politici ancora sono instabili.
UN AGO NEL PAGLIAIO
Una cosa è certa. «Trovare un aereo scomparso come l’Mh370 è come cercare un ago nel pagliaio — dice sotto comprensibile condizione di anonimato il manager di una grande azienda spaziale italiana — Il 90% della superficie terrestre non è monitorato da radar e ogni minuto ci sono in volo 20mila aerei». In condizioni di normalità questi aerei sono seguiti passo a passo proprio attraverso i dati che il Gps di bordo trasmette al satellite girando poi quota, velocità e posizione a terra. Un lavoro certosino e preciso al metro come testimonia (basta digitare www.flightradar24. com) la ragnatela di aerei in volo in tempo reale sull’Italia. Ma se qualcuno, come è successo sul Boeing malese, disattiva le trasmissioni, il segnale salta e il jet diventa un fantasma dei cieli.
LE SENTINELLE CIVILI
Con tutti i satelliti intrusivi che ci sono, viene da pensare, ritrovarlo non dovrebbe essere difficile. Invece no. «Le strutture civili hanno in molti casi capacità limitate», ammette il manager italiano. Ci sono decine di stazioni orbitanti per il meteo, per dire, che però sono in grado di spedire a terra solo «immagini a bassa risoluzione». Troppo sgranate per svelare i misteri del Boeing. «Al mondo ci sono solo una decina di satelliti civili tra America, Russia ed Europa in grado di garantire fotografie ad alta risoluzione, con dettagli sotto al metro di dimensione », dice Jonathan Mc-Dowell dell’Harvard Smitsonian Center di Cambridge. Potentissimi marchingegni hi-tech, certo, ma con un raggio d’azione limitato: «Girano il mondo in un’ora e mezza. E più si vuole una definizione precisa degli oggetti al suolo, più stretta è l’area che possono monitorare — sostiene McDowell — . In 24 ore “mappano” al massimo il 5% del globo». E spesso, per di più, la loro orbita è tarata per passare sopra centri abitati o aree di specifico interesse e non sul mare.
GLI “OCCHI” DEI MILITARI
Nessuno sa davvero quanti siano e che rotte battano. Di sicuro però la rete di satelliti militari in orbita attorno alla terra «è più numerosa e più potente dei “cugini” civili », come dice la nostra intelligence. «E di sicuro è stata riprogrammata in queste ore per pettinare il sud-est asiatico, dalle piste abbandonate ai deserti, per cercare dove è finito l’Mh370», conferma il manager di settore. Le infrastrutture dell’esercito sono in grado di fare foto agli infrarossi, su lunghezze d’onda differenti, notturne e «lavorano anche in condizioni meteo sfavorevoli». Il Pentagono, per dare un’idea dell’efficienza di questi sistemi, ha lasciato trapelare poche ore dopo la scomparsa del jet «di non aver segnali di esplosioni nei cieli della zona». Certezza garantita solo da sofisticatissime elaborazioni satellitari. E la Nasa ha messo a disposizione delle indagini la Stazione spaziale orbitante, in grado di di individuare a 300 km dalla crosta terrestre oggetti al suolo di 30 metri di dimensioni. Il problema è che in temi sensibili come quelli della difesa, i segreti sono segreti. E nessun paese è disposto a scoprire le carte sui suoi sistemi, specie in un’area calda come il sud-est asiatico. Dove, forse non a caso, la Cina sta tirando per la giacchetta da giorni la Casa Bianca chiedendo che metta a disposizione di tutti le informazioni che ha sul volo fantasma. Quasi a dire che Washington si sappia qualcosa di più di quello che è pubblico dominio. «È la vera guerra tra intelligence che si sta combattendo dietro le quinte in queste ore — conclude il nostro 007 — . Ma una cosa è certa: chi troverà l’aereo, e sono sicuro che prima o poi sarà trovato, farà di tutto per non far sapere come ha fatto e che il merito è suo!».