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 2014  marzo 02 Domenica calendario

ALTRO CHE MAFIA DEI FILM, QUESTI SONO DEGLI INFAMI


[Rudolph Giuliani]

Dottor Giuliani che rapporto c’è tra Cosa Nostra e la mafia siciliana?
La mafia siciliana è costituita fondamentalmente da un gruppo che opera avendo in Sicilia il proprio quartier generale, anche se ha organizzazioni attive in molti paesi: il Brasile, gli Stati Uniti, il Sudamerica. La versione americana della mafia siciliana o Cosa Nostra ha origine all’inizio del secolo con l’immigrazione italiana, nata da persone che non si possono far risalire alla mafia siciliana ma a diversi altri gruppi costituiti prevalentemente negli anni Trenta, organizzandosi in ventiquattro famiglie sparse in tutti gli Stati Uniti: cinque di queste si trovano a New York City che rappresenta il cuore della criminalità organizzata. I rapporti che hanno con la mafia siciliana, li definirei d’affari. Esistono affari illegali portati avanti congiuntamente. L’importazione di droga è forse il più importante, ed è quello su cui siamo maggiormente informati. Su questa attività erano coinvolti Tommaso Buscetta e Tano Badalamenti. In questo caso la mafia siciliana fungeva da contatto in Asia, in Europa occidentale e con il gruppo che portava la droga attraverso la frontiera degli Stati Uniti. Le famiglie americane compravano la droga da Buscetta e Badalamenti, solo dopo che era entrata negli Stati Uniti, e la distribuivano nelle più importanti città americane. Una collaborazione che è durata circa quindici anni.
Le famiglie mafiose americane collaborano tra loro?
Queste famiglie sono collegate tra loro solo per regolamentare l’attività, sono indipendenti, operano da sole e a volte combattono l’una contro l’altra.
La mafia americana proviene da diverse etnie?
Negli Stati Uniti esiste una moltitudine di gruppi criminali. Per noi, sfortunatamente, Cosa Nostra non rappresenta l’unico problema di criminalità organizzata che dobbiamo affrontare. È difficile formulare delle cifre, tuttavia possiamo parlare di una dozzina di gruppi di etnie diverse che operano in modo analogo a quello della mafia siciliana in America. Dottor Biagi, le faccio un paio di esempi: negli Stati Uniti vi sono delle gang di ex detenuti coinvolti nello spaccio della droga, nelle estorsioni, nello stesso genere di crimini di Cosa Nostra; ce n’è un altro, la “gang delle motociclette” che è organizzata secondo il modello della mafia siciliana, con la stessa struttura della famiglia: il “don”, in questo caso il “capo”, un vice e dei gruppi guidati da capitani che riferiscono al capo, anche questa agisce negli stessi ambiti di Cosa Nostra.
A suo tempo il padrino veniva chiamato “don”, ora, come lei ha sottolineato “c a p o”. Si tratta del segno di una certa evoluzione?
Sì, ne sono convinto. Il “don” o padrino era la definizione del responsabile quando la mafia era chiamata: “onorata società”. Ma allora Cosa Nostra non trafficava con la droga, donne e bambini erano rispettati. Molte di queste tradizioni sono sparite. Le persone che vengono reclutate oggi non sono in grado di pensare in termini di tradizione, quindi, un banale cambio del titolo rappresenta, nella realtà, un cambiamento all’interno del clan, della famiglia. Esattamente come si è modificato il rapporto con l’omertà. Fino a dieci, quindici anni fa, era impensabile convincere qualcuno a collaborare , a parlare, a denunciare fatti di mafia, oggi, in alcune aree l’omertà non esiste più.
Che tipo è il nuovo padrino?
Il soggetto che possiamo identificare come il capo di una criminalità organizzata, di una famiglia, generalmente è una persona della terza età, sui 60, a volte anche 70 anni, coinvolto, da sempre, in attività criminali. Una persona che ha fatto carriera all’interno della struttura, avendo iniziato, negli anni Trenta o Quaranta, come soldato, per poi diventare capitano, vicecapo, e per assumerne finalmente in pieno la guida. La maggior parte delle famiglie sono strettamente gerarchizzate ed è raro osservare una figura, del tutto nuova, che emerge per assumere, sin dall’inizio, il potere. Qualche volta è accaduto, ma non si tratta di regola ma di eccezione. Il vero cambiamento sta avvenendo a un livello inferiore, dovuto al fatto che ci sono problemi di reclutamento di persone, a causa della qualità della leadership che è in forte declino. Questo ci fa sperare che entro i prossimi quattro o cinque anni, se il governo americano continuerà nei suoi sforzi, potremmo arrivare a distruggere totalmente Cosa Nostra e la mafia negli Stati Uniti.
Perché ritiene che sia difficile per le famiglie trovare reclute?
Le famiglie hanno trascurato un problema sociale: molti italiani che, all’inizio del secolo, sono venuti negli Stati Uniti, erano poveri, cercavano lavoro, vivevano nelle loro comunità, nei ghetti. C’era un ghetto italiano, irlandese, ebreo e altri ancora. Nel ghetto si creavano molte pressioni con lo scopo di coinvolgere le persone in attività illegali. Entrare nella famiglia serviva per scappare dalla difficile situazione in cui vivevano. Allora per le famiglie era facile reclutare manovalanza. Negli anni Settanta e Ottanta è cambiato tutto. L’italo-americano non vuole più vivere nei ghetti; le recenti migrazioni dall’Italia sono formate da persone di più elevato livello sociale. Credo che il modo migliore per descrivere il fenomeno sia il seguente: se le famiglie dovessero tentare di reclutare i giovani di oggi, come facevano cinquant’anni fa, dovrebbero cercarli nei college e nelle università, e questi non ne vorrebbero sapere, il loro obiettivo è quello di fare carriera nel giornalismo, nella medicina, nel teatro ... Il profilo di oggi, di un giovane italo-americano, è ben diverso da quello di allora.
In che modo è cambiata la mafia americana dai
giorni del padrino, raccontato nel film di Coppola, interpretato da Marlon Brando?
Dubito che ci sia mai stata una mafia americana come quella raccontata nel film. Da un certo punto di vista, sia il libro sia il film, sono stati molto precisi nel descrivere la struttura di una famiglia mafiosa americana, l’inesattezza sta nel fatto di aver avvolto questi criminali di romanticismo, trasformando i mafiosi in quasi eroi. In tutte le persone c’è del buono e del cattivo, anche nelle persone coinvolte nel crimine organizzato, ma il tipo di affari, il fatto che i mafiosi traggono profitto rendendo i propri connazionali delle vittime, ne fanno persone infami. In America, il mafioso ha iniziato con l’estorsione di denaro dai poveri immigrati provenienti dall’Italia alla ricerca di un lavoro per vivere. La mafia, la “mano nera”, così veniva chiamata allora, si è sviluppata estorcendo loro del denaro, minacciandoli di distruggere le loro attività, di far loro del male se non avessero pagato. A volte gli scrittori, i giornalisti, i sociologi, che hanno una visione troppo romantica, fuorviano sul modo di agire di questi criminali.
Quanti sono gli appartenenti a Cosa Nostra?
Le 24 famiglie sono composte da circa duemila affiliati e, secondo le stime della FBI, ognuno di questi dispone almeno di altri dieci uomini: i così detti associati, che non sono stati né iniziati né nominati membri, ma che lavorano per loro e sostengono le imprese e le attività illegali degli appartenenti al crimine organizzato.
Perché sono così importanti le rivelazioni di Buscetta?
Perché sviluppano la struttura della mafia, forniscono una specie di mappa stradale di Cosa Nostra, che permetterà alle autorità italiane e americane di scoprire dove si trovano le varie famiglie, come sono organizzate, le persone che vi lavorano e i loro capi. Accadde anche da noi negli anni Sessanta con Joe Valachi e negli anni Settanta con un altro mafioso, non famoso dalle vostre parti, Frediano, ma molto, molto importante. Grazie alle rivelazioni di Buscetta, negli Stati Uniti, sono già stati arrestati 50 membri appartenenti a Cosa Nostra.
Secondo lei perché Buscetta ha deciso di parlare?
Per molte ragioni. La prima per salvare la sua famiglia dopo l’omicidio dei figli. Non aveva scelta, l’unico modo era quello di collaborare, così ha potuto mettere in sicurezza, non solo se stesso, ma soprattutto i suoi cari. Queste stragi, il traffico della droga, la prostituzione, sono la dimostrazione di come è cambiata la mafia siciliana: è andata oltre alla propria tradizione, diventando un’organizzazione criminale simile a quelle terroristiche, in cui non esistono regole.
Le indagini americane porteranno a nuove rivelazioni?
Credo di sì, soprattutto quelle collegate al caso Badalamenti. Un’indagine durata due anni e mezzo, che si è servita dell’elettronica. Abbiamo migliaia di ore di conversazioni registrate su nastro, tra appartenenti a Cosa Nostra americana e alla mafia siciliana. La qualità delle informazioni che abbiamo a disposizione sulle loro attività criminose è notevole. Ciò che Buscetta può aggiungere è la sua conoscenza sui fatti come testimone diretto. Se non ci fosse la collaborazione di Buscetta noi riusciremmo a capire solo una parte degli argomenti di cui i mafiosi parlano, avere un così prezioso testimone, che capisce tutto sulle attività descritte, sia sul crimine in America che in Italia, per noi è fondamentale.
Badalamenti non ha parlato, Buscetta sì, al fine dell’indagine, quale dei due è risultato più importante?
Sono testimonianze molto diverse. Quella di Buscetta, grazie al prezioso lavoro di Giovanni Falcone, ha sicuramente più valore per averci fatto apprendere come è organizzato e come agisce il crimine organizzato. Per quanto riguarda le operazioni criminali effettive, Badalamenti essendovi coinvolto, per noi rappresenta la figura più significativa. Si suppone che fosse a capo di una famiglia criminale siciliana e che avesse molta autorità su altre. È stato pesantemente coinvolto in un importantissimo affare di narcotici per lungo tempo. Se mi permette dottor Biagi io dividerei la domanda in due parti.
Prego, dottor Giuliani.
Chi è stato il personaggio più importante per le autorità? A questa domanda rispondo: “Ovviamente il più importante è Buscetta”. Chi è stato più importante dal punto di vista dei danni apportati alla società? “Sicuramente Badalamenti”.
Cosa rappresenta l’Italia nel traffico della droga?
L’Italia è presente a diversi livelli, e nel passato l’ha anche prodotta: l’eroina arriva in Italia dal Medio Oriente e da voi veniva trasformata per essere venduta direttamente al drogato. Adesso siete diventati anche forti consumatori. Le autorità italiane indicano che ci sono da centocinquanta a duecentomila eroinomani, mentre negli Stati Uniti le stime danno cinquecento mila drogati, in percentuale avete più eroinomani voi in Italia. Per quanto riguarda l’attività di trasformazione della droga. in Italia abbiamo riscontrato una riduzione grazie alle eccellenti investigazioni condotte dalle vostre autorità, tuttavia, ancora oggi, è nel vostro paese che vengono stipulati i grossi contratti per la spedizione di eroina dal Medio Oriente verso l’Europa, l’America Latina e l’America del Nord.
Come valuta l’opera della polizia e della magistratura italiana?
Il governo e i magistrati italiani sono stati estremamente efficienti. Il lavoro svolto è stato di enorme valore e una parte del successo ottenuto all’interno degli Stati Uniti contro la mafia deriva dall’attività dei magistrati e delle autorità italiane. A più riprese abbiamo avuto qualcosa come tredici, quattordici magistrati e procuratori italiani negli Stati Uniti a collaborare con noi, e io ho inviato dei miei procuratori in Italia a lavorare con loro. Tra il governo italiano e il Dipartimento di giustizia americano si è creata una vera e propria collaborazione che continuerà nel tempo. Se l’Italia avrà successo nel distruggere le famiglie della criminalità organizzata, distruggendo il loro potere, sicuramente trarremmo anche noi grossi benefici, perché gran parte delle loro attività sono collegate con Cosa Nostra americana; come è vero il contrario: se i capi delle famiglie arrestati verranno condannati, i benefici arriveranno anche in Italia. La nostra collaborazione si è dimostrata l’arma più efficace nella lotta contro la criminalità organizzata. Quello che oggi si riscontra, nella maggior parte degli Stati Uniti, è un rinnovato rispetto verso l’Italia e verso l’efficienza della polizia e della magistratura italiana, per il loro modo di operare, sia nella lotta contro la mafia, sia contro il terrorismo. Per un italoamericano come me questo è motivo d’orgoglio.