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 2014  febbraio 22 Sabato calendario

DAL JOBS ACT AGLI ESODATI, LE SFIDE DI POLETTI “NIENTE FRETTA, NON VOGLIO SEMINARE ILLUSIONI”


«La prima telefonata che ho ricevuto è stata quella della signora Maria, la mia vicina di roulotte a Pinarella di Cervia, nel ravennate, una vera maga dello gnocco fritto: “Ma un ministro la può usare la roulotte?”. “Scherziamo!”, le ho risposto. Io alla mia roulotte non rinuncio!». Giuliano Poletti, appena nominato a sorpresa da Renzi ministro del Lavoro e delle Politiche sociali «con delega al Terzo settore», è ancora confuso. «Onorato e meravigliato. Certo non l’avevo previsto. Mi sento come in una bolla», ripete al telefono un po’ stordito. «E comunque sarò il primo ministro in roulotte».
Sessantadue anni, imolese, due figli. Grande appassionato di pallamano. Un passato politico tutto a sinistra, considerato vicino a Vasco Errani e Massimo D’Alema. Ultimo segretario del Partito comunista di Imola dal 1982 al 1989, l’anno del muro. Poi però lui i muri li ha fatti crollare. Lo definiscono leader carismatico e sanguigno, da buon romagnolo. Fieramente alla guida di LegaCoop per undici anni, dal febbraio 2013 è anche presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane, una fusione miracolosa tra coop rosse e bianche (ha rinunciato a una candidatura del Pd al Parlamento per “unire” Agci, Confcooperative, LegaCoop). Uomo di mediazione, a detta di tutti. Paziente e fattivo, dialogante e decisore. Dai tempi bui di Consorte alla Unipol (tre giorni prima delle sue dimissioni fu proprio Poletti a sollevare «il problema etico» per «comportamenti incompatibili con il nostro sistema di valori»). Fino ai tempi veloci di Matteo Renzi. Critico ma aperto a sindacati e Confindustria («collaborazione efficace con Parlamento e forze sociali », auspica nel suo primo comunicato da ministro). Ben consapevole del dramma della disoccupazione che attanaglia l’Italia.
«La telefonata di Renzi è arrivata ieri sera e ho accettato la sfida», racconta Poletti. Dunque giovedì, a ventiquattrore dalla nomina davvero “last minute”. «Con il sindaco ci siamo visti diverse volte alle assemblee della Lega Coop a Firenze. I nostri reciproci pensieri sono noti. Con Delrio ci conosciamo ancora meglio», prosegue il ministro. Sa che ora lo attende un compito durissimo: youth guarantee, Jobs Act, riforma degli ammortizzatori, esodati. Il 42% dei giovani italiani galleggia, alla ricerca di un posto. Renzi è l’uomo giusto? «Penso di sì», ammetteva lunedì scorso. «Non voglio seminare illusioni. Le azioni veloci sono molto difficili in campo economico e sociale », dice con prudenza ora a Repubblica, alla vigilia dell’inatteso giuramento al Quirinale. «Anche perché le chiavi delle risposte non sono tutte nelle mani del governo ».
Qualche idea, di recente, Mister Coop l’ha buttata giù in effetti. «Togliere il costo del lavoro dalla base imponibile Irap», suggeriva nel settembre scorso. «Risposte choc sì, ma solo dentro un orizzonte chiaro e definito», meglio se inserite «in una linea politica che durerà da qui ai prossimi cinque anni», raccomandava a Renzi giusto sei giorni fa. Quando dalle colonne di Avvenire suggeriva di partire dalle «semplificazioni »: «Io vieterei i decreti attuativi ». La parola chiave del neo ministro è «programmazione». L’obiettivo, «costruire una società equa». Di qui il dialogo serrato con il mondo cattolico (Poletti è da anni ospite fisso del Meeting ciellino di Rimini) e con tutto il non profit. Un’idea è quella di «sfruttare la leva del servizio civile », (un anno “green” con Enea, fondi Ue, finanziamenti Cipe). Un’altra è quella di fare «un vice ministro dell’economia sociale e solidale». L’importante però «è non lasciare gli under 35 a casa, ad aspettare una telefonata che non arriva mai». Ora tocca a lui. Intanto incassa il sostegno dei suoi. «La nomina è anche un riconoscimento a noi», esulta l’Alleanza delle cooperative.