Piergiorgio Odifreddi, la Repubblica 2/2/2014, 2 febbraio 2014
BORIS SPASSKY E BOBBY FISCHER GEMELLI DIVERSI DELLA SCACCHIERA
Il più famoso match di scacchi della storia mediatica è certamente quello giocato nel 1972 a Reykjavik tra il campione del mondo in carica, il russo Boris Spassky, e lo sfidante statunitense, Bobby Fischer: un prolungamento sulla scacchiera della guerra fredda, in cui ironicamente a rappresentare l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti c’erano due dissidenti, che in seguito finirono entrambi in esilio dai rispettivi paesi. Fischer è morto (o meglio, si è lasciato morire, rifiutando le cure dopo un blocco renale) esattamente sei anni fa, il 17 gennaio 2008, a soli 65 anni. È sepolto in Islanda, il paese che gli aveva concesso asilo politico per sfuggire alla persecuzione degli Stati Uniti: questi pretendevano infatti di poter bombardare l’altrui Jugoslavia, ma non permettevano ai propri cittadini di visitarla, e Fischer aveva commesso il “reato” di giocarvi nel 1992 un match di rivincita con Spassky. Spassky, invece, ha compiuto 77 anni lo scorso giovedì: sorprendentemente, in Russia, dov’è tornato un anno e mezzo fa in condizioni misteriose. Dopo aver infatti avuto un colpo alla fine del 2010, che l’ha lasciato semiparalizzato, un giorno è sparito da Parigi, e poco dopo è riapparso a Mosca, scortato da gente che dice di averlo “liberato” dall’oppressione della moglie. I matematici ricordano questo gentleman, della scacchiera e della vita, come uno dei loro. La matematica era stata il suo primo amore, infatti, e l’aveva lasciata soltanto per compiacere la gelosia possessiva del secondo: gli scacchi, appunto. Ma le aveva reso omaggio nel 2007, al primo Festival di Roma, giocando una simultanea con una serie di beautiful minds, tra cui due premi Nobel: John Nash a Zhores Alferov. Auguri di buon compleanno, Boris!