Gianfranco Bologna, L’Unità 31/12/2014, 31 dicembre 2014
CONTABILITA’ ECONOMICA: QUANTO VALE LA NATURA
SI STA CHIUDENDO IL 2013, UN ULTERIORE ANNO MOLTO PESANTE PER QUANTO RIGUARDA LA SITUAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA DI MOLTI PAESI NEL MONDO, COMPRESO IL NOSTRO, CHE PROSEGUE UN TREND CHE ORMAI DATA DAL 2008. La crisi costituisce un aspetto che e costantemente e giustamente sotto i riflettori di tutti i media, mentre i dati sulla situazione ecologica planetaria, europea e nazionale sono totalmente in secondo piano come se appartenessero ad uno sfondo da ricordare solo ad intermittenza, nel momento in cui si verificano eventi catastrofici (come quelli recenti nelle Filippine e in Sardegna).
Sembra incredibile, ma è veramente un’impresa titanica far capire alla politica e all’economia che qualsiasi società umana può beneficiare di benessere e sviluppo solo usufruendo delle risorse naturali e degli straordinari “servizi” che i sistemi naturali offrono quotidianamente e gratuitamente a noi tutti: ad esempio, la rigenerazione del suolo, il ciclo e la salubrità dei sistemi idrici, la purificazione dell’aria, la stessa composizione chimica dell’atmosfera, i servizi degli impollinatori che consentono l’agricoltura, la stessa ricchezza della vita sul pianeta che ci offre la possibilità di avere agricoltura, zootecnia, industrie farmaceutiche, ecc.
Eppure non capirlo, non rendersi conto che la politica e l’economia debbano finalmente mettere in conto lo straordinario capitale naturale, la base della nostra stessa possibilità di esistere, che dovrebbe essere al centro delle politiche e delle decisioni da prendere, produce dei danni incalcolabili che minano profondamente la stessa possibilità di futuro per la civiltà umana.
Alla fine del 2012 è stato pubblicato il nuovo corposo volume sugli aggiornamenti del Geological Time Scale del nostro meraviglioso pianeta. Si tratta della più autorevole messa a punto delle ricerche geologiche che forniscono la cronologia della storia della Terra e la sua classificazione in coni, ere e periodi che tutti abbiamo studiato a scuola. In questo volume (Gradstein F., Ogg I., Schmitz M. e Ogg G.. The Geological Time Scale, edizioni Elsevier) l’ultimo capitolo è scritto da tre grandi studiosi di scienze del sistema Terra, Jan Zalasiewicz, Paul Crutzen e Willy Steffen ed è dedicato all’Antropocene, il nuovo periodo geologico che la comunità scientifica internazionale è intenzionata ad ufficializzare a dimostrazione di come siano chiarissime le evidenze di quanto l’intervento umano sui sistemi naturali sia ormai equivalente a quelle delle grandi forze geofisiche che, sin qui, hanno modificato il nostro pianeta nei suoi 4.6 miliardi di anni di vita. Ha scritto il noto economista indiano Pavan Sukhdev, che dirige il programma Green Economy dell’United Nations Environment Program (Unep) nella premessa al bellissimo rapporto al Club di Roma «Bankrupting Nature» di Johan Rockstrom e Anders Wijkman, lanciato ai primi del 2013: «Viviamo nell’Antropocene, un’era nella quale gli esseri umani sono diventati la forza geologica più importante sulla Terra. Sconcerta pensare che le azioni di sette miliardi di persone e dei loro stili di consumo abbiano un impatto che, nel complesso, è superiore a quello dei processi biofisici e geologici naturali. Ma perché sorprendersene? La biomassa umana supera quella di tutta la “megafauna” di circa due ordini di grandezza, e il nostro impatto è svariate volte maggiore. Ci affidiamo all’antica energia solare imprigionata nei combustibili fossili, la nostra impronta ecologica è oggi pari a una volta e mezza il prodotto dalla Terra, e così facendo mettiamo a rischio la futura sopravvivenza di innumerevoli specie, inclusa la nostra. In altre parole, stiamo consumando il passato, il presente e il futuro della biosfera, la nostra unica dimora, in un’insensata corsa al profitto. Scambiarne il Pii per il progresso, e stiamo tradendo il nome della nostra specie. Homo sapiens».
Ormai il gap tra avanzamento della conoscenza scientifica e mancata azione politica sta diventando realmente imbarazzante. E l’ennesima dimostrazione è stata la 19° Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite tenutasi a Varsavia lo scorso novembre dove i rimandi, le lentezze, l’inazione politica dell’avvio di un urgente processo per giungere ad un trattato internazionale sul clima per la significativa riduzione delle emissioni dei gas che incrementano l’effetto serra naturale, sono stati talmente clamorosi da far abbandonare la Conferenza da parte di tutte le grandi organizzazioni ambientaliste internazionali, da Greenpeace al Wwf.
Mentre la politica non trova un accordo, a causa soprattutto delle potentissime lobby delle industrie dei combustibili fossili, quest’anno per la prima volta nella storia dell’umanità, la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera ha sorpassato le 400 parti per milione di volume (ppm). Il dato è stato registrato il 2 maggio scorso, dal prestigioso Osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) statunitense ed ha avuto un eco significativo sulla stampa internazionale. A fine anno tale dato sarà valutato e calibrato con tutte le altre registrazioni che hanno luogo nelle diverse stazioni sulla Terra e si saprà quale è la cifra complessiva definitiva raggiunta nel 2013 (il dato del 20 dicembre scorso, sempre a Mauna Loa, era di 397.60 ppm). Si tratta della cifra più alta registrata negli ultimi 800.000 anni, come dimostrato dalle minuziose analisi del contenuto chimico intrappolato nelle “bolle d’aria” presenti nelle “carote” di ghiaccio prese in profondità dai ricercatori nelle stazioni scientifiche dell’Antartide e, secondo i dati paleoclimatici sin qui raccolti, si tratta di un dato che non era stato raggiunto se non nel Pliocene, il periodo geologico di 3-4 milioni di anni fa, quando è molto probabile che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera fosse di 415 ppm. Gli effetti di queste concentrazioni potrebbero essere devastanti per le società umane con profonde modificazioni del sistema climatico.
Quando nella seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso iniziarono le registrazioni annuali della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera nella stazione di Mauna Loa, dovute all’intraprendenza e intuizione del grande scienziato Charles Keeling (1928 2005), nel 1958 il livello di C02 presente in atmosfera era di 315 ppm e, grazie ad apposite indagini, si ritiene che nel 1750, nell’epoca dell’avvio della Rivoluzione Industriale, la concentrazione di anidride carbonica era di circa 278 ppm.
Secondo il recente Global Carbon Budget 2013, prodotto dall’autorevole Global Carbon Project, il più importante programma internazionale di ricerca sul ciclo del carbonio, le emissioni globali di anidride carbonica dovute al nostro utilizzo di combustibili fossili e di produzione di cemento, sono ancora cresciute del 2.1% nel 2012 e per il 2013 si stanno chiudendo con un equivalente percentuale di crescita, raggiungendo un livello che, rispetto alle emissioni del 1990, utilizzato come anno base nei negoziati internazionali sui cambiamenti climatici nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul tema, raggiunge complessivamente il livello di oltre il 61%.
Il ciclo del carbonio, come gli altri importanti cicli biogeochimici alla base dei processi della vita sulla Terra, come quelli dell’azoto e del fosforo, fanno parte del sano funzionamento dei sistemi naturali.
Gli straordinari sistemi naturali, cioè la ricchezza degli ecosistemi e della biodiversità presente sul pianeta, ed i servizi che essi offrono allo sviluppo ed al benessere umano costituiscono la base essenziale dei processi economici. Il capitale naturale non può essere di fatto “invisibile” all’economia come avviene attualmente, ma è centrale e fondamentale per l’umanità; dobbiamo quindi “mettere in conto” la natura, riconoscerle un valore. La contabilità economica deve essere assolutamente affiancata da una contabilità ecologica. Il valore del capitale naturale deve influenzare i processi di decision making, altrimenti avremo sempre di più una politica ed un’economia al di fuori della realtà e, oggi, non possiamo più permettercelo.