Cesare Peruzzi, Il Sole 24 Ore 27/12/2013, 27 dicembre 2013
ASSEMBLEA MPS ALLA PROVA DEL QUORUM
A fare la differenza saranno i numeri. L’assemblea straordinaria di Banca Monte dei Paschi in programma oggi a Siena, chiamata a decidere un aumento di capitale da 3 miliardi sulla cui tempistica è previsto che siano messe ai voti due proposte (a gennaio come vuole il consiglio d’amministrazione di Rocca Salimbeni e a giugno come invece chiede la Fondazione Mps, titolare del 33,5% del capitale), si gioca sul filo dei quorum e delle percentuali.
Lasciando per un momento da parte le polemiche e i diversi punti vista che nelle ultime settimane hanno alimentato il dibattito intorno agli assetti azionari e alle prospettive del terzo gruppo bancario italiano, c’è da dire che l’appuntamento assembleare di oggi, essendo in prima convocazione, richiede la presenza di almeno la metà del capitale sociale: una quota non scontata, dal momento che la statistica indica intorno al 51-52% l’affluenza media degli azionisti del Monte in assemblea.
La Fondazione Mps, rappresentata dal suo leader Antonella Mansi, ci sarà. Ma altri soci storici, come Unicoop Firenze, potrebbero mancare all’appello. La cooperativa di consumo guidata da Turiddo Campaini (ex vice presidente della banca) ha annunciato di aver ridotto la propria partecipazione in Mps da circa il 3 all’1,7%, sotto la soglia che impone di darne comunicazione alla Consob, e tutto lascia ritenere che il processo di disimpegno sia andato avanti. È molto probabile, dunque, che buona parte di quei titoli oggi non saranno in assemblea.
Basterà la presenza scontata dei fondi d’investimento stranieri (soprattutto americani) a compensare eventuali defezioni? In caso contrario, l’assemblea slitterebbe a domani in seconda convocazione, quando la legge stabilisce che basta superare un terzo del capitale per il regolare svolgimento. La Fondazione da sola, insomma, potrebbe essere sufficiente e scongiurare la prospettiva di dover ricorrere alla terza convocazione, prevista per lunedì 30, quando basterebbe la presenza di un quinto del capitale sociale.
I numeri dicono anche che l’Ente di Palazzo Sansedoni ha la forza di bloccare iniziative sgradite. L’assemblea, essendo infatti in sede straordinaria, deve deliberare a maggioranza qualificata dei due terzi del capitale presente. Ma la Fondazione da sola non riuscirà a far prevalere il proprio punto di vista, almeno in prima convocazione. C’è anche la possibilità teorica che non venga approvata né la proposta del consiglio d’amministrazione (aumento di capitale nel primo trimestre del 2014), né quella dell’Ente (ok alla manovra, ma nel secondo trimestre).
Se infatti il presidente della banca, Alessandro Profumo, in una lettera inviata alla Fondazione poco prima di Natale, ha ribadito come un eventuale «slittamento dell’aumento di capitale» comporterebbe «gravi rischi per il Monte», il Codacons ha annunciato ieri che prenderà parte all’assemblea è chiederà di votare addirittura contro la proposta di aumentare il capitale. «Perchè le risorse raccolte non saranno utilizzate in alcun modo per rafforzare la banca - spiega una nota del Coordinamento delle associazioni dei consumatori - e perchè l’operazione presuppone un rinnovo della fiducia al management insediatosi ormai quasi da due anni».
Proprio i manager del Monte, il presidente Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola, potrebbero decidere di lasciare Siena nel caso venisse sconfessata la loro linea. Sono loro che hanno firmato il piano di ristrutturazione del gruppo approvato dalla Commissione europea, dove è previsto un aumento di capitale da 2,5 miliardi entro il prossimo anno; e sono sempre loro che hanno deciso di proporre una manovra più sostanziosa (3 miliardi appunto), per restituire allo Stato il 70% del finanziamento ricevuto attraverso i Monti bond e pagare gli interessi relativi al 2013, riuscendo a mettere insieme un consorzio bancario internazionale a garanzia dell’operazione.
«Abbiamo trovato i soldi necessari a garantire il successo dell’aumento, che però dovrà realizzarsi a gennaio - spiegano Profumo e Viola -. Un rinvio equivale a prendersi il rischio che in futuro non ci siano condizioni altrettanto favorevoli». Su questo punto, i due manager sono convinti che sia a rischio l’indipendenza stessa del Monte. «L’unica cosa certa è che aumentare il capitale a gennaio significherebbe azzerare il patrimonio della Fondazione: e questo non lo possiamo permettere», risponde Mansi, che punta a trovare qualche mese di tempo per liquidare l’intera partecipazione in Mps a un prezzo congruo. Dopo settimane di polemiche, amministratori e azionisti oggi parleranno in assemblea. Sempre che ci siano i numeri per uno svolgimento regolare.