Simona Ficola; Benedetto Santacroce, Il Sole 24 Ore 20/12/2013, 20 dicembre 2013
IL NODO È L’INVERSIONE CONTABILE
Il nuovo testo sulla web tax individua anche la qualifica soggettiva del soggetto prestatore del servizio. Dovrebbe trattarsi, infatti, di editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario, anche qualora l’operazione di compravendita fosse effettuata mediante centri media, operatori terzi e inserzionisti. L’acquisto di questi servizi di pubblicità online e dei servizi a essa ausiliari, inoltre, dovrebbe essere effettuato mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare anche i dati identificativi del beneficiario, o con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni.
Ferma restando l’applicazione delle disposizioni in materia di stabile organizzazione, per la determinazione del reddito dovrebbero essere applicate la regole del transfer pricing utilizzando indicatori di profitto diversi da quelli applicabili ai costi sostenuti per lo svolgimento della propria attività, fatto salvo il ricorso alla procedura di ruling di standard internazionale.
La nuova disposizione andrebbe inserita nel decreto che disciplina l’Iva dopo l’articolo 17 che disciplina il debitore dell’imposta ai fini Iva. Tuttavia, non risulta chiaro il rapporto fra le due norme, in quanto l’obbligo introdotto sarebbe in contrasto con l’attuale normativa comunitaria che prevede per i servizi generici l’obbligo di applicazione del reverse charge.
Resta da chiarire, quindi, quale qualifica il legislatore ha inteso attribuire al prestatore dei servizi pubblicitari, prevedendo per lo stesso l’obbligo di vedersi attribuita una partita Iva.
Una possibile chiave di lettura di questa nuova disposizione potrebbe essere quella di aver voluto fornire uno strumento di controllo per queste operazioni, prevedendo che i soggetti passivi debbano acquistare tali servizi da un soggetto identificato in Italia, seppur non stabilito, e di prevedere una tracciabilità delle operazioni stesse. Tutto ciò, tuttavia, non dovrebbe contrastare con le disposizioni a oggi in vigore, prevedendo la piena operatività dell’articolo 17, di modo che il soggetto identificato non residente tramite una partita Iva italiana possa emettere la fattura senza indicazione dell’Iva e rendere operativo il reverse charge obbligatorio di modo che il committente nazionale resti il soggetto debitore dell’imposta. Se così non fosse, il prestatore identificato con la partita Iva italiana dovrebbe emettere una fattura con l’indicazione dell’imposta, in contrasto sia con la citata norma nazionale, sia gli articoli 44 e 196 della Direttiva 2006/112/CE che prevede, per i servizi generici, il reverse charge obbligatorio.