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 2013  dicembre 20 Venerdì calendario

OPERAZIONE BRACCIALETTO


Il senso del ministro Cancellieri per i braccialetti elettronici sta in otto parole: “Salvo che il giudice non li ritenga non necessari”. Poche sillabe che spuntano dal decreto del governo sulle carceri di tre giorni fa, e che rendono prassi i braccialetti per i detenuti agli arresti domiciliari. Prima applicarli era rimesso alla discrezionalità del giudice (“se lo ritiene necessario”): d’ora in poi sarà la normalità, salvo casi eccezionali, da giustificare. Così prevede il testo (non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale) fortemente voluto dalla Guardasigilli. Nonostante una storia di fallimenti, segnata da oltre 80 milioni di soldi pubblici spesi in otto anni per 14 bracciali funzionanti (sì, 14). E nonostante due sentenze, che hanno bocciato la convenzione da 521 milioni tra Telecom e Vi-minale su braccialetti e servizi di telefonia fissa e mobile, rimandando però l’ultima parola alla Corte di Giustizia europea. È in bilico, il maxi appalto assegnato all’azienda nel 2011 proprio dall’allora ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri: senza bando. E un bel pezzo della torta sono i 9 milioni e mezzo annui per i braccialetti elettronici. Eppure il ministro insiste, anzi rilancia su quei “mezzi di controllo” che dovrebbero aiutare a svuotare le carceri, ma che finora sono stati solo l’ennesimo affluente al fiume di sprechi dello Stato.
La linea: “Costosi,
ma da provare”
Due giorni fa, a Radio24, il ministro ha ribadito la sua linea: “Con il decreto si è cercato di dare la possibilità di usare di più il braccialetto elettronico. È costoso, ma Inghilterra se ne fa un uso incredibile, così come in Francia e in Spagna. E poi Strasburgo ci chiede di adoperarlo. Proviamoci, poi se non sarà necessario bisognerà dire che non vanno, ma qualcuno dovrà assumersi questa responsabilità”. Parole nette, quasi impazienti. Attualmente i braccialetti elettronici disponibili sono 2000, in uso circa una cinquantina. Non piacciono granché ai magistrati, questi dispositivi. Uno dei motivi, a sentire poliziotti e giudici, è la mancanza del Gps (ma ultimamente qualcuno ne sarebbe stato dotato). Tradotto: se il detenuto scappa da casa, non è possibile localizzarlo. C’è anche chi parla di problema culturale. La certezza è che i braccialetti sono un lusso, anzi uno spreco. Il primo a ordinarne la sperimentazione, nel 2001, fu il ministro dell’Interno Enzo Bianco. Poi, nel 2003, la convenzione tra Viminale e Telecom: 81 milioni, tra costo dell’attivazione e canone annuo, per 400 braccialetti e tutti i servizi annessi. Almeno sulla carta, perché in realtà di dispositivi ne entrano in funzione solo 14. Un flop rumoroso. Eppure, a fine 2011, il neo ministro Cancellieri rinnova ugualmente la convenzione con Telecom, fino al 2018. O meglio, inserisce la fornitura di 2000 braccialetti nell’appalto da 521 milioni. All’azienda viene affidato tutto: dai servizi di telefonia alla trasmissione dati e alla videosorveglianza. Fino, appunto, ai braccialetti. Pochi giorni dopo, il vicecapo di Polizia Francesco Cirillo parla così in un’audizione alla Camera: “Se fossimo andati da Bulgari per i braccialetti avremmo speso di meno: per di più non hanno il Gps, sono grandetti e ingombrantucci”. Nel frattempo Fastweb fa ricorso contro l’appalto a Telecom, basandosi sulle normative europee: un servizio di quelle dimensioni, sostiene, va assegnato con un bando, e di solito viene diviso in lotti. Nel giugno 2012, il Tar dà ragione a Fastweb e annulla la convenzione, prorogandone però l’efficacia fino al 31 dicembre 2013 “per non interrompere i delicati servizi oggetto di affidamento” e, soprattutto, per “prevedere tempi adeguati per garantire una eventuale migrazione degli stessi ad altro fornitore”. Insomma, il Viminale, cioè la Cancellieri, dovrebbe emanare un bando. Ma non si muove nulla. Nel frattempo (settembre 2012) in Telecom viene nominato un nuovo responsabile della Direzione Administratio, Finance and control. Si chiama Piergiorgio Peluso, ed è figlio di Annamaria Cancellieri. Arriva dalla Fonsai della famiglia Ligresti. Intanto i braccialetti elettronici rimangono in larghissima parte inutilizzati.

Corte dei Conti:
“Spesa sbagliata”
A muoversi sono solo i giudici. La Corte dei Conti boccia il rinnovo della convenzione: “Riguardo ai braccialetti elettronici è stata reiterata una spesa antieconomica ed inefficace, che avrebbe dovuto essere oggetto, prima della nuova stipula, di un approfondito esame”. Nel gennaio 2013 il Consiglio di Stato respinge il ricorso di Telecom contro la sentenza del Tar sulla convenzione. Ma demanda la decisione finale sulla sua efficacia alla Corte di Giustizia europea. Cambia l’inquilino al Vi-minale: il nuovo titolare è Angelino Alfano. Ma l’inerzia rimane: neppure l’ombra di bandi. La scorsa estate, Cinque Stelle presenta un’interrogazione alla Camera in Senato, nella quale critica “le spese folli per i braccialetti elettronici targati Telecom, dove è dirigente il figlio del ministro”, e in cui invita la Cancellieri a “dirimere tutti i possibili dubbi circa eventuali conflitti di interessi in capo ai vertici dell’esecutivo”. La Guardasigilli si batte per un decreto svuota carceri: emanato in agosto , si rivela presto ininfluente. Il Viminale invece si muove sulla convenzione con Telecom. Ma non per indire una nuova gara. Al contrario, chiede al Consiglio di Stato di prorogare l’efficacia dell’accordo con Telecom oltre il 31 dicembre. Richiesta accettata. La convenzione rimarrà in vigore fino alla decisione della Corte europea, ma in cambio il giudice amministrativo impone al Viminale e all’azienda di versare a Fastweb una cauzione di 26 milioni (il 5 per cento dell’affare). Telecom chiede una sospensiva. Ieri il Consiglio di Stato l’avrebbe respinta. Il 17 dicembre è il giorno del (nuovo) decreto sulle carceri. Nel primo comma, le otto parole che cambiano l’articolo 275 bis del codice di procedura penale, allargando l’utilizzo dei braccialetti elettronici. Il Fatto ne avrebbe voluto discutere con il ministro. Il suo portavoce ha chiesto domande scritte: sono state inviate, ma nessuna risposta. Proprio come Report, che nella scorsa puntata chiedeva lumi sui braccialetti elettronici. La convenzione intanto rimane lì. “La sentenza della Corte europea potrebbe arrivare anche tra un anno” spiega un avvocato.
Twitter: @lucadecarolis