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 2013  dicembre 20 Venerdì calendario

ACCORDO STORICO PER RIPARTIRE VA CEDUTA UN PO’ DI SOVRANIT


[Bernard Kouchner]

Bernard Kouchner, 74 anni, ha attraversato la politica europea per quarant’anni. Da medico che fondava «Médecins sans Frontières» e teorizzava il «diritto e dovere di ingerenza» dell’Occidente dal Biafra alla Bosnia, e da ministro: della Sanità per François Mitterrand (a sinistra), e degli Esteri per Nicolas Sarkozy (a destra). Il pragmatico Kouchner se ne è sempre infischiato delle divisioni ideologiche. Lo fa anche adesso.
Che pensa dell’accordo di Bruxelles, signor Kouchner? È un momento storico o un debole compromesso che rinvia tutto al 2025?
«Propendo per il primo giudizio, è un accordo storico. L’Europa si è rimessa in marcia, è tornata a prendere decisioni. Ci saranno sempre quelli pronti a definirle sbagliate perché troppo audaci, o troppo timide. È una maledizione che accompagna i momenti di svolta, ma meglio così».
È l’asse franco-tedesco che torna in primo piano? E siccome la Francia è debole, è la Germania a comandare per tutti?
« Io non ne posso più delle lagne anti tedesche. Bisogna smetterla di essere rancorosi e invidiosi della Germania, tutti cercano di imitare le sue scelte sulla competitività, pure Francia e Italia, solo che lo fanno quando ormai è tardi e non resta che prendersela con Berlino. È insopportabile questo continuo azzuffarsi tra Stati, e tra destra e sinistra all’interno degli Stati. Un accordo sull’Unione bancaria è stato raggiunto, ci vorrà del tempo a renderlo operativo, ma era importante cominciare».
Crede che basterà a frenare populisti ed euroscettici che avanzano?
«Certo che no, quelli sono antieuropei a prescindere. Dipingono l’Europa come il regno delle élite globalizzate, quando invece ha assicurato il benessere e il progresso dei cittadini comuni, dai contadini francesi con la politica agricola agli studenti con l’Erasmus. Solo che troppo a lungo i dirigenti nazionali, non solo i populisti, hanno trovato comodo rivendicare i successi come loro meriti, e i fallimenti come colpa di Bruxelles».
Non sarà l’Unione bancaria a riconquistare i cuori.
«Certo, ma è una cosa seria. Ora i dirigenti europei dovrebbero riprendere visione, altezza di sguardo, convincere gli elettori che senza Europa non c’è futuro, che gli stipendi di tutti dipendono dalla capacità di agire nel mondo alla pari con nuovi e vecchi giganti. Da soli, noi singoli Paesi europei, ormai non valiamo niente».
Dopo il referendum del 2005 la Francia (e non solo) sembra terrorizzata dal proporre ai cittadini una cessione di sovranità a Bruxelles.
«Certo, i politici vogliono essere eletti. E per farlo devono mentire. Mi auguro invece che nei prossimi mesi certe timidezze, che fanno il gioco dei populisti, vengano superate, e che lo si spieghi chiaramente: un po’ di sovranità nazionale ceduta servirebbe a costruire una sovranità comune più forte, quella sì capace di tutelare gli interessi delle persone comuni».
Come mai per un passo in avanti sull’Unione bancaria c’è un passo indietro sulla difesa comune?
«Perché non c’è abbastanza coraggio. L’argomento principale è che il momento è difficile, non ci sono soldi, e la gente non capirebbe finanziamenti a truppe e armi. Ma è paradossale: proprio perché non ci sono soldi bisognerebbe mettere in comune le risorse di tutti, il risparmio sarebbe enorme».
Sarà la grande coalizione tedesca a prendere in mano la situazione?
«Me lo auguro, sono felice che a Berlino Merkel e socialdemocratici lavorino insieme dopo il duro scontro elettorale. Troppo spesso la politica è settaria e meschina, loro potrebbero dimostrare che si può collaborare per un interesse più grande. In tempi di emergenza come questi, tra crisi economica e spionaggio di massa, spaccare il capello in quattro con la politichetta locale come facciamo in tanti Paesi europei è davvero imbarazzante. L’Europa è un’idea grande ed esaltante, ma la si fa piccola e titubante per gli interessi di bottega, e la colpa non è solo dei populisti. Spero che l’Unione bancaria sia una nuova partenza perché l’Europa, oltre che un bell’ideale, è la nostra unica speranza».
Stefano Montefiori

@Stef_Montefiori