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 2013  dicembre 20 Venerdì calendario

QUEL CHE RENZI NON È DEFINIRLO DEMOCRISTIANO È SBAGLIATO, PARAGONARLO A BERLUSCONI È RIDICOLO. PIUTTOSTO LO SI CRITICHI PER AVER SCELTO UNA SEGRETERIA LEGGERINA


No
Quanto sia vecchia l’Italia, per anagrafe e più ancora per mentalità, lo si vede da come sia affascinata dal mito dell’eterno ritorno. Ogni fatto, ogni tendenza, ogni personaggio viene visto con lo sguardo rivolto all’indietro, alla ricerca di analogie che tranquillizzino: tutto è già accaduto, ogni cosa è già vista, il passato non è mai tempo perduto perché torna sempre. Purtroppo, anzi per fortuna, non è così. Pensare le novità nei termini di quando eravamo tutti più giovani è consolatorio, ma sbagliato. Matteo Renzi è stato definito il nuovo Berlusconi. «Un Berlusconi de gauche» è il titolo che il Nouvel Observateur ha dato a un articolo di Marcelle Padovani. E da destra si sono levate voci per esaltare le similitudini tra i due. Ma non è così. Renzi c’entra con Berlusconi meno di nulla. Berlusconi è entrato in politica quando era già l’uomo più potente d’Italia: si era impadronito e aveva rifondato i due pilastri della vita pubblica italiana, la tv e il calcio. Il vero protagonista degli Anni 80 è stato lui. Renzi è un ragazzo sveglio che ha capito che la classe politica, a maggior ragione quella di sinistra, era diventata profondamente impopolare, e l’ha attaccata con lo stesso linguaggio e gli stessi argomenti della gente comune. Berlusconi aveva e in parte ha ancora mezzi di persuasione e manipolazione senza pari nelle democrazie occidentali e pure orientali. La vittoria di Renzi è stata accolta con toni sgradevolmente sdolcinati, ma nessun paragone è possibile; anche perché Berlusconi è stato sin dall’inizio molto odiato, e non si può certo dire lo stesso del sindaco di Firenze. Allo stesso modo, è assurdo definire Renzi “un democristiano”. Non ha neppure fatto in tempo a votare Dc: la prima volta che è andato alle urne, la Dc non c’era più. Quanto ai toni soffici e al gusto per la mediazione, è difficile immaginare qualcuno più lontano dallo spirito democristiano di lui. Renzi è un fenomeno nuovo, tutto da studiare. Guardarlo con gli occhiali del passato non aiuta a capire. Chi ha interesse a compiacerlo ora gli troverà tutti i pregi immaginabili. In realtà Renzi, come tutti, ha i suoi difetti. Le prime mosse sono state efficaci, ma la composizione della nuova segreteria lascia perplessi: la leggerezza non è sempre un merito; essere giovani e di bell’aspetto è positivo, ma non basta. Qualcuno in gamba nella segreteria c’è. Ma l’esponente di maggiore esperienza è Pina Picierno, che ricordo dominata da De Mita dal primo all’ultimo minuto di una puntata di Otto e mezzo, tipo match Tyson-Damiani.

«C’era la guerra, proprio la guerra più vera dov’ero io, ma io non vivevo la guerra, vivevo intensamente cose che sognavo, che ricordavo e che erano più vere della guerra. Il fiume era gelato, le stelle erano fredde, la neve era vetro che si rompeva sotto le scarpe, la morte fredda e verde aspettava sul fiume, ma io avevo dentro di me un calore che scioglieva tutte queste cose». Questa stupenda frase di Mario Rigoni Stern fa da esergo a un libriccino prezioso. Sono le memorie Dal fronte russo (questo il titolo) di Urbano Rattazzi, ritrovate dalla figlia Delfina dopo la sua morte – avvenuta nel 2012, a 95 anni – e ora pubblicate dal Melangolo. L’avventura di un volontario che parte per il fronte in Millecento, viaggiando sull’unica strada che attraversava le steppe russe, talora avanzando lungo le rotaie del treno, incontro a una guerra terribile e a una ritirata che inflisse sofferenze al limite della sopportazione. Perché “l’orrore umano ti dà un malessere intimo e doloroso”. Ma non impedisce di riflettere, di vivere, di scrivere, talora persino di sorridere.