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 2009  novembre 19 Giovedì calendario

I modelli di riferimento Della nascita di una Camera delle autonomie (che sostituirebbe il Senato della Repubblica) si parla già dagli anni Settanta, ma nessuna proposta è andata a buon fine, compresa la più recente “bozza Violante”

I modelli di riferimento Della nascita di una Camera delle autonomie (che sostituirebbe il Senato della Repubblica) si parla già dagli anni Settanta, ma nessuna proposta è andata a buon fine, compresa la più recente “bozza Violante”. Negli stati federali il bicameralismo è differenziato: una Camera ha compiti di rappresentanza nazionale, l’altra di rappresentanza delle collettività territoriali o etniche. Le soluzioni adottate sono svariate. Ci sono: Camere rappresentative dei governi locali (Germania: i deputati del Bundesrat sono nominati dai governi regionali e votano “in blocco”); Camere rappresentative delle assemblee legislative locali: Austria (i componenti sono scelti da quelli che potremmo molto impropriamente definire “consigli regionali”); Camere rappresentative di governi e assemblee locali; Camere rappresentative delle popolazioni locali: Svizzera, Stati Uniti (in ogni stato si eleggono due senatori, indipendentemente dal numero di abitanti), Argentina; Camere parzialmente elette dal popolo, parte dalle Comunità; Camere composte da deputati nominati su proposta del Primo ministro ma rispettando i seggi spettanti a ciascuna collettività. In alcune Camere federali i seggi sono divisi paritariamente fra le collettività locali, in altre in proporzione alla popolazione. I parlamentari delle varie “Camere delle regioni” possono essere eletti in vario modo e da vari soggetti (il popolo, il consiglio regionale, il governo regionale) ed essere o meno revocabili, avendo un mandato rigido o meno. Talvolta, la partecipazione della Camera federale al procedimento legislativo prevede una Commissione di conciliazione fra le Camere in caso di disaccordo su un progetto di legge. Di solito, inoltre, la presenza di una Camera delle Autonomie in un sistema istituzionale è un contrappeso a modelli presidenziali (USA) o serve ad affermare la differenza – negli stati federali – fra livello nazionale (Camera politica) e locale (Camera delle regioni). La “bozza Violante” L’Assemblea di Montecitorio aveva avviato, il 22 ottobre 2007, il dibattito su un testo riguardante il superamento del bicameralismo, la modifica del rapporto governo-Parlamento e di quello fra Parlamento ed enti locali. In seguito allo scioglimento delle Camere (6 febbraio 2008) la riforma è stata archiviata, con l’impegno tacito delle forze politiche maggiori (finora disatteso) a riprendere la “bozza Violante” nella legislatura successiva (la XVI). Riassumiamo le principali caratteristiche del progetto: a) la riduzione di deputati e senatori - I deputati passano da 630 a 512 (dodici dei quali eletti dagli italiani all’estero) mentre il Senato (composto non più da 315 senatori ma da 225) diventa molto simile al Bundesrat austriaco, perchè non viene eletto dai cittadini ma dai consigli regionali e dai rappresentanti degli altri enti locali. L’età minima per essere eletti deputati scenderà da 25 a 18 anni, mentre scompare il limite dei 40 anni per l’elezione a senatore (art.58); b) il nuovo Senato - Non tutte le regioni avrebbero lo stesso "peso": la distribuzione dei seggi tende a ridurre lo squilibrio fra quelle con più abitanti e quelle con minore popolazione. Complessivamente, dovremmo avere 155 senatori eletti dalle regioni, 6 dagli italiani all’estero, 64 dai consigli delle autonomie. Il Senato diverrebbe una Camera delle regioni e delle autonomie ("Senato federale") con compiti meno politici e più legati alle "grandi leggi di sistema" o alle questioni attinenti il rapporto Stato-enti locali. c) la funzione legislativa e il ruolo della Camera dei deputati – Solo la Camera dei deputati concederebbe e negherebbe la fiducia al governo. Avremmo un bicameralismo "differenziato", nel quale l’approvazione delle leggi spetterebbe alla Camera dei deputati, tranne che in tre casi. Nel primo, i due rami del Parlamento eserciterebbero collettivamente (come ora: i testi dovrebbero essere approvati identici da entrambe le Camere) la funzione legislativa, per le leggi: di revisione costituzionale; in materia elettorale; in materia di organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; sull’istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza; sulla tutela delle minoranze linguistiche; su Roma Capitale; su ulteriori forme di autonomia per le regioni; sulle intese fra regioni e Stati stranieri; sulla facoltà del Governo di sostituirsi agli organi di enti locali in caso di pericolo per l’incolumità e la sicurezza pubblica o per il mancato rispetto di norme dell’Unione europea; sul sistema d’elezione e sui casi d’ineleggibilità e incompatibilità del presidente della Giunta regionale e dei consiglieri; sulla formazione e composizione dei Consigli delle autonomie locali; sul passaggio di comuni da una regione ad un’altra; sulla nascita di nuove province. Naturalmente, nel caso dei disegni di legge costituzionali, resta l’obbligo della doppia approvazione conforme. Nel secondo caso, i presidenti delle Camere individuano i disegni di legge che hanno lo scopo di determinare i principi fondamentali nelle materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 (legislazione "concorrente" Stato-regioni) e li assegnano all’esame del Senato, anche se è la Camera che delibera in via definitiva e può apportare modifiche (ma solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti). Le materie in questione sono: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Un terzo tipo di legislazione che richiede l’esame bicamerale riguarda le altre materie non comprese fra le precedenti e non affidate in via esclusiva alla Camera. Dopo l’approvazione dell’Assemblea di Montecitorio, i testi passano al Senato che entro trenta giorni, su richiesta di un quinto dei senatori può approvare modifiche su cui la Camera si pronuncia in via definitiva. Se il Senato non approva modifiche entro il termine, il progetto approvato dalla Camera diventa legge. Se le modifiche di Palazzo Madama riguardano le materie di cui agli articoli 118 (commi 2 e 3) e 119 (commi 3, 5 e 6) la Camera può modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. In sintesi, il nuovo procedimento legislativo non prevederebbe commissioni di conciliazione, ma solo temi sui quali l’ultima parola spetta alla Camera oppure è rimessa alla "navetta" fra i due rami del Parlamento (leggi bicamerali "perfette"). d) i poteri del Governo - La riforma accresce i poteri dell’Esecutivo. Il governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno di ciascuna Camera e sia votato entro una data precisa. Però c’è una “stretta” sull’uso della decretazione d’urgenza. I decreti legge restano bicamerali (col rischio che il Senato, non necessariamente dello stesso orientamento politico della Camera, frapponga ostacoli alla loro conversione in legge). Non solo: citando espressamente i limiti alla reiterazione di decreti non convertiti e riprendendo la recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, si cerca di limitare l’abuso di uno strumento che dovrebbe essere (e spesso non è) improntato a requisiti di straordinaria necessità e urgenza. e) il bilancio dello Stato - Poiché la Camera sarebbe l’unico ramo del Parlamento eletto direttamente e completamente dal popolo l’esame e l’approvazione dei bilanci e del rendiconto consuntivo dello Stato spetterebbero solo ai deputati. Lo stesso varrebbe per la concessione dell’indulto e dell’amnistia e per la ratifica dei trattati internazionali. f) l’elezione del Capo dello Stato - Trasformato il Senato in Assemblea delle autonomie locali, viene a mancare la necessità di prevedere la presenza – nel collegio elettorale del Capo dello Stato – dei delegati regionali. Si prevede che in caso di impedimento del Capo dello Stato le funzioni siano esercitate dal Presidente della Camera (non più dal Presidente del Senato). Fra i poteri del Quirinale scompare lo scoglimento del Senato: il Presidente può sciogliere solo la Camera dei deputati, che – come si diceva – è “politica” ed eletta direttamente dal popolo. g) il Presidente del Consiglio - Mentre oggi il Capo dello Stato affida l’incarico alla personalità che reputa capace di formare un governo che riscuota la fiducia delle Camere, con la riforma si prescrive che l’incarico sia affidato “valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati”, introducendo, di fatto, la “semidesignazione” popolare a premier del leader della coalizione vincitrice delle elezioni. La fiducia, inoltre, non viene accordata al governo ma solo al Presidente del Consiglio, il quale può proporre al Capo dello Stato la revoca dei ministri.