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 2013  ottobre 18 Venerdì calendario

DA PREZIOSA A POP, L’ORCHIDEA CAMBIA COLORE


Era il fiore aristocratico per eccellenza, così inaccessibile da accendere la fantasia degli scrittori e i desideri di collezionisti pronti a tutto. Per procurarselo, nel 1901, otto botanici inglesi morirono nelle foreste delle Filippine, uno addirittura tra le fauci di una tigre; e ancora un secolo dopo, nel 2001, il loro connazionale Tom Hart Dyke è finito per nove mesi nelle mani delle Farc colombiane. Nell’ultimo decennio, invece, le orchidee sono diventate tra le piante più popolari al mondo, con 200 milioni di esemplari venduti ogni anno in Europa: circa uno ogni quattro abitanti del continente. E per trovarle, per meno di 15 euro a vaso, basta andare al supermercato.
«Le Phalaenopsis Andrew bianche, un particolare tipo di orchidee, ormai sono diventate un prodotto di massa — conferma Vincenzo D’Ascanio, flower designer che lavora a Milano —. Anche perché i fiori si mantengono a lungo e quindi fanno risparmiare». Secondo il Wall Street Journal , che ha dedicato un articolo all’argomento, a rendere queste piante molto più economiche e di conseguenza accessibili è stato il nuovo approccio di Taiwan, il maggior esportatore mondiale insieme all’Olanda, che ha applicato ai fiori le metodologie produttive dell’industria hi-tech: l’iperspecializzazione su un’unica fase della coltura da parte di diversi piccoli produttori, che lavorano insieme in una sola filiera.
«In Europa e soprattutto nei Paesi Bassi, la rivoluzione è arrivata negli ultimi 15 anni, grazie alla ricerca e alle nuove tecnologie», dice Gianluca Colonna, responsabile della produzione dell’azienda di famiglia, Orchidee Colonna, a Ercolano (Napoli), uno dei maggiori produttori italiani. Tutto è cambiato quando è diventata programmabile la fioritura della Phalaenopsis , una varietà originaria di Taiwan che comprende circa 30 specie sulle oltre 30 mila di questa pianta. «Fino a vent’anni fa le orchidee facevano fiori solo tre mesi all’anno. Studiandone la biologia si è capito che con determinati stimoli ambientali si poteva farle crescere e fiorire secondo i ritmi desiderati. Ora sono disponibili 12 mesi su 12, la condizione necessaria a farne un prodotto di massa», spiega Colonna. Le serre olandesi contemporanee assomigliano a fabbriche, da cui sono quasi scomparsi i floricultori: le piante si muovono su nastri trasportatori, vengono spostate in automatico dagli ambienti più caldi dedicati alla crescita a quelli più freddi necessari per la fioritura, selezionate e imbustate direttamente dalle macchine. Il risultato sono milioni di fiori che si vendono all’ingrosso per una cifra che va dai 4 ai 6 euro, e al dettaglio tra i 12 e i 25.
Niente di più lontano dalla cura maniacale e quasi intima che dedicavano gli appassionati degli inizi a questi fiori. Arrivati in Inghilterra dalle Colonie all’inizio dell’Ottocento, i primi collezionisti non riuscivano a farne germogliare i semi. E offrivano piccole fortune per accaparrarsi le piante più rare: nella seconda metà del secolo il baronetto del Surrey Trevor Lawrence pagò 235 ghinee per una sola pianta di Aerides lawrenciae importata dalle Filippine. L’equivalente cioè di 16.500 euro in termini attuali (storici anche i 100 mila dollari pagati da coltivatori taiwanesi nel 1978 per un esemplare particolarmente raro). E in epoca vittoriana le orchidee erano così richieste che molte specie rischiarono l’estinzione, anche perché gli importatori le estirpavano dai luoghi di orgine per garantirsene il monopolio.
Tra le varietà più esclusive c’era la Cattleya , a cui anche Marcel Proust dedica lunghe pagine ne La ricerca del tempo perduto : «Odette teneva in mano un mazzo di Cattleya e lui vide che sotto la sciarpa di pizzo aveva nei capelli dei fiori di quelle stesse orchidee appuntati a un’aigrette di cigno». Il gesto del protagonista Swann di sistemarle i fiori diventa, anche tra i due amanti proustiani, allusione alla loro passione consumata.
È un’eco di questo carnale esotismo a far amare, anche oggi, le orchidee. «Rimangono comunque tra i fiori più nobili e passionali — assicura il flower designer Vincenzo D’Ascanio —. Oggi a fare la differenza è la scelta di varietà esclusive, come la Oncidium o la Vanda, viola o arancio». Prodotta da un’unica azienda, l’olandese Anco, quest’ultima è caratterizzata dalle radici aeree che non hanno bisogno di terra per crescere. E costa in media 300 euro a pianta. «A differenza della Phalaenopsis — spiega D’Ascanio — non si trova da Ikea».