Giornali vari, 22 luglio 2013
Anno X – Quattrocentoottantacinquesima settimanaDal 15 al 22 luglio 2013Vi avevano detto«Solo le aziende private possono fallirequello che è pubblico invece è sicuro»Volevano dire: in Italia, dove in una città fallita come Alessandria, per esempio, succede poco o niente
Anno X – Quattrocentoottantacinquesima settimana
Dal 15 al 22 luglio 2013
Vi avevano detto
«Solo le aziende private possono fallire
quello che è pubblico invece è sicuro»
Volevano dire: in Italia, dove in una città fallita come Alessandria, per esempio, succede poco o niente. Ma in America è fallita Detroit, che non può pagare i suoi venti miliardi di debiti, e le conseguenze saranno molto pesanti per quei cittadini: taglio delle pensioni, licenziamenti tra i dipendenti pubblici, vendita dei Van Gogh, dei Bellini, dei Matisse, dei Brueghel che erano finora il vanto del locale Institute of Arts. La procedura è già partita (si chiama "Chapter 9"), tutta la faccenda è in mano al tribunale, esattamente come per il fallimento di un’impresa privata. Il grottesco è che Detroit è anche detta "Motor City" per via delle sue tre grandi industrie automobilistiche, Chrysler GM e Ford. Le tre industrie, pochi anni fa, erano tecnicamente fallite, ma Obama le ha salvate. La città invece... Poiché gli abitanti sono scesi dai due milioni del 1950 agli attuali 700 mila e gli stipendi si sono praticamente dimezzati (ecco come si sono salvate le case d’auto), le entrate fiscali non sono più quelle di un tempo. Di qui la rovina. Il dissesto si tocca con mano: il 40% dei lampioni è spento, 80 mila palazzi del centro sono completamente vuoti, i servizi di emergenza rispondono a chi cerca aiuto in media solo dopo 58 minuti. La Casa Bianca ha già fatto sapere che il governo centrale non metterà mano ai suoi fondi.
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Vi avevano detto
«I politici rispondono sempre
degli errori dei loro uomini»
Volevano dire: purché non ci si metta di mezzo Napolitano... Si veda la storia della Shalabayeva, la mamma con la sua bambina di sei anni presa e restituita dalla nostra polizia al cattivo dittatore del Kazakhistan. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, consapevole o no di quello che i suoi avevano combinato, avrebbe dovuto rispondere di errori così macroscopici, tanto più che il caso è presto assurto a scandalo mondiale, con ennesima figura penosa nostra. Invece è saltato solo il capo di gabinetto Giuseppe Procaccini. I democratici avrebbero voluto votare la mozione di sfiducia ad Alfano presentata da M5S e Sel, ma è intervenuto il capo dello Stato, e piuttosto bruscamente, facendo sapere che la caduta del ministro dell’Interno avrebbe pregiudicato la tenuta del governo e questo avrebbe avuto conseguenze incalcolabili (sue dimissioni, spread ecc.). Il Pd ha dovuto piegare la testa e disciplinatamente votare a sostegno dell’uomo di Berlusconi. Questo ha però innescato nuove turbolenze: Epifani, segretario democratico, vuole che a settembre si proceda a un rimpasto, il Pdl ha risposto «allora dateci più ministri», e via (inutilmente) continuando ad accapigliarsi.
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Vi avevano detto:
«Le colpe dei padri
non ricadano sui figli»
Volevano dire: a meno che i figli non siano complici del loro padre. E, secondo i pm di Torino, è proprio questo il caso della famiglia Ligresti, il celebre imprenditore siculo-milanese già gran protetto di Craxi e di Cuccia, arrestato mercoledì 17 luglio assieme alle sue due figlie Giulia e Jonella, mentre il terzo rampollo di casa, Paolo, se ne sta latitante in Svizzera, paese di cui ha appena preso la cittadinanza. La famiglia - sempre secondo l’accusa - ha allegramente saccheggiato le aziende di cui aveva il controllo, mandando a gambe all’aria i risparmi di dodicimila piccoli azionisti che - secondo i calcoli degli inquirenti - ci hanno rimesso almeno 300 milioni di euro.
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Vi avevano detto
«Di imprenditori come Berlusconi
ormai non ne nascono più»
Volevano dire: almeno noi non li vediamo. E invece, zitto zitto, c’è un imprenditore che sta ripercorrendo senza chiasso la strada del vecchio Cav: si tratta di Urbano Cairo, che ha cominciato la sua carriera proprio al servizio di Berlusconi («ma dovevo mettermi a fare impresa cinque anni prima»), poi ha lasciato Publitalia, è diventato un gran venditore di pubblicità, è uscito dalla Borsa in tempo per evitarne il crollo e con i soldi guadagnati ha comprato prima la Giorgio Mondadori, poi la squadra di calcio del Torino, quindi la 7 e, la settimana scorsa, quasi il tre per cento di Rcs, la casa editrice del "Corriere della Sera". «Sono entrato in punta di piedi...» è la risposta a quelli che gli telefonano. È proprio sulle punte dei piedi, infatti, che corrono quelli che sanno correre.