Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 09 Lunedì calendario

LETTA: IO QUI PER DARE UNA SVOLTA. BASTA VETI, NON VOGLIO GALLEGGIARE —

Quando attacca sui “costi drammatici dell’instabilità”, la platea di imprenditori e manager sa bene di cosa si sta parlando. Enrico Letta al Forum Ambrosetti è di casa e, questa volta, ci torna da presidente del Consiglio, per tentare di rassicurare la comunità economica. Il governo, promette, è la «mia missione» e non ci saranno distrazioni di sorta, nemmeno per seguire il congresso del Pd, il partito, «al quale pure sono affezionato».
Letta si dice «stradeterminato e straimpegnato a non galleggiare, a compiere e attuare il mio programma. E a non farmi bloccare da veti, dal ritorno della conservazione, dal rumore di fondo e dai terremoti della politica». Già, gli smottamenti del voto. Di fronte al caso di «una forza politica nata dal nulla che ha preso il 25% come mai successo in nessun grande Paese europeo dal dopoguerra», dice il premier nel gran giorno a Cernobbio di Gianroberto Casaleggio, fondatore con Beppe Grillo del Movimento 5 Stelle, «non possiamo far finta di nulla». «Anche dentro questa sala — riconosce — molti di voi hanno votato per quella forza politica in una logica in cui la parola chiave era “ora basta”. Se questo è successo — osserva — le risposte tradizionali non bastano più».
Se l’instabilità costa, anche l’immobilismo ha il suo prezzo. Ma Letta vuole convincere anche chi, dentro e fuori Villa D’ Este, teme il prender tempo forse più di una crisi di governo. «Finora sono stati 130 giorni di lavoro non facili — è lo sfogo del capo del governo delle larghe intese — Respingo il racconto macchiettistico che non abbiamo fatto nulla: non siamo qui per traccheggiare siamo qui per una svolta». A partire da quei cambiamenti «generazionali e di genere» sui quali tanto il premier quarantenne, quanto ministri del Lavoro e dell’Istruzione, Enrico Giovannini e Maria Chiara Carrozza, sembrano muoversi con una certa determinazione. Proprio alla «brava e giovane» Carrozza che ieri ha conquistato i partecipanti al forum con un affondo sull’omologazione è andato l’elogio speciale di Letta.
L’agenda del capo del governo copre, almeno sui grandi temi, i prossimi dieci anni. Si comincia con le novità sulla scuola, attese già questa mattina all’esame del Consiglio dei ministri («questa settimana riaprono le scuole, lì ci sono i nostri figli»), e si finisce alla Olimpiade del 2024 alle quale l’Italia potrebbe e dovrebbe candidarsi. L’autunno del 2014 vedrà il semestre italiano di presidenza della Ue. In quei mesi dovrà essere rinnovata la presidenza del Consiglio europeo e per Letta l’Europa dovrà dotarsi allora di «personalità non grigie, che sappiano parlare ai cittadini. Il prossimo Parlamento europeo potrebbe essere il più antieuropeista della storia: non ce lo possiamo permettere». E ancora: «Abbiamo bisogno di un’Europa che una volta usciti dalla grande crisi cambi marcia – dice – Lavoreremo in questa direzione. Il semestre italiano avrà la parola crescita al centro».
Il punto è arrivarci a questo appuntamento con la crescita. Già per fine anno il governo attende il ritorno del segno «più» accanto al dato del Pil. Ma il rischio, come è noto, resta quello di una ripresa senza occupazione. Il primo passaggio utile è la legge di Stabilità: «Il tema clou sarà la riduzione delle tasse sul lavoro in linea con l’impegno che ci siamo presi e sul quale abbiamo chiesto la fiducia alle Camere». Poi il governo proseguirà sulla «semplificazione e sulla spending review». E, ancora, sulla giustizia, che ha bisogno di «regole semplici e tempi certi». L’accelerazione immaginata da Letta da qui a Natale è notevole. «Dalla fine di settembre — annuncia — sarà messo in campo un piano di incentivi per attirare investimenti in Italia», un «grande» pacchetto di dismissioni che Letta chiama «Piano Destinazione Italia». C’è poi il problema del tetto alle retribuzioni dei manager pubblici che «non possono guadagnare 20 o 30 volte il premier». Più urgente, però, è l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti: «Dico a tutti di fare presto. Ho preso un impegno con il paese a chiudere la questione entro l’autunno». Rischio ingorgo? «Le riforme si devono fare. Altrimenti non è stato capito il voto di febbraio». Di ritorno dal G20, la preoccupazione di Letta è anche quella «delle domande quasi tutte sul terremoto permanente della politica italiana» della stampa internazionale. Così non va, «bisogna svoltare, rompere le catene che bloccano l’Italia. Possiamo ancora fare cose straordinarie».
Paola Pica